Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31897 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. III, 06/12/2019, (ud. 30/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31897

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11901-2018 proposto da:

MECCANICA B. SRL in persona del legale rappresentante

B.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. AVEZZANA 6, presso

lo studio dell’avvocato MATTEO ACCIARI, rappresentata e difesa

dall’avvocato BRUNO GUARALDI;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA in persona del procuratore speciale Dott.

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA, 86/90,

presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CORAIN, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RICCARDO ROSSOTTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2101/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 28/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/10/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato BRUNO GUARALDI;

udito l’Avvocato MAURIZIO CORAIN.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Meccanica B. s.r.l. propose opposizione innanzi al Tribunale di Torino avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore di Toro Assicurazioni s.p.a. (in seguito Generali Italia s.p.a.) per l’importo di Euro 30.000,00 quale rimborso della franchigia relativa all’importo di Euro 300.000,00 corrisposto ad G.A., per i danni conseguenti al sinistro cagionato da motozappa prodotta da Meccanica B., a seguito di transazione dopo che il G. aveva convenuto in giudizio Meccanica B. per il risarcimento del danno (il giudizio, nel quale era intervenuta la società assicuratrice, producendo l’atto – di quietanza, si era concluso con la dichiarazione di cessazione della materia del contendere). Si costituì la parte opposta chiedendo il rigetto dell’opposizione.

2. Il Tribunale adito rigettò l’opposizione.

3. Avverso detta sentenza propose appello Meccanica B.. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

4. Con sentenza di data 28 settembre 2017 la Corte d’appello di Torino rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che nell’art. 1 delle condizioni generali era previsto lo scoperto del 10% a carico dell’assicurato per ciascun sinistro, mentre l’art. 2 prevedeva la copertura per i prodotti messi in circolazione nei territori di qualsiasi Paese (salvo USA e Canada), sicchè la franchigia era prevista anche per i prodotti messi in circolazione in Italia, e che tale era il tenore letterale della polizza, mentre la distinzione dei mercati dei vari Paesi nel questionario allegato alla polizza aveva il solo scopo di consentire all’assicuratore di valutare il rischio rispetto ai vari territori di vendita diretta dei prodotti compresi nella copertura. Aggiunse che il Tribunale era giunto alla conclusione che la transazione non contrastava con gli interessi dell’assicurato sulla base della CTU svolta sulla motozappa (secondo cui la presenza di un secondo sistema di sicurezza denominato “leva antinfortunistica di retromarcia” avrebbe evitato l’infortunio – il G. era caduto dalla motozappa, la quale non si era arrestata provocando il sinistro), della CTU medico legale da cui era emersa una invalidità permanente pari al 39-40%, di quanto previsto dalle tabelle del Tribunale di Milano per il danno non patrimoniale e della possibile personalizzazione, della domanda di risarcimento del danno patrimoniale, dell’incidenza di interessi e rivalutazione nonchè delle spese giudiziali. Osservò ancora che non era rilevante che l’attore avesse indicato una causa tecnica diversa in quanto la domanda era comunque fondata sulla difettosità del prodotto e che, a fronte del motivo di appello relativo alla limitazione in domanda del quantum del danno non patrimoniale ad Euro 93.310,00, il Tribunale nel decidere sulla domanda risarcitoria non era vincolato alla valutazione dell’entità del danno non patrimoniale compiuta dalla parte nella citazione, nè al parametro da utilizzare per la quantificazione di tale danno. Precisò sul punto che nella citazione era stata proposta anche la domanda relativa al danno patrimoniale, da liquidare equitativamente, e che se il Tribunale avesse deciso il merito in senso favorevole all’attore avrebbe dovuto tenere conto della giurisprudenza di legittimità sull’uso delle Tabelle di Milano (Cass. n. 12408 del 2011), oltre interessi, rivalutazione e spese giudiziali, sicchè il dovuto, come ricostruito dal giudice di primo grado, sarebbe stato superiore ad Euro 300.000,00. Aggiunse inoltre che il motivo di appello relativo alla mancata considerazione degli errori tecnici commessi dai difensori e dal consulente di parte (professionisti incaricati dall’assicuratore) era inammissibile in quanto l’appellante non aveva spiegato anche l’incidenza causale delle condotte segnalate (mancata consultazione del cliente – tardiva costituzione in giudizio – difesa costruita in vitro – scelta di un consulente di parte che non si era relazionato con Meccanica B. e che non