Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3193 del 10/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/02/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 10/02/2021), n.3193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33254-2018 proposto da:

D.N.B., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato SILVIO DI DOMIZIO;

– ricorrente –

contro

UBI BANCA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 834/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza del 13 marzo 2012 il Tribunale di Chieti rigettava l’opposizione proposta da D.N.B. avverso il decreto ingiuntivo emesso contro di lui su ricorso della Cassa di Risparmio di Chieti: detto provvedimento aveva intimato il pagamento della somma di Euro 15.493,71, oltre interessi al detto D.N. in ragione della fideiussione da questi prestata con riguardo al contratto di apertura di credito concluso con la banca da D.N.R.. Il giudice di prime cure rilevava che la clausola di cui all’art. 6 del contratto di fideiussione, contenente la deroga alla previsione contenuta nell’art. 1957 c.c. – secondo cui il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, ove il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia diligentemente coltivate – era da ritenere legittima, nonostante il contratto di garanzia fosse soggetto alla disciplina consumeristica, e in particolare al D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 36: ciò in quanto era “documentalmente provato che la clausola derogatrice dell’art. 1957 c.c. fu oggetto di specifica trattativa tra le parti, stante la doppia sottoscrizione, ai sensi dell’art. 1341 c.c., della clausola medesima e l’esplicito e testuale richiamo alla deroga all’art. 1957 c.c.” (sentenza impugnata, pagg. 2 s.).

2. – La pronuncia di primo grado era confermata, in sede di impugnazione, dalla Corte di appello di L’Aquila con sentenza del 10 maggio 2018: per quanto qui rileva, il giudice del gravame osservava che dall’analisi del negozio posto a fondamento della domanda emergeva che le parti avevano inteso concludere un contratto autonomo di garanzia; la Corte abruzzese ricavava detta conclusione da plurimi elementi tratti dall’esegesi dell’accordo: lo stesso fatto che il creditore era dispensato dall’agire contro il debitore principale nei termini di cui all’art. 1957 c.c.; la previsione secondo cui il pagamento da parte del garante doveva attuarsi a semplice richiesta da parte della banca; la deroga all’art. 1939 c.c., in base alla quale, nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite fossero dichiarate invalide, la fideiussione si intendeva estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate. In ragione della natura autonoma attribuita al contratto di garanzia, la Corte di appello rilevava che l’appellante non aveva interesse ad opporre la banca eccezioni afferenti il rapporto tra il creditore e il debitore principale; osservava, in ogni caso, che le eccezioni sollevate da D.N. con riguardo alla mancata determinazione degli interessi, all’anatocismo e all’addebito delle commissioni di massimo scoperto e delle spese erano prive di fondamento.

3. – D.N.B. ha impugnato la pronuncia di appello con un ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. La parte intimata, UBI Banca s.p.a., non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., artt. 324 e 329 c.p.c.. La Corte di appello avrebbe ritenuto di poter procedere all’esame d’ufficio della qualificazione giuridica del contratto inter parte – riconducendolo alla figura del contratto autonomo di garanzia, laddove il giudice di primo grado aveva ritenuto che lo stesso fosse una fideiussione e nessuna delle parti aveva svolto impugnazione sul punto.

Con il secondo motivo si lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c. e dell’art. 101 c.p.c., comma 2. Deduce il ricorrente che la Corte di merito aveva posto a fondamento della decisione una nuova qualificazione del rapporto omettendo di assegnare alle parti un termine, secondo quanto previsto dal cit. art. 101, comma 2, cit.. L’istante si duole, altresì, dell’interpretazione del contratto, non rispettosa dei canoni ermeneutici. In particolare osserva: che dalle parti era stato utilizzato un modulo, predisposto dalla banca, intestato come “fideiussione omnibus limitata”; che la clausola in deroga all’art. 1957 c.c. non avrebbe avuto alcuna giustificazione in un contratto autonomo di garanzia, cui non è applicabile detta norma; che la clausola che prevedeva l’obbligo di pagare a semplice richiesta scritta non impediva al garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale; che l’estensione della garanzia all’obbligo di restituzione delle somme erogate in caso di invalidità dell’obbligazione garantita dimostrava che il contratto di garanzia non era autonomo rispetto a quello di conto corrente; che il rafforzamento dell’autonomia della garanzia, di cui era parola nella sentenza impugnata, presupponeva “l’originaria sussistenza e la sopravvivenza, sia pure indebolita, di quel rapporto di accessorietà della garanzia rispetto all’obbligazione principale che l’estensore si era prefisso di recidere”.

