Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31909 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 06/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2762-2018 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CESARE

FRACASSINI 25, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO DOMENICO

PARLA, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO SALSONE;

– ricorrente –

contro

A.M.R.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2810/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

GRAZIOSI CHIARA.

Fatto

RILEVATO

che:

Con atto di citazione notificato il 23 maggio 2012 C.D. conveniva davanti al Tribunale di Milano la coniuge separata A.M.R. per ottenerne la condanna alla restituzione di somme che egli le avrebbe corrisposto a titolo di mutuo, e in subordine chiedendone la restituzione quale arricchimento senza causa; e con sentenza del 10 febbraio 2016 il Tribunale accoglieva parzialmente le pretese attoree, condannando la convenuta a pagare Euro 30.978,35, oltre accessori e spese, per arricchimento senza causa, ritenendo invece non dimostrata la sussistenza del mutuo.

A.M.R. proponeva appello, cui controparte resisteva, e che la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 21 giugno 2017, accoglieva, rigettando la domanda di arricchimento senza causa e condannando l’appellato a rifondere a controparte le spese dei gradi di giudizio.

Il ricorso si articola in due motivi.

Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia sulla domanda dell’attuale ricorrente di dichiarare inammissibili ex art. 345 c.p.c. le domande ed eccezioni nuove di controparte è inammissibile ex art. 342 c.p.c. l’atto d’appello; si denuncia altresì violazione dell’art. 112 c.p.c. e nullità della sentenza per error in procedendo.

Il secondo motivo denuncia motivazione apparente, omesso esame di istanze istruttorie in ordine alla minaccia del cognato, error in iudicando su fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’intimata non si è difesa. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Premesso che nella memoria il ricorrente lamenta che il relatore non abbia motivato la propria proposta, laddove il testo vigente dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, differisce dal testo previgente sostituendo ad “una relazione con la concisa esposizione delle ragioni che possono giustificare” una “proposta” di cui non prevede motivazione, costituendo detto articolo l’unica fonte normativa che disciplina la materia, si osserva che nel primo motivo emerge inammissibilità ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 in quanto si omette di indicare, riproducendone il contenuto direttamente od indirettamente, in che cosa consistessero le eccezioni ai sensi dell’art. 345 c.p.c., e altresì si omette di riprodurre, direttamente o indirettamente, il contenuto dell’eccezione di violazione dell’art. 342 c.p.c. In tal modo rimane impossibile stabilire se l’addotta omessa pronuncia sulle prime o sulla seconda abbia rivestito un valore decisivo, nel senso di avere effettivamente condizionato la decisione.

A questo punto ad abundantiam si osserva anche che, ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 2, il motivo patisce una ulteriore inammissibilità proprio per la carenza di individuazione della decisività appena evidenziata, in considerazione del principio di diritto per cui, nel ricorso per cassazione, “la censura concernente la violazione dei “principi regolatori del giusto processo” e cioè delle regole processuali ex art. 360 c.p.c., n. 4, deve avere carattere decisivo, cioè incidente sul contenuto della decisione e, dunque, arrecante un effettivo pregiudizio a chi la denuncia” (Cass. sez. 3, 26 settembre 2017 n. 22341).

2. Pure il secondo motivo è inficiato da evidente inammissibilità, in quanto, al contrario di quel che genericamente si afferma nella esposizione del fatto (in particolare, a pagina 3 del ricorso, si riferisce che non si sarebbe dato corso all’istruttoria), nella illustrazione della doglianza poi si precisa che il primo giudice escluse la prova per essere pacifico un fatto capitolato e per essere irrilevanti gli altri fatti, precisando poi che in sede di conclusioni fu rinnovata la richiesta ammissiva.

Avendo il giudice deciso senza ammettere le prove, il ricorrente al riguardo restava soccombente, seppur virtuale dato che era vittorioso nella domanda. Ne consegue che avrebbe dovuto proporre appello incidentale condizionato censurando sotto questo profilo la decisione del giudice di prime cure, non limitandosi a meramente riproporre le istanze istruttorie. Il motivo difetta, dunque, di decisività.

Ad abundantiam ancora, si osserva inoltre che, in ordine alle istanze istruttorie riproposte al giudice d’appello, quest’ultimo (a pagina 9 della sentenza) ha affermato che in primo grado non fu “fornita alcuna prova delle asserite minacce” dall’appellante ricevute dal cognato: si è evidentemente riferito alla genericità del relativo capitolo offerto dall’appellante, laddove si enuncia che questi sarebbe stato “intimorito dal cognato”, senza indicare con quali condotte/modalità. E al riguardo il ricorrente non può far valere come integrazione – così invece avviene nel motivo – le prove contrarie dedotte dalla controparte. Anche sotto questo profilo, quindi, motivo è inconsistente.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non essendovi luogo a pronunciare sulle spese dal momento che l’intimata non si è difesa; sussistono invece D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in cancelleria il 6 dicembre 2019

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