Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31920 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. I, 06/12/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31920

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22242/2015 proposto da:

Cl.Pi., C.A., C.E., C.P., Edilcopec di

C.E. e P. & c. s.a.s. in persona del legale

rappresentante pro tempore, Fruimex di C.E. C. s.a.s. in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, in Roma, piazza Cavour, e

rappresentati e difesi dagli avvocati Marco Della Luna e Alfonso

Luigi Marra, in forza di procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca Carige s.p.a. – Cassa di Risparmio di Genova, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma

Via Arno 88 presso lo studio dell’avvocato Camillo Ungari Trasatti e

rappresentata e difesa dall’avvocato Alberto Capello, in forza di

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

Prelios Credit Servicing s.p.a., in qualità di mandataria con

rappresentanza di Brisca Securitisation s.r.l., in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliata presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, in Roma piazza Cavour e rappresentata e

difesa dagli avvocati Enrico Maria Scotta e Massimiliano Scotta in

forza di procura speciale allegata alla comparsa di costituzione e

di intervento;

– interveniente –

avverso la sentenza n. 315/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 19/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/09/2019 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Banca Carige s.p.a.- Cassa di Risparmio di Genova ha richiesto e ottenuto dal Tribunale di Alba decreto ingiuntivo nei confronti della Fruimex di C.E. e c. s.a.s., di Edilcopec già di C.C. ed ora di C.E. e P. e c. s.a.s., di Cl.Pi., di C.A., di C.E. e di C.P., rispettivamente quale debitore principale, la prima, e fideiussori, gli altri, in forza di un contratto di concessione di una linea di credito, comprendente una apertura di credito in conto corrente e una linea di credito per operazioni import-export.

Gli attori opponenti hanno contestato l’effettiva esistenza dell’esposizione debitoria, la debenza degli interessi, non maturati su importi mai corrisposti materialmente, l’illegittima previsione di capitalizzazione trimestrale, l’indeterminatezza della pattuizione di interessi in misura ultralegale, la mancata previsione negoziale di commissioni di massimo scoperto, la mancata regolamentazione di valute e spese, l’applicazione di interessi superiori al tasso soglia usuraio.

La Banca Carige si è costituita, chiedendo il rigetto dell’opposizione e comunque la condanna degli opponenti al pagamento in suo favore della somma di Euro 774.632,42, oltre accessori e spese.

Il Tribunale di Alba con sentenza del 27/11/2012 ha respinto l’opposizione con aggravio di spese.

2. Gli attori opponenti hanno proposto appello contro la sentenza di primo grado, a cui ha resistito l’appellata Carige.

La Corte di appello di Torino, con sentenza del 19/2/2015, ha respinto il gravame, condannando gli appellanti alle spese del grado.

3. Avverso la predetta sentenza del 19/2/2015, non notificata, la Fruimex di C.E. e c. s.a.s., Edilcopec – già di C.C. – ed ora di C.E. e P. & c. s.a.s., Cl.Pi., C.A., C.E. e C.P. hanno proposto ricorso per cassazione, svolgendo sette motivi.

Con atto notificato il 10/10/2015 ha proposto controricorso Banca Carige, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione, con la condanna della controparte anche ex art. 96 c.p.c..

Con atto in data 29/8/2019 è intervenuta la Prelios Credit Servicing s.p.a., in veste di mandataria con rappresentanza della Brisca Securitisation s.r.l. quale cessionaria del credito originariamente spettante a Carige s.p.a., chiedendo di dichiarare inammissibile ovvero rigettare il ricorso, con favore di spese e condanna dei ricorrenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Prelios ha depositato ulteriore memoria del 9/9/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 638 e 125 c.p.c., e art. 163 c.p.c., n. 4, e lamentano l’omessa dichiarazione di nullità del ricorso per decreto monitorio, perchè la Corte di appello aveva ritenuto, pedissequamente rispetto al Tribunale, che il ricorso per decreto ingiuntivo possa non enunciare le ragioni della domanda rinviando per relationem alla documentazione con esso prodotta.

1.1. I ricorrenti non chiariscono nel contesto del motivo se la loro doglianza sia circoscritta alla fase monitoria, ovvero se il vizio lamentato riguardi anche il successivo giudizio di merito conseguente alla proposizione dell’opposizione al decreto ingiuntivo.