Il terzo mezzo oppone la violazione e falsa applicazione degli artt. 1957 e 1945, nonchè dell’art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, lett. t), e art. 34 già art. 1469 bis c.c., n. 18. Il ricorrente lamenta che il giudice distrettuale abbia completamente omesso di pronunciare sull’eccezione di decadenza basata sulla nullità della clausola in deroga all’art. 1957 c.c., come pure sull’eccezione relativa all’applicazione di interessi ultralegali e sulla richiesta istruttoria di consulenza tecnica contabile, formulata in primo grado e reiterata in appello.

Col quarto motivo vengono dedotte violazione e falsa applicazione della L. n. 287 del 1990, art. 2 e dell’art. 101 Trattato UE. Viene rilevato che la Banca d’Italia, all’esito di un’istruttoria svolta a norma della L. n. 287 del 1990, artt. 2 e 14 aveva rilevato che la clausola relativa alla rinuncia del fideiussore al termine previsto dall’art. 1957 c.c. era in contrasto con la L. n. 287 del 1990, art. 2 avendo “lo scopo precipuo di addossare al fideiussore la conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca”; viene spiegato che l’accertamento dell’intesa concorrenziale vietata spiegava effetti sulla stipulazione a valle dei negozi che ne costituivano attuazione.

2. – Il primo motivo va disatteso.

Il giudice d’appello – deve premettersi – può qualificare il rapporto dedotto in giudizio in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado, purchè non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto, lasci inalterati il petitum e la causa petendi ed eserciti tale potere-dovere nell’ambito delle questioni, riproposte con il gravame, rispetto alle quali la qualificazione giuridica costituisca la necessaria premessa logico-giuridica, dovendo, altrimenti, tale questione preliminare formare oggetto di esplicita impugnazione ad opera della parte che risulti, rispetto ad essa, soccombente (Cass. 15 maggio 2019, n. 12875). Proprio in quanto al giudice di appello è precluso dare al contratto dedotto in giudizio una qualificazione diversa rispetto a quella conferitagli dal giudice di primo grado, se per pervenire alla nuova qualificazione egli debba prendere in esame fatti nuovi e non dedotti dalle parti, nè rilevati dal primo giudice, una volta che un contratto di garanzia sia stato qualificato da quest’ultimo come fideiussione tipica, è viziata da ultrapetizione la sentenza con la quale il giudice d’ appello lo qualifichi come contratto autonomo di garanzia, facendo leva sul contenuto di alcune clausole contrattuali non considerate dal giudice di prime cure (Cass. 17 febbraio 2020, n. 3893; Cass. 26 giugno 2012, n. 10617). Ora, dalla sentenza impugnata è possibile ricavare che il Tribunale ha basato la pronuncia di rigetto sul semplice fatto che la clausola di cui all’art. 6 del contratto era stata oggetto di trattativa (e si sottraeva, perciò, a nullità, giusta il D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 34, comma 4). Il ricorrente non fornisce tuttavia indicazioni quanto alla qualificazione che il Tribunale avrebbe dato del contratto per cui è causa e agli elementi che sarebbero stati presi in considerazione a tal fine, onde il motivo non offre alcun elemento che induca a ritenere concretamente sussistente la denunciata violazione del giudicato interno.

Il secondo mezzo è pure da respingere.

