Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31923 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. I, 06/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31923

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI UMBERTO L. C. G. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24535/2015 proposto da:

Banca Carige S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Arno n. 88, presso

lo studio dell’avvocato Ungari Trasatti Camillo che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Cassinelli Roberto Nicola, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.N., elettivamente domiciliato in Roma, Via Michele Mercati

n. 51, presso lo studio dell’avvocato Marotta Nicola che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cataldo Massimo,

giusta procura in calce ai controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 832/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, del

29/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

24/09/2019 dal Cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 16 febbraio 2006, C.N. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1/2006, emesso dal Tribunale di Genova, con il quale gli era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 4.241.289,00 in favore della Banca Carige s.p.a. per effetto delle fideiussioni dal medesimo prestate a garanzia dell’esposizione bancaria della debitrice principale, IT.CO. s.p.a. (già SCI Costruzioni s.p.a.), ed a titolo di rimborso di un prestito obbligazionario. Il Tribunale adito, con sentenza n. 2405/2011 accoglieva l’opposizione, dichiarava la nullità di alcune clausole regolatrici del rapporto di conto corrente n. (OMISSIS), intercorso tra la banca ed il C., e revocava il decreto ingiuntivo opposto.

2. La Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 832/2015, notificata il 23 luglio 2015, dichiarava inammissibile il gravame proposto dall’istituto di credito, poichè generico e non conforme, quindi, al disposto dell’art. 342 c.p.c..

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso la Banca Carige s.p.a. nei confronti di C.N., affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. Il resistente ha replicato con controricorso e con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, la Banca Carige s.p.a. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., artt. 324 e 329 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1. Si duole anzitutto la ricorrente del fatto che la Corte d’appello abbia ritenuto che non fosse stata impugnata, dalla Banca Carige, la statuizione del Tribunale che aveva ritenuto non provato il credito garantito dal C., senza considerare che l’istituto di credito aveva comunque evidenziato di essere, a prescindere dalla nullità di alcune clausole del rapporto di conto corrente, ancora creditrice della debitrice principale, IT.CO., per una serie di titoli elencati nell’atto di appello. Il giudice di secondo grado non avrebbe tenuto conto, inoltre, in relazione alla mancata produzione degli estratti conto a comprova del credito azionato in via monitoria, che la banca aveva, in ogni caso, prodotto i documenti in suo possesso, consistenti sostanzialmente in un “conteggio degli importi comunque dovuti, ricalcolati secondo i criteri dell’impugnata sentenza, fermo restando che, laddove fosse necessario, potrà essere disposta consulenza tecnica” (p. 16).

1.2. Quanto all’obbligo di riacquisto, da parte dell’opponente, delle obbligazioni detenute dalla banca, in forza dell’impegno non revocabile del 29 maggio 2000, non contestato dal C., la Corte territoriale non avrebbe, infine, tenuto conto delle contestazioni mosse dalla Banca Carige alla decisione di primo grado, incentrate sulla considerazione che “il patto di riacquisto alla pari (pro quota tra i diversi soci e non in via solidale) era condizionato al solo verificarsi di un inadempimento da parte della società… e, nel contratto, non vi è alcun riferimento al “valore delle obbligazioni”, come erroneamente indicato in sentenza”. In altri termini, ad avviso della ricorrente, il riacquisto di dette obbligazioni da parte del fideiussore sarebbe stato condizionato al solo inadempimento della debitrice principale garantita, e non anche alla prova del valore del prezzo dei titoli da parte della banca.

1.3. Il mezzo è inammissibile.

1.3.1. Il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).

1.3.2. Nel caso concreto, la Corte territoriale ha rilevato che l’appellante Banca Carige si era limitata – per quanto concerne il rapporto di conto corrente n. (OMISSIS), garantito da C.N. – a censurare la statuizione del Tribunale laddove, dopo avere dichiarato la nullità di talune clausole, relative alla capitalizzazione trimestrale degli interessi ed alla commissione di massimo scoperto, non aveva poi emesso alcun provvedimento istruttorio, finalizzato a consentire la rideterminazione della somma dovuta, epurata degli importi addebitati in applicazione delle clausole dichiarate nulle.

Il giudice di appello ha constatato che, per contro, la decisione del primo grado non si era affatto arrestata al rilievo delle suindicate nullità, avendo – ben al contrario – il Tribunale osservato che, la ritenuta nullità di alcune clausole determinava l’obbligo per la banca di provare l’effettiva esistenza del proprio credito, ed il relativo ammontare, non essendo sufficiente la produzione del saldo conto. E tuttavia, nel caso di specie, la Banca Carige non aveva prodotto alcun estratto conto concernente il rapporto in questione, “ma solo copia delle stampe prodotte dalla rigenerazione del conto a cura dell’ufficio legale”. E, del pari, mancava agli atti qualsiasi prova circa l’andamento del rapporto di factoring, non avendo l’istituto di credito adempiuto il suo onere probatorio neppure con riferimento a tale contratto, con la conseguenza che, anche sotto tale profilo, le statuizioni rese dal Tribunale dovevano essere confermate.

Ebbene, tale ratio decidendi della sentenza di appello – che a sua volta aveva rilevato l’omessa, specifica, censura delle statuizioni della decisione di primo grado – non risulta in alcun modo contestata dalla odierna ricorrente.

1.3.3. Con riferimento, poi, al prestito obbligazionario, la Corte d’appello ha rilevato che la sentenza di primo grado è stata censurata dalla Banca Carige esclusivamente sotto il profilo della sussistenza della prova del possesso delle obbligazioni da parte dell’istituto di credito, e del fatto che il patto di riacquisto era condizionato al solo verificarsi di un inadempimento da parte della società IT.CO, senza alcun riferimento al “valore delle obbligazioni”.

E tuttavia, rileva la Corte che l’appellante non aveva “investito con specifica censura il passaggio determinante della motivazione (della sentenza di primo grado), laddove viene chiaramente esplicitato che l’obbligo di cui alla scrittura in esame (del 29 maggio 2000) non determina di per sè l’effettivo trasferimento delle quote, che a sua volta determinerebbe l’onere del pagamento” da parte del fideiussore. In altri termini, l’appellante non avrebbe censurato il passaggio decisivo della sentenza del Tribunale, laddove si evidenziava che quello che mancava era “proprio il presupposto dell’obbligo del pagamento (da parte del fideiussore) vale a dire il trasferimento delle quote”.

Anche siffatta ratio decidendi della sentenza di appello non è stata, in alcun modo, censurata dalla ricorrente Banca Carige.

1.4. Per tali ragioni, pertanto, il motivo deve essere dichiarato inammissibile.

2. Del pari inammissibili sono gli altri motivi, con i quali la ricorrente censura l’impugnata sentenza deducendo questioni di merito relative alla sussistenza della prova dei diversi crediti azionati in giudizio, evidentemente assorbite dalla sentenza impugnata per effetto della ritenuta inammissibilità del gravame da parte della Corte d’appello. E’ evidente, invero, che su tali questioni non vi è una pronuncia che legittimi l’istante a proporre la relativa impugnazione (Cass., 22/09/2017, n. 22095).

3. Per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente, in favore del controricorrente, alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 30.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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