In ogni caso l’interesse dei ricorrenti alla proposizione della doglianza sussiste anche solo in relazione alle spese processuali della fase monitoria. Infatti, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’opposizione al decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad una autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso sia dall’opponente per contestarla pertanto il giudice, anche se abbia accertato la mancanza delle condizioni richieste dall’art. 633 c.p.c. e ss., deve comunque pronunciare sul merito del diritto fatto valere dal creditore, tenuto conto degli elementi probatori esibiti nel corso del giudizio (Sez. 6 – L, n. 14486 del 28/05/2019, Rv. 654022 – 01; Sez. 2, n. 7020 del 12/03/2019, Rv. 652941 – 01; Sez. 3, n. 16767 del 23/07/2014, Rv. 632011 – 01, Sez. 1, n. 3649 del 08/03/2012, Rv. 621973 – 01, Sez. 3, n. 20613 del 07/10/2011, Rv. 619864 01).

1.3. I Giudici del merito, ossia il Tribunale di Alba e la Corte di appello di Torino, hanno concordemente ritenuto che la domanda giudiziale proposta in sede monitoria con il ricorso per decreto ingiuntivo fosse sufficientemente determinata grazie al riferimento alla documentazione allegata al ricorso nella quale erano compiutamente indicati i singoli rapporti dedotti.

1.4. Al proposito, la più recente giurisprudenza di questa Corte consente l’esame in sede di legittimità della questione inerente la sussistenza di un vizio afferente di nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8077 del 22/05/2012, Rv. 622361 – 01, hanno infatti affermato che quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, ed in particolare un vizio afferente alla nullità dell’atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda, purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c. (conformi Sez. 6 – 3, n. 25308 del 28/11/2014, Rv. 633637 – 01; Sez. 1, n. 16164 del 30/07/2015, Rv. 636503 – 01).

1.5. Il motivo proposto è tuttavia infondato poichè appare corretta la valutazione dei giudici di merito, secondo i quali il ricorso monitorio era sufficientemente specifico poichè richiamava i documenti allegati a specificazione delle singole operazioni di finanziamento effettuate dalla banca sulle linee di credito indicate nel ricorso.

In particolare il ricorso faceva riferimento, da un lato, ai due contratti di concessione di linee di credito del 22/2/2007 e del 24/8/2007, prodotti rispettivamente come documenti n. 1 e n. 2 (che attenevano alla concessione di apertura di credito sino a 470.000 Euro – poi aumentata a 770.000 Euro – utilizzabile sino a 50.000 Euro in conto corrente e per l’intero massimale quale linea di credito import/export in Euro e/o in valuta e quale anticipi di credito con pagamento domiciliato presso Banca Carige) e, dall’altro, alla certificazione del credito D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 50, prodotta come documento 3.

Tale ultimo documento rivestiva valenza probatoria nella fase monitoria: infatti la norma di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 50, gli attribuisce rilevanza probatoria, sia pur solo nel procedimento monitorio, mentre, in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, trovano applicazione le consuete regole di ripartizione dell’onere della prova, con la conseguenza che l’opposto, pur assumendo formalmente la posizione di convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale, sicchè spetta a lui provare nel merito i fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio (Sez. 1, 06/06/2018, n. 14640).

La causa petendi della domanda azionata in via monitoria era pertanto sufficientemente specifica, poichè l’atto introduttivo indicava le varie linee di credito concesse per operazioni di finanziamento, rimandando alla documentazione allegata per la specificazione delle singole operazioni.

2. Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, per le stesse ragioni e con riferimento all’omessa dichiarazione di nullità del ricorso monitorio.

Il motivo è inammissibile, a prescindere dalle considerazioni sopra esposte, per la semplice ragione che la Corte territoriale non ha affatto omesso di esaminare la circostanza processuale rappresentata dai ricorrenti e l’ha espressamente e specificamente valutata.

3. Con il terzo motivo di ricorso principale, i ricorrenti denunciano violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1813,1815,1842 e 1856 c.c., all’art. 10 TUB e all’art. 105 del Trattato di Maastricht e lamentano erronea omissione dell’inesistenza della causa del contratto o sua illiceità, simulazione assoluta, inefficacia, inesecuzione, annullabilità per errore o dolo riconoscibile e non debenza consequenziale degli interessi.

3.1. I ricorrenti richiamano le loro argomentazioni circa il fatto che la quasi totalità del fenomeno del money supply implica operazioni eseguite non già in moneta legale ma in c.d. denaro creditizio (o scritturale, o contabile, o virtuale), ossia in strumenti (assegni circolari, saldi attivi di conti correnti a vista…) denominati in moneta legale, ma non consistenti in essa.

Tali strumenti convenzionali non sarebbero nè legali, nè legittimi e contrasterebbero con la legislazione nazionale e quella Europea che conoscono solo la moneta legale.