L’omessa indicazione alle parti, ad opera del giudice, di una questione di fatto, ovvero mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, comporta la nullità della sentenza (cosiddette..”della terza via” o “a sorpresa”) per violazione del diritto di difesa delle parti, private dell’esercizio del contraddittorio e delle connesse facoltà di modificare domande ed eccezioni, di allegare fatti nuovi e di formulare richieste istruttorie sulla questione decisiva ai fini della deliberazione, allorchè quella di esse che se ne dolga prospetti in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Cass. 12 settembre 2019, n. 22778; Cass. 23 maggio 2014, n. 11453). Nella specie, nessuna deduzione nel senso indicato è stata formulata dal ricorrente, onde la censura risulta essere inammissibile.

Il motivo tende, per il resto, a sindacare il giudizio di fatto del giudice del merito e mostra di non cogliere l’essenza della garanzia autonoma, allorquando suppone che l’opponibilità alla banca dell’invalidità dell’obbligazione garantita sia elemento in sè decisivo per affermare che il garante abbia prestato una fideiussione. Infatti, l’impermeabilità del contratto autonomo di garanzia alle eccezioni di merito del garante trova un limite, oltre che nel caso in cui sia proponibile la cd. exceptio doli generalis seu presentis, basata sull’evidenza certa del venir meno del debito garantito per pregressa estinzione dell’obbligazione principale per adempimento o per altra causale, in queste altre ipotesi: quando le eccezioni attengano alla validità dello stesso contratto di garanzia; quando esse ineriscano al rapporto tra garante e beneficiario; quando il garante faccia valere l’inesistenza del rapporto garantito; quando, infine, la nullità del contratto-base dipenda da contrarietà a norme imperative o illiceità della causa ed attraverso il contratto di garanzia si tenda ad assicurare il risultato che l’ordinamento vieta (Cass. Sez. U. 18 febbraio 2010, n. 3947, in motivazione, ove i richiami a Cass. 7 marzo 2002, n. 3326, Cass. 14 dicembre 2007, n. 26262 e Cass. 3 marzo 2009, n. 5044).

Il terzo mezzo è infondato.

L’omessa pronuncia non si ravvisa. La Corte di appello, uniformandosi alla giurisprudenza delle Sezioni Unite (cit. Cass. Sez. U. 18 febbraio 2010, n. 3947, cit.) ha espressamente affermato che la previsione dell’art. 1957 c.c. risulta essere inapplicabile al contratto autonomo di garanzia e con ciò ha escluso che la pretesa della banca fosse soggetta al temine semestrale di decadenza ivi previsto. Con riguardo alle ulteriori eccezioni (aventi rispettivamente ad oggetto gli interessi ultralegali, la capitalizzazione e, infine, le commissioni di massimo scoperto e le spese) la Corte di merito ha addirittura statuito con una doppia motivazione: dopo aver affermato che l’appellante non poteva opporre tali questioni al garante autonomo, ha spiegato che, in ogni caso, il contratto di conto corrente recava indicazione dei tassi creditori e debitori, quantificava l’ammontare delle commissioni e delle spese e disponeva, infine, la capitalizzazione trimestrale degli interessi, attivi e passivi, in condizioni di reciprocità, secondo quanto previsto dalla delib. CICR 9 febbraio 2000.

Il quarto motivo è inammissibile.

Con esso è introdotta una questione nuova. In sede di legittimità non è consentita la proposizione di nuove questioni di diritto, ancorchè rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, quando esse presuppongano o richiedano nuovi accertamenti o apprezzamenti di fatto preclusi alla Corte di cassazione, salvo che nelle ipotesi previste dall’art. 372 c.p.c., tra le quali rientra la nullità della sentenza, purchè il vizio infici direttamente il provvedimento e non sia effetto di altra nullità relativa al procedimento (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319).

3. – Il ricorso va dunque respinto.

4. – Non vi sono spese da liquidare, in assenza di resistenza da parte della banca intimata.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2021

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