Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31921 del 10/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 10/12/2018), n.31921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10207-2017 proposto da:

C.D., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato FATIMA CILLO; difende;

– ricorrenti –

contro

VODAFONE ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NOMENTANA 257, presso lo

studio dell’avvocato PAOLA LIMATOLA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRO AMATOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2665/2016 del TRIBUNALE DI AVELLINO,

depositata il 05 dicembre 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20 settembre 2018 dal Consigliere Relatore Dott.

FRANCESCO MARIA CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con separati giudizi poi riuniti A.M., + ALTRI OMESSI convennero in giudizio la Vodafone Italia s.p.a. davanti al Giudice di pace di Cervinara e – sulla premessa di essere titolari di utenze di telefonia mobile rimaste isolate per circa quindici giorni nel mese di febbraio 2012 – chiesero che la stessa fosse condannata al risarcimento dei danni derivanti dal disservizio e dai pregiudizi personali subiti in conseguenza dell’interruzione delle linee telefoniche.

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la società telefonica al risarcimento dei danni, liquidati nella misura di Euro 240 per ciascuno degli attori, ed al pagamento delle spese di giudizio.

2. La pronuncia e stata impugnata dalla Vodafone Italia s.p.a. e il Tribunale di Avellino, con sentenza del 5 dicembre 2016, ha accolto il gravame e, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato tutte le domande risarcitorie ed ha posto a carico degli appellati il carico delle spese dei due gradi di giudizio.

Ha osservato il Tribunale, tra l’altro, che l’interruzione lamentata dagli appellati era da ricondurre a nevicate verificatesi nella zona nel mese di febbraio 2012, evento da considerare del tutto eccezionale e tale da rendere non imputabile alla società telefonica l’interruzione del servizio. Gli appellati, inoltre, non avevano fornito alcuna prova di quali fossero gli effettivi danni subiti in conseguenza del disservizio.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Avellino ricorrono A.M. e le altre parti private suindicate, con unico atto affidato a quattro motivi.

Resiste la Vodafone Italia s.p.a. con controricorso.

Il ricorso e stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) e n. 5), violazione e falsa applicazione delle disp. att. c.p.c., artt. 74 e 87, nonchè degli artt. 115 e 116 del c.p.c..

Sostengono i ricorrenti che la società Vodafone non aveva depositato il proprio fascicolo in sede di appello, ma solo tardivamente, nella fase conclusiva, aveva chiesto ed ottenuto di poter ricostruire il proprio fascicolo di parte, nonostante tale società non avesse fornito la prova dell’avvenuto deposito o del ritiro del fascicolo stesso.

1.1. Il motivo e inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Esso è formulato in modo generico, poichè mai dice nè quando sarebbe stata ottenuta l’autorizzazione alla ricostruzione del fascicolo, nè quali fossero i documenti o le altre prove delle quali il Tribunale non avrebbe dovuto tenere conto. Oltre a ciò, la censura non indica se tale questione sia stata proposta in sede di appello, posto che gli odierni ricorrenti erano a conoscenza del problema già in duella sede processuale, nè dalla sentenza impugnata risulta alcunchè sul punto.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1256 e 2697 c.c.; con i1 terzo motivo si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1710 e 1176 c.c.; con il quarto si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2059 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c..

Rilevano i ricorrenti che la sentenza sarebbe errata là dove ha ritenuto dimostrato che l’inadempimento della società Vodafone fosse dipendente da causa ad essa non imputabile e che non vi fosse la prova dell’esistenza di un danno non patrimoniale; inoltre l’evento atmosferico di cui in sentenza (abbondanti nevicate) non poteva considerarsi tale da integrare il caso fortuito, nè vi sarebbe la prova che la società telefonica avesse adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

3. I motivi secondo, terzo, pur nella loro diversità, possono essere trattati congiuntamente e sono tutti privi di fondamento, quando non inammissibili.

Il Tribunale, infatti, con un accertamento di fatto congruamente motivato e privo di vizi logici, ha ricostruito i termini della vicenda, affermando che le nevicate che avevano causato l’interruzione delle linee telefoniche degli odierni ricorrenti erano da ritenere eccezionali, alla luce delle informazioni della stampa e dei riscontri obiettivi. A quelle nevicate, infatti, era seguita “l’interruzione di svariati servizi pubblici essenziali, l’intervento continuo e reiterato della Protezione civile e delle forze dell’ordine, nonchè disfunzioni nelle comunicazioni”. A ciò il Tribunale ha aggiunto la mancanza di ogni prova dell’effettivo danno, da intendere come danno conseguenza e non come danno evento.

Si tratta di argomentazioni che i ricorrenti cercano di far cadere continuando a ribadire la propria versione dei fatti, invocando l’art. 1218 c.c. senza considerare che la sentenza dimostra di averlo tenuto in piena considerazione e, in definitiva, sollecitando questa Corte ad un nuovo e non consentito esame del merito.

4. Il quarto motivo, che ha ad oggetto i criteri per la liquidazione del presunto danno, rimane evidentemente assorbito dal rigetto dei precedenti.

5. Il ricorso, pertanto, e rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 9.000, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2018

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