Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3190 del 11/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 11/02/2020), n.3190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22370-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 103/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della PUGLIA, depositata il 18/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, indicata in epigrafe, che aveva respinto l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Bari n. 2613/2015, con cui era stato accolto il ricorso proposto da F.G. avverso avviso di accertamento IRPEF 2009, basato sull’attribuzione di utili accertati induttivamente sulla società Tecnoshoe s.r.l., di cui egli deteneva una partecipazione pari al 35,13% del capitale sociale, ed ha depositato memoria difensiva;

il contribuente è rimasto intimato

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso si lamenta nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per avere la CTR rinviato per relationem ad altra decisione, resa dalla medesima CTR, che aveva accertato, con riguardo alla società, l’insussistenza di utili da distribuire;

1.2. la censura va disattesa in quanto l’inosservanza dell’obbligo di motivazione integra violazione della legge processuale, denunciabile con ricorso per cassazione, solo quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un indispensabile requisito di forma), e cioè nei casi di radicale carenza di essa o del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente) o fra loro logicamente inconciliabili o comunque perplesse ed obiettivamente incomprensibili. (Cass., sez. un., n. 23832 del 2004);

1.3. in tema di processo tributario, è nulla, infatti, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. n. 28113 del 2013);

1.4. nella specie, quanto alla denunciata violazione dell’obbligo di motivazione della sentenza impugnata in ordine al motivo di appello concernente la distribuzione in capo al socio di utili per maggior reddito accertato nei confronti della società, la CTR – dopo avere richiamato, nella parte in fatto della decisione, le critiche mosse sul punto dall’appellante ed in particolare concretantesi nella asserita mancanza di prova circa la “non distribuzione di utili in capo al socio” – nel condividere le affermazioni rese dal Giudice di prime cure, ha esplicitato le ragioni del proprio convincimento circa l’insussistenza dei suddetti utili richiamando la sentenza della CTR n. 2345/2017 che aveva annullato la pretesa fiscale in capo alla società, aggiungendo quindi che “nessuna richiesta…(poteva)… essere fatta al socio per maggiorazione di reddito da partecipazione” nella società;

1.5. ne consegue che, anche se sinteticamente, è ravvisabile nella sentenza impugnata, quanto al profilo denunciato, il percorso logico-argomentativo a sostegno del giudizio del Giudice a quo di condivisione degli assunti decisori della CTP;

2.1. con il secondo motivo l’Agenzia delle Entrate prospetta la violazione degli artt. 2909 e 2697 c.c., art. 124 disp att. c.p.c., artt. 324 e 337 c.p.c. per avere la CTR fondato la sua decisione sull’errata convinzione del passaggio in giudicato della sentenza della CTR dianzi indicata, atteso che in mancanza di tale presupposto la CTR avrebbe potuto unicamente applicare la sospensione prevista dall’art. 337 c.p.c., ed ha prodotto, in allegato alla memoria difensiva da ultimo depositata, copia della sentenza della di questa Corte con cui è stata riformata la suddetta sentenza mediante cassazione con rinvio;

2.2. la censura è fondata nei termini di seguito illustrati;

2.3. questa Corte, decidendo fattispecie nelle quali il Giudice di merito aveva annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali a ristretta base partecipativa in relazione a precedente annullamento dell’avviso emesso a carico della società prodromico con sentenza non passata in giudicato, aveva ritenuto, con orientamento consolidato, che l’accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell’accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell’unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, com’è per le società di persone, un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell’art. 295 c.p.c., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1 (cfr. ex plurimis, Cass. nn. 16913/2016, 2214/2011);

2.4. tale orientamento non può tuttavia riproporsi in relazione alla nuova versione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49 come modificato a far data dal 10 gennaio 2016 in forza del D.Lgs. n. 156 del 2015;

2.5. secondo tale disposizione la sospensione del processo di cui all’art. 295, c.p.c. non è applicabile allorchè la causa tributaria ipotizzata quale pregiudicante pende in grado di appello, come nel caso in esame, potendo in tal caso trovare applicazione solo l’art. 337 c.p.c., comma 2, secondo il quale il Giudice ha facoltà di sospendere il processo ove una delle parti invochi l’autorità di una sentenza a sè favorevole, ma non ancora definitiva, così limitando la clausola di esclusione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, al solo art. 337, c.p.c., comma 1 (cfr. Cass. n. 23480/2017; conforme Cass. n. 12900/2018);

2.6. in definitiva, fatti salvi soltanto i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione specifica ed in modo che debba attendersi che sulla causa pregiudicante sia pronunciata sentenza passata in giudicato, quando fra due giudizi esiste rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, è possibile la sospensione del giudizio pregiudicato soltanto ai sensi dell’art. 337 c.p.c. (cfr. Cass. n. 21505/2013);

2.7. nel caso in esame l’Agenzia ricorrente ha sostanzialmente e principalmente lamentato la violazione dell’efficacia riflessa del giudicato sotto il corretto profilo che la sentenza, emessa nella causa pregiudicante relativamente all’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, non poteva avere automatica influenza sulla legittimità dell’atto emesso nei confronti del socio per maggiore reddito di partecipazione, in assenza del giudicato sul punto, mentre avrebbe, tutt’al più, potuto giustificare la sospensione del processo;

2.8. ribadito anche in tale sede che i principi del giudicato esterno consentono di attribuire efficacia riflessa alle sole sentenze definitive (cfr. Cass. nn. 12521/2019 in motiv., 999/2016, 16615/2015, 2901/2013), la CTR, nel riconoscere portata decisiva alla pronuncia, emessa da altra CTR, che in altro, separato, procedimento, aveva annullato l’accertamento dei maggiori utili della società di capitali che costituivano il presupposto per il successivo atto impositivo nei confronti del socio per maggior reddito da partecipazione, ha dunque attribuito efficacia vincolante a tale sentenza che, però, non risulta passata in giudicato;

2.9. deve al riguardo rilevarsi che sussiste effettivamente rapporto di pregiudizialità – dipendenza tra la causa avente ad oggetto la statuizione sui maggiori utili della società e quella, conseguente, relativa al maggior reddito da partecipazione del socio;

2.10. considerato che le cause non erano riunite, la CTR ha quindi erroneamente esteso, in via automatica, alla causa “dipendente” l’efficacia di una pronuncia, pregiudiziale, che non era ancora definitiva, in violazione dei principi in materia di giudicato esterno, che attribuisce tale efficacia riflessa alle sole sentenze definitive, non applicando correttamente il citato orientamento giurisprudenziale;

2.11. in attesa della definizione della causa pregiudiziale la CTR, qualora non avesse ritenuto di sospendere il presente giudizio ai sensi dell’art. 337 c.p.c., avrebbe potuto decidere l’appello del contribuente solo sulla base di eventuali questioni dallo stesso dedotte, fondate su vizi formali dell’atto notificato o comunque esclusivamente rapportabili al socio ed estranee all’accertamento già effettuato nei confronti della società;

3. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, va accolto il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, respinto il primo, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale della Commissione Tributaria della Puglia, in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 23ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 11 febbraio 2020

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