Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3192 del 07/02/2017

Cassazione civile, sez. I, 07/02/2017, (ud. 16/11/2016, dep.07/02/2017),  n. 3192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23716/2015 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ATTILIO

REGOLO 19, presso l’avvocato GIUSEPPE LIPERA, che la rappresenta e

difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.V.T., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato DANIELA GASPARIN, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1802/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositato il 03/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ACIERNO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato G. LIPERA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

C.I. chiedeva al Tribunale l’affidamento esclusivo della figlia minore A.D., nata dalla relazione con D.V.T. ed un contributo per il mantenimento della minore a carico del padre.

Il tribunale, rilevata la patologica conflittualità tra i genitori della minore e, constatato il trasferimento della C. con la minore, della quale era stata designata collocataria, a Co., affidava la minore al Comune e, per esso, ai servizi sociali territorialmente competenti, conservava il collocamento presso la madre e stabiliva che le decisioni di maggior interesse per la minore dovessero essere assunte dall’ente affidatario; delegava i servizi sociali ad organizzare gli incontri padre – figlia all’interno di uno spazio neutro e con la facoltà d’introdurre incontri liberi.

Investita dalla C. del reclamo, la Corte d’Appello di Milano, ha confermato le statuizione del giudice di primo grado osservando che le indicazioni pervenute dalla relazione psicologica ASL evidenziano un grado molto elevato di conflittualità e diffidenza reciproca nonchè modalità di comunicazione molto aggressive tra i genitori tanto da impedire incontri tra di essi, finalizzati ad un regime di visita concordato.

Pertanto, nonostante le buone risorse affettive ed intellettuali di entrambi e la loro astratta idoneità ad essere destinatari dell’affidamento della minore, la Corte di Appello ha ritenuto di conservare l’affidamento ai servizi sociali e complessivamente l’assetto preesistente con obbligo per il D. di versare 600 Euro al mese per il concorso al mantenimento della figlia minore.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione C.I. affidandosi a due motivi. Ha resistito con controricorso il D..

Nel primo motivo la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 317 bis e 333 c.c., nonchè art. 111 Cost., comma 4, per avere la Corte d’Appello reiterato la statuizione di affidamento ai servizi sociali della minore, senza considerare la piena idoneità genitoriale della ricorrente medesima. In particolare viene sottolineata la omessa considerazione della rilevante distinzione tra le due figure genitoriali e l’assenza di comportamenti negativi da parte della ricorrente che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici, ha sempre favorito gli incontri con il padre, suggerendo anche le condotte più consone ad attirare l’attenzione della bambina. Le capacità genitoriali della ricorrente sono, inoltre, sottolineate dalla relazione dei servizi sociali del (OMISSIS) nella quale si sottolineano le qualità genitoriali della ricorrente e la sua volontà di favorire i rapporti con il padre.

La misura limitativa della responsabilità genitoriale deve, pertanto, ritenersi assunta in spregio ai presupposti di legge non ravvisandosi alcuna condotta della madre pregiudizievole per la minore. In particolare si sottolinea che l’affidamento all’ente terzo si giustifica solo a fronte della totale incapacità di entrambi i genitori a svolgere il ruolo genitoriale e non quando gli stessi ottemperino alle indicazioni fornite dal giudice o dai servizi territoriali, mentre il D. ha talvolta omesso di presentarsi agli incontri protetti senza preavviso ed ha frapposto ostacoli agli incontri protetti infrasettimanali.

In conclusione, non è condivisibile alla luce dell’impegno genitoriale della ricorrente che ad essa siano sottratte le decisioni più significative sulla salute, la residenza, l’istruzione della figlia.

Nel secondo motivo si censura l’omessa pronuncia sulla domanda di affidamento esclusivo della minore alla ricorrente. La corte d’Appello ha solo escluso l’idoneità dell’affidamento condiviso nella specie senza verificare le condizioni dell’affidamento esclusivo che, invece, sarebbero giustificate dalle condotte aggressive avute anche davanti alla minore del D..

Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalla parte controricorrente alla luce dell’orientamento nettamente prevalente di questa sezione così sintetizzato nella massima che segue: “Il decreto della corte di appello, contenente provvedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio e le disposizioni relative al loro mantenimento, è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., poichè già nel vigore della L. 8 febbraio 2006, n. 54 – che tendeva ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli nati nel matrimonio – ed a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 – che ha abolito ogni distinzione – al predetto decreto vanno riconosciuti i requisiti della decisorietà, in quanto risolve contrapposte pretese di diritto soggettivo, e di definitività, perchè ha un’efficacia assimilabile “rebus sic stantibus” a quella del giudicato” (Cass. 6132 del 2015 cui è seguita 18194 del 2015).