Tanto premesso, i ricorrenti negano sia che la Banca abbia sborsato o movimentato denaro e non “cose virtuali”, sia che la Banca abbia subito una diminuzione patrimoniale a seguito delle operazioni eseguite, sia che esistesse materialmente denaro movimentato dalla Banca; negano inoltre che il fatto che la Banca abbia eseguito scritturazioni a favore di terzi su incarico dei ricorrenti per tacitare le loro pretese e dotarli di un aliquid spendibile come moneta comporti un suo corrispondente depauperamento “perchè ciò che la Banca dà è creato dall’atto del dare (a costo zero) e non preesiste al dare”.

3.2. A prescindere dall’invocazione, del tutto generica e comunque contraddittoria, di una serie di patologie negoziali incompatibili fra loro (come inesistenza della causa del contratto o sua illiceità, simulazione assoluta, inefficacia, non esecuzione, annullabilità per errore o dolo riconoscibile), con la censura così argomentata i ricorrenti fanno leva sul fatto che la Banca Carige non avrebbe materialmente erogato somme di denaro a terzi in adempimento dei contratti bancari di apertura di credito e di finanziamento di operazioni di importazione e si sarebbe limitata ad eseguire anomale – e illegittime – operazioni di conferimento di denaro virtuale, non meglio precisate, senza sopportare alcun costo.

3.3. La doglianza, così interpretata, è priva di un preciso riferimento alle evidenze probatorie che dimostrerebbero le allegazioni di fatto su cui essa si basa e riprende il filo delle recriminazioni esposte con l’atto di appello circa il fatto che “non vi sarebbero stati esborsi reali da parte dell’opposta”, nè traditio pecuniae.

Eseguendo i pagamenti per conto di Fruimex, Carige non avrebbe “tirato fuori moneta legale, quella che emette la BE, ossia le banconote”, ma avrebbe effettuato solo promesse di pagamento dirette a fornitori di Fruimex (cfr sentenza impugnata, pag.5-6).

A tal riguardo la Corte subalpina ha recisamente escluso che i versamenti a terzi operati dalla Banca non avessero comportato uscite reali di denaro, ha ritenuto che non fossero stati contestati nè il numero delle operazioni documentate dalla Banca, nè la loro consistenza economica, e soprattutto ha affermato che tali operazioni avevano determinato la reale messa a disposizione di denaro materialmente esistente e spendibile a favore dei destinatari con il corrispondente depauperamento della Banca.

A fronte di tale accertamento di fatto operato dal Giudice del merito i ricorrenti contrappongono solo il loro dissenso, privo di alcun riscontro probatorio, neppure indicato.

4. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, i ricorrenti denunciano omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti in relazione alla omessa dichiarazione di inesistenza, nullità della causa del contratto o sua illiceità, simulazione assoluta, inefficacia, non esecuzione, annullabilità per errore o dolo riconoscibile e non debenza consequenziale degli interessi.

4.1. I ricorrenti riprendono il motivo che precede per dolersi della cattiva argomentazione, contraddittorietà, carenza di motivazione e incongruità della sentenza impugnata.

4.2. Richiamando quanto sopra esposto in sede di esame del terzo motivo, il Collegio rileva che il motivo è inammissibile, anche prescindere dalle considerazioni sopra esposte, per la semplice ragione che la Corte territoriale non ha affatto omesso di esaminare gli argomenti rappresentati dai ricorrenti e li ha espressamente e specificamente valutati.

5. Con il quinto motivo di ricorso, non specificamente ricondotto a uno dei mezzi di impugnazione di legittimità elencati e tipizzati nell’art. 360 c.p.c., comma 1 i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1,3,35 e 36 Cost..

Con il motivo, peraltro privo di specifici riferimenti al tenore della sentenza impugnata in relazione al quale assumerebbero rilievo le recriminazioni svolte, i ricorrenti svolgono una serie di argomentazioni, di carattere sociologico ed economico, relative all’andamento dell’economia mondiale, d’impronta chiaramente metagiuridica, che sembrerebbero mirare a una dichiarazione di immeritevolezza di tutela delle operazioni di erogazione del credito da parte del sistema bancario perchè improduttive e parassitarie.

Il motivo è manifestamente inammissibile, non potendo essere ricondotto al paradigma di un motivo di ricorso di legittimità e per vero neppure a una censura impugnatoria specifica.

6. Con il sesto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano violazione di legge con riferimento agli artt. 350,184,191 e 61 c.p.c., per aver la Corte di appello disatteso tutte le richieste istruttorie degli opponenti e in particolare la loro motivata e argomentata richiesta di consulenza tecnica d’ufficio, così incorrendo nel vizio di omessa pronuncia e nella violazione dell’art. 112 c.p.c..

6.1. Il motivo è inammissibile.

Innanzitutto il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande attinenti al merito e non anche in relazione ad istanze istruttorie per le quali l’omissione è denunciabile soltanto sotto il profilo del vizio di motivazione (Sez. 6 – 1, n. 13716 del 05/07/2016, Rv. 640358 – 01; Sez. L, n. 6715 del 18/03/2013, Rv. 625610 – 01).

6.2. In secondo luogo, i ricorrenti neppure indicano quando e come avrebbero formulato le richieste istruttorie asseritamente pretermesse e tantomeno quando e come avrebbero lamentato la loro mancata ammissione con specifico motivo di appello.

6.3. In terzo luogo, i ricorrenti non affrontano e non confutano la specifica motivazione addotta dalla Corte di appello a pagina 6, terzultimo capoverso, secondo cui tutte le altre censure dei ricorrenti non erano pertinenti rispetto alla qualificazione, incontestata e documentata, del credito azionato da Carige, che includevano, fra l’altro capitale e interessi convenzionali concordati specificamente per le singole operazioni, non capitalizzati e non produttivi di interessi su interessi, senza aggiunta di esborsi ulteriori e senza problemi di superamento del tasso soglia usurario.

7. Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, i ricorrenti ripropongono la stessa doglianza della mancata disposizione di consulenza tecnica nella diversa prospettiva della denuncia di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

Il motivo è inammissibile sia perchè neppure deduce un fatto decisivo (ma semmai una richiesta istruttoria), sia perchè non dimostra quando e come la richiesta sia stata avanzata nel processo e sottoposta al contraddittorio, sia, infine, perchè non considera la motivazione sopra richiamata in termini generali di cui al precedente p. 6.3.

8. Il ricorso deve quindi essere rigettato e i ricorrenti debbono essere condannati alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore della controricorrente, liquidate come in dispositivo. Non sussistono complessivamente i presupposti per la richiesta condanna dei ricorrenti per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c., poichè con il ricorso sono state proposte anche censure non inammissibili o manifestamente infondate (motivo n. 1).

9. Non spetta invece la rifusione delle spese in favore dell’intervenuta Prelios Credit Servicing s.p.a., in qualità di mandataria con rappresentanza di Brisca Securitisation s.r.l., a sua volta cessionaria del credito litigioso per effetto di contratto del 16/6/2017 di cessione di crediti in blocco ai sensi della legge sulla cartolarizzazione e dell’art. 58 T.U.B..

L’intervento da essa dispiegato in sede di legittimità non può essere ritenuto ammissibile.

Il successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c., qual è appunto la Prelios – può intervenire nel giudizio di legittimità, per esercitare il potere di azione che gli deriva dall’acquistata titolarità del diritto controverso, solo quando non sia costituito il dante causa, poichè altrimenti verrebbe a determinarsi un’ingiustificata lesione del suo diritto di difesa (Sez. 1, n. 11638 del 07/06/2016, Rv. 639906 – 01); diversamente, vale il principio generale secondo il quale il successore a titolo particolare nel diritto controverso – che pure può tempestivamente impugnare per cassazione la sentenza di merito – non può intervenire nel giudizio di legittimità, mancando una espressa previsione normativa, riguardante la disciplina di quell’autonoma fase processuale, che consenta al terzo la partecipazione a quel giudizio con facoltà di esplicare difese, assumendo una veste atipica rispetto alle parti necessarie, che sono quelle che hanno partecipato al giudizio di merito (Sez. 1, n. 5759 del 23/03/2016, Rv. 639273 – 01; Sez. 3, n. 11375 del 11/05/2010, Rv. 613348 – 01; Sez. L, n. 10215 del 04/05/2007, Rv. 597249 – 01).

E’ stato anche osservato che la disciplina processuale così ricostruita non vulnera il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., giacchè la legittimità della norma limitativa di tale mezzo di tutela giurisdizionale discende dalla particolare natura strutturale e funzionale del giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione. (Sez. 3, n. 10813 del 17/05/2011, Rv. 617335 – 01; Sez. U, n. 1245 del 23/01/2004, Rv. 569647 – 01).

Le spese nei rapporti fra terza interveniente e le altre parti meritano peraltro compensazione, poichè l’intervento non ha provocato lo svolgimento di alcuna loro attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidate nella somma di Euro 12.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, oltre al 15% rimborso spese generali e accessori di legge;

dichiara inammissibile l’intervento di Prelios Credit Servicing s.p.a. e compensa le spese processuali nei rapporti fra questa e le altre parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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