Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31931 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. I, 06/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31931

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20344/2017 proposto da:

R.C., R.M. e R.G., elettivamente

domiciliati in Roma, P.zza Cola Di Rienzo n. 69 presso lo studio

dell’avvocato Massimo Bersani che li rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Unione di Banche Italiane S.p.a. (di seguito UBI Banca S.p.a.), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale Parioli n. 73, presso lo studio Moretti,

rappresentata e difesa dall’avvocato Guglielmo Ascenzi, giusta

procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) Srl,

– intimato –

avverso la sentenza n. 1033/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/10/2019 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Massimo Bersani, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per la controricorrente l’Avvocato Giancarlo Ferri, con delega

orale, che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. I litisconsorti R. ricorrono a questa Corte onde sentir cassare, sulla base di un solo motivo di ricorso articolato su plurime censure ed illustrato pure con memoria, cui resiste UBI Banca con controricorso, la sentenza in atti con cui la Corte d’Appello di Roma, confermando il rigetto in prima istanza delle domande da loro proposte in veste di garanti della (OMISSIS) s.r.l., ha, tra l’altro, giudicato inammissibili le produzioni documentali eseguite da costoro in grado di appello all’udienza di precisazione delle conclusioni “fase processuale in cui è inibita la produzione di nuovi documenti in quanto successiva all’udienza di prima comparizione” – e comunque inconferenti ai fini del decidere, attenendo esse a rapporti intercorrenti tra “parti estranee al presente giudizio” ovvero ai rapporti, parimenti estranei alla (OMISSIS), tra la banca creditrice e gli stessi R..

con ordinanza interlocutoria 13932 del 22.5.2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Con un unico motivo di ricorso i R. denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sul presupposto a) che la corte territoriale avrebbe errato nel ritenere inammissibili le produzioni documentali da loro effettuate in grado d’appello all’udienza di precisazione delle conclusioni, e non invece in sede di costituzione, dal momento che i documenti prodotti non erano e non potevano essere nella loro disponibilità dei ricorrenti in precedenza essendosi formati in epoca successiva; b) che errata, poichè superflua, sarebbe la statuizione in punto alla rilevata inconferenza di detta documentazione, una volta che la stessa corte ne aveva dichiarato l’inammissibilità; c) che del pari errata risulterebbe anche la mancata constatazione dell’indispensabilità della documentazione menzionata, laddove tale da dimostrare l’incasso, da parte della banca, di un importo di Euro 119.365,32 in forza di un pagamento transattivo effettuato da Fidimpresa Lazio; d) che, infine, ancora errate risulterebbe la mancata constatazione dell’indispensabilità della medesima documentazione, laddove volta alla manifestazione della volontà dei R. di avvalersi della detta transazione ai sensi dell’art. 1304 c.c..

3. Il motivo è fondato e merita accoglimento.

4. Come si evince dalla motivazione adottata dal decidente, l’impugnata determinazione, in guisa della quale le produzioni documentali sono state giudicate prima tardive e, quindi, inconferenti ai fini del giudizio, risulta sorretta da una duplice ratio decidendi.

La prima si compendia nel giudizio che ha indotto la corte territoriale a ritenere inammissibili le operate produzioni documentali in quanto eseguite solo all’udienza di precisazione delle conclusioni e non in sede di costituzione; la seconda nella statuizione di analogo contenuto, con cui si è inteso rimarcare che, afferendo le dette produzioni a rapporti tra soggetti estranei al giudizio o a rapporti tra la banca ed i R. non interessanti la fattispecie, le stesse dovevano ritenersi irrilevanti ai fini della decisione.

5. La prima ratio risulta censurata con l’argomento secondo cui sarebbe priva di logica la motivazione adottata sull’intempestività del deposito, perchè la documentazione di che trattasi era venuta a conoscenza della parte o era divenuta conoscibile dalla stessa solo in data successiva alla sua costituzione in giudizio.

Sull’esattezza del rilievo e, conseguentemente, sull’errore di sussunzione commesso dal decidente del grado, che ha ricondotto la fattispecie correttamente individuata sotto il vigore di una norma inidonea a regolarla, non vi è ragione di dubitare, posto che, sull’incontestata premessa di fatto che la documentazione in parola non potesse essere prodotta prima, l’art. 345 c.p.c., comma 3, anche nel testo risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. Ob), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 – applicabile alla specie ratione temporis consente espressamente di procedere alla produzione di nuovi documenti “che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile”.

Tuttavia ciò non è sufficiente a rendere giustizia.

6. Come detto infatti l’impugnata decisione si fonda anche su una seconda ratio. Essa è oggetto di una duplice censura declinata sia per mezzo dell’argomento secondo cui, una volta che della detta documentazione era stata dichiarata l’inammissibilità, ogni commento riguardo al suo contenuto doveva reputarsi superfluo, trattandosi di motivazione non necessaria e questione logicamente assorbita dalla pregressa declaratoria di inammissibilità; sia per mezzo dell’argomento secondo cui la predetta documentazione non avrebbe potuto considerarsi irrilevante in quanto volta, segnatamente, a dimostrare l’incasso, da parte della banca, di un importo di Euro 119.365,32 in forza di un pagamento transattivo effettuato da Fidimpresa Lazio, oltre che a consentire ai R. di avvalersi della detta transazione ai sensi dell’art. 1304 c.c.. Ora, eppur vero che nel censurare questa seconda ratio è stato impropriamente evocato l’insegnamento di Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2007, n. 3840, che non si attaglia alla specie in giudizio in quanto la Corte d’Appello, nell’affermare che le produzioni documentali effettuate dai R. erano inammissibili perchè tardive, diversamente da quanto enunciato dalle SS.UU., non ha affatto dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione nè tantomeno ha declinato la giurisdizione o la competenza e perciò si è pronunciata su una questione e non su una domanda.

Nondimeno, però, la censura, in disparte dalla pertinenza di questo richiamo, coglie, comunque nel segno: da un lato perchè, essendo stato espunto dal novellato testo dell’art. 345 c.p.c., comma 3, ogni riferimento alla potestà ammissiva del collegio dettata da ragioni di indispensabilità, il giudizio al riguardo condensato dalla Corte d’Appello nell’enunciare a supporto dalla propria decisione anche il secondo argomento non appare giustificabile, rivelandosi effettivamente superfluo; dall’altro perchè se la documentazione era stata giudicata indispensabile dagli appellati in quanto diretta a dimostrare il pagamento transattativo eseguito da un terzo in favore della banca del quale era loro intenzione profittare, la sua produzione non avrebbe potuto ritenersi irrilevante, dato che nella prospettazione degli appellati quei documenti, proprio perchè indispensabili a confortarne le difese, non avrebbero potuto essere perciò giudicati come tali.

7. Ne discende che l’impugnata sentenza va per questo cassata e che la causa va rinviata avanti al giudice a quo per un nuovo giudizio a mente dell’art. 383 c.p.c., comma 1.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Roma che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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