L’affidamento di minori ai servizi sociali, all’interno del conflitto genitoriale non determina alcuna modificazione della qualificazione giuridica del provvedimento, nonostante il diverso arresto, del tutto isolato, alla luce delle pronunce più recenti, contenuto nella pronuncia n. 16227 del 2015. Peraltro deve evidenziarsi l’evoluzione dell’orientamento di questa sezione anche in ordine all’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso provvedimenti aventi esclusivamente contenuto limitativo o di decadenza della responsabilità genitoriale (artt. 330 e 333 c.c.). Al riguardo deve ritenersi superato l’orientamento negativo (Cass. 15341 del 2012; 24477 del 2015) in favore dell’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost., anche per questa specifica tipologia di provvedimenti quando non interlocutori o aventi soltanto efficacia provvisoria ed endoprocessuale (Cass. 1743 e 1746 del 2016 in motivazione e la più recente ed articolata pronuncia n. 23633 del 2016). Le ragioni del revirement, ampiamente esposte in quest’ultima pronuncia sono le seguenti:

nei procedimenti c.d. de potestate non si rinviene “una preminente, o addirittura esclusiva, attività di controllo del giudice sull’esercizio della responsabilità genitoriale, che escluda la presenza di parti processuali fra di loro in conflitto: l’art. 336 c.c. (più volte novellalo) stabilisce infatti quali sono i soggetti legittimati a promuovere il ricorso, prevede che genitori e minori siano assistiti da un difensore, sancisce l’obbligo di audizione del genitore contro il quale il procedimento è promosso. Non si dubita, poi, che il provvedimento adottato dal giudice sia immediatamente reclamabile, oltre che revocabile ad istanza del genitore interessato. Infine, ed è argomento che appare dirimente, il decreto che dispone la limitazione o la decadenza della responsabilità genitoriale incide su diritti di natura personalissima, di primario rango costituzionale (Cass. n. 12650/015)”.

Anche il giudice del conflitto familiare è tenuto ad assumere provvedimenti nell’esclusivo interesse del minore in tema di affidamento e statuizioni consequenziali fino a giungere, come nella specie, alla sospensione temporanea della titolarità e dell’esercizio della responsabilità genitoriale in capo ai genitori.

La L. n. 219 del 2012, ha modificato l’art. 38 disp. att. c.c., attribuendo alla competenza del giudice ordinario i procedimenti ablativi o limitativi della responsabilità genitoriale se sia già pendente fra le stesse parti (id est: fra i genitori) un procedimento di separazione personale o di divorzio od un giudizio ai sensi dell’art. 316 c.c.. Tale disposizione rende ulteriormente ingiustificata la distinzione fra i provvedimenti assunti ai sensi dell’art. 337 bis c.c. e segg. e quelli assunti dal medesimo giudice, con la medesima sentenza, ai sensi degli artt. 330, 333 c.c., attribuendo solo ai primi, e non anche ai secondi, attitudine al giudicato rebus sic stanti bus. “Invero, al di là delle indubbie problematiche di natura processuale che si verrebbero a creare per effetto di tale distinzione, non appare contestabile che nè gli uni nè gli altri potrebbero essere modificati (o revocati) se non in dipendenza di un provato mutamento della situazione di fatto.

Passando all’esame del ricorso, il primo motivo deve ritenersi inammissibile in quanto volto esclusivamente a sostituire all’esame e alla valutazione svolta insindacabilmente dal giudice del merito, un giudizio alternativo sulla capacità genitoriale della ricorrente.

Il secondo motivo è manifestamente infondato dal momento che il mantenimento del regime di affidamento statuito dalla Corte d’Appello comporta come premessa logica indefettibile il rigetto implicito della domanda di affidamento esclusivo, essendo fondato sull’accertamento dell’attuale non compatibilità della situazione genitoriale della ricorrente con una modifica del regime di affidamento della minore.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato con applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali del presente giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 3000 per compensi ed Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.

In caso di diffusione omettere le generalità delle parti e ogni riferimento geografico.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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