Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3191 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3191 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA
sul ricorso 22260-2012 proposto da:
NARCISI ESTER NRCSTR65D47C351X, elettivamente domiciliata
in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO 9, presso lo studiò
dell’avvocato DE VERGOTTINI MARIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato PEZZONI CLAUDIA, giusta procura speciale in calce
al ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 12/02/2014

PORTOGHESI 12, presso l’AWOCATIJRA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
– resistente avverso il decreto n. 439/2011 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ROSARIA SAN
GIORGIO;
udito per la ricorrente l’Avvocato Francesco Maccarone (per delega
avv. Claudio Pezzoni) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO
PATRONE che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Ric. 2012 n. 22260 sez. M2 – ud. 04-10-2013
-2-

CALTANISSETTA del 6.7.2011, depositato il 10/11/2011;

Ritenuto in fatto
Ester Narcisi, con ricorso depositato il 25 maggio 2010, ha proposto innanzi alla Corte
d’appello di Caltanissetta domanda di equa riparazione, ai sensi della Legge n. 89 del
2001, del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata di un
processo civile avente ad oggetto il pagamento di onorari, instaurato innanzi al Tribunale

aveva dichiarato la propria incompetenza in favore del Tribunale di Termini Imerese. La
Narcisi aveva riassunto la causa innanzi a detto Tribunale, presso il quale la prima
udienza si era tenuta il 3 ottobre 2003. La sentenza di primo grado, depositata il 22
gennaio 2008, era stata impugnata, ed il giudizio di appello era ancora pendente alla data
della presentazione del ricorso ex legge n. 89 del 2001.
La Corte territoriale, con il decreto indicato in epigrafe, ha rigettato la domanda,
osservando che il processo si era svolto fino ad allora in un arco di tempo ancora
ragionevole, essendosi articolato in due gradi di giudizio, essendo stato segnato da una
decisione di incompetenza e poi da una sentenza di merito. La durata complessiva del
giudizio, fino a quel momento di dieci anni, era inferiore ai tre anni corrispondenti alla
durata ragionevole di un giudizio di primo grado, sommati ad altri tre anni per il giudizio
svolto innanzi al giudice competente, e ai due pari alla durata ragionevole del,giudizio di
appello, al periodo di stasi di otto mesi dovuto ai rinvii richiesti dalle parti e al tempo
intercorso tra la sentenza di primo grado e la prima udienza del giudizio di appello, pari a
un anno e otto mesi.
Per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso la Narcisi sulla base di un unico

di Catania, la cui prima udienza si era tenuta il 14 giugno 2000. Il predetto Tribunale

motivo.
Considerato in diritto
Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della
legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6.1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La
Corte di merito avrebbe violato il parametro tendenziale stabilito dalla Corte EDU che
fissa la durata ragionevole del giudizio, rispettivamente, in tre anni, due anni e un anno
per il giudizio di primo grado, di appello e di legittimità. Nella specie, la sentenza di

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primo grado era stata emessa dopo cinque anni dall’inizio del processo (e ciò a
prescindere dalla durata del giudizio anteriormente alla dichiarazione di incompetenza
del Tribunale di Catania, e il giudizio di appello durava già da quattro anni. Inoltre, il
giudice di merito non aveva calcolato alcuni rinvii imputabili alle disfunzioni del sistema
giudiziario.

La Corte di merito si è discostata in modo non ragionevole ed immotivato dai parametri
richiamati dalla ricorrente.
Invero, a fronte del tempo intercorso dalla introduzione del giudizio, nel 2000, al
deposito della sentenza di primo grado, e della durata del giudizio di secondo grado
(quattro anni), peraltro non ancora definito all’epoca della presentazione del ricorso
all’odierno esame, la Corte nissena avrebbe dovuto fornire una motivazione adeguata
delle ragioni che la inducevano a ritenere insussistenti le condizioni per la sussistenza del
diritto alla equa riparazione ex legge n. 89 del 2001.
Ed anche l’arco temporale di durata del processo dovuto ai rinvii richiesti dalle parti non
avrebbero dovuto automaticamente essere addebitati all’istante e non alle disfunzioni
dell’apparato giudiziario. Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte,
allo scopo dell’accertamento della durata ragionevole del processo, a fronte di una
cospicua serie di differimenti chiesti dalla parte, o non opposti, e disposti dal giudice
istruttore, si deve distinguere, come impone la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, tra
tempi addebitabili alle parti e tempi addebitabili allo Stato per la loro evidente
irragionevolezza, con la conseguenza che – salvo che sia motivatamente evidenziata una
vera e propria strategia dilatoria di parte, idonea ad impedire l’esercizio dei poteri di
direzione del processo, propri del giudice istruttore – è necessario individuare la durata
irragionevole comunque ascrivibile allo Stato, ferma restando la possibilità che la
frequenza ed ingiustificatezza delle istanze di differimento è idonea ad incidere sulla
valutazione del paterna indotto dalla durata e, quindi, sulla misura dell’indennizzo da
riconoscere (v., tra le altre, Cass., sent. n. 5074 del 2013).
Pertanto, il ricorso deve essere accolto per quanto di ragione. Il decreto impugnato deve
essere cassato, e la causa rinviata ad un altro giudice — che viene individuato nella Corte

Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

d’appello di Caltanissetta in diversa composizione, cui è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del presente giudizio — che la riesaminerà alla luce dei
principi di diritto sopra enunciati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione. Cassa il decreto impugnato e rinvia,

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta — II Civile della Corte
Suprema di Cassazione, il 4 ottobre 2013.

anche per le spese, alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione.

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