Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3190 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. I, 11/02/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20311/2008 proposto da:

IMAD S.R.L. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE

PARIOLI 180, presso l’avvocato BRASCHI Francesco, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO ROMANO, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CASA ALBERGO AZZURRA S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CELIMONTANA 38, presso l’avvocato PANARITI Paolo, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONZI PIERFRANCO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 254/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 14/03/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/12/2009 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;

lette le conclusioni scritte del Cons. Deleg. Dott. CECCHERINI:

sussistono i presupposti per una decisione del ricorso in Camera di

consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., n. 5.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso che:

– con lodo parziale rituale di diritto in data 23 novembre 2004, gli arbitri nominati dalle parti annullarono il contratto d’associazione in partecipazione concluso tra l’IMA) s.r.l. e la Casa Albergo Azzurra s.r.l., per violenza morale esercitata dall’Avv. G. G. sulla Signora C.A., amministratrice della Casa albergo Azzurra s.r.l., minacciandola di chiedere la restituzione di un mutuo concesso in precedenza e di notule di prestazioni professionali, e di ritirare la sua assistenza professionale, e notificandole quasi contestualmente tre domande d’arbitrato, comportamenti invalidanti il consenso perchè diretti ad ottenere un vantaggio ingiusto, e cioè un risultato abnorme e diverso da quello conseguibile attraverso l’esercizio del diritto, nonchè esorbitante ed iniquo rispetto all’oggetto di questo;

– con sentenza in data 14 marzo 2003, la Corte d’appello di Brescia ha rigettato l’impugnazione del predetto lodo arbitrale, affermando che gli arbitri avevano accertato l’ingiustizia del vantaggio perseguito dall’Imad e che la valutazione del buon governo fatto dagli arbitri delle risultante processuali sfugge al giudizio di legittimità; e che pure estranee al giudizio d’impugnazione sono le circostanze di fatto relative all’evoluzione dei rapporti personali tra C.A. e l’avvocato G., e l’accertamento dell’anteriorità del raggiungimento dell’accordo contrattuale in esame rispetto alle iniziative del professionista e all’instaurazione delle procedure arbitrali contro la signora C.;

– contro la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Imad s.r.l. con due motivi;

– il primo di essi, denunciando la violazione dell’art. 1438 c.c., in relazione all’art. 829 cpv. c.p.c., deduce che i motivi di censura sollevati contro la decisione arbitrale costituivano censure di diritto e non doglianze circa il non corretto apprezzamento delle risultanze istruttorie, e che il collegio arbitrale avrebbe dovuto individuare i vantaggi ingiusti conseguiti da Imad attraverso il contratto sottoposto a violenza morale, e il carattere esorbitante ed iniquo del diritto che si faceva valere, propone i quesiti:

1. se violi l’art. 1438 c.c., il giudice di merito che omette di valutare l’iniquità e l”esorbitanza del diritto che la parte contraente o un terzo minaccia di far valere nei confronti dell’altra per determinare la conclusione del contratto;

2. se violi l’art. 1438 c.c., il giudice che omette di valutare l’ingiustizia subita dal contraente con la conclusione di un contratto determinato da violenza morale 3. se la deduzione degli elementi essenziali dell’art. 1438 c.c., costituisca valido motivo di nullità del lodo ex art. 829 c.p.c., comma 2;

– il secondo mezzo d’impugnazione, denunciando la violazione degli artt. 228 e 229 c.p.c., deduce essere stato allegato che la violenza morale non aveva inciso sulla volontà negoziale, che Casa Albergo Azzurra aveva già precedentemente manifestato con il contratto concluso nel (OMISSIS), e propone i quesiti:

4. se costituisca motivo di nullità del lodo ex art. 829 c.p.c., comma 2, l’omessa applicazione, alle dichiarazioni contenute nella memoria 9 giugno 2003 personalmente sottoscritta da Casa albergo azzurra, (in cui si legge che il contratto era stato stipulato in forza di scrittura privata nel mese di giugno 1999 e trasfuso in atto pubblico il 21 settembre 1999) degli artt. 228 e 229 c.p.c.;

5. se costituisca motivo di nullità del lodo aver ritenuto, sulla base di tale omissione, insussistente la circostanza allegata dalla ricorrente, dell’anteriorità della scrittura privata del giugno 1999 alla violenza morale;

6. se costituisca motivo di nullità del lodo ex art. 829 c.p.c., comma 2, aver ritenuto il contratto (OMISSIS) riferimento negoziale e temporale dal quale far discendere l’annullabilità ex art. 1438 c.c.;

– la causa è stata trattata in Camera di consiglio, a seguito della relazione depositata a norma dell’art. 375 c.p.c., n. 5;

si osserva quanto segue.

I primi tre motivi, per violazione dell’art. 1438 c.c., sono formulati come censure al lodo arbitrale, ma non sottopongono a critica la sentenza, secondo la quale gli arbitri non avevano violato la norma, perchè avevano espresso le ragioni del loro convincimento circa l’ingiustizia del danno minacciato.

Il quarto quesito propone, congiuntamente al quinto che ne dipende nella sua stessa formale enunciazione, una questione di valutazione della portata confessoria di dichiarazioni rese agli arbitri dalla controparte in una memoria, questione che nella sentenza non trova alcun riscontro, avendo la corte territoriale affermato l’estraneità al giudizio d’impugnazione della questione di fatto dell’anteriorità della manifestazione di volontà contrattuale alla violenza morale (ma non è questo il punto censurato con il mezzo in esame), e che pertanto non potrebbe decidere l’esito del giudizio.

Il sesto motivo assume un elemento di fatto (la datazione del contratto annullato) utilizzato dagli arbitri, a fondamento di una violazione di legge (dedotta perciò sotto la rubrica dell’art. 829 c.p.c., comma 2, nel testo anteriore alla Novella n. 40 del 2006), e precisamente dell’art. 1438 c.c., che stabilisce in quali casi la minaccia di far valere un diritto è causa di annullamento del contratto, con una commistione di questioni di fatto e di diritto, che non consente risposta univoca.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della parte ricorrente alle spese, liquidate come in dispositivo.

PQM

La corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte Suprema di Cassazione, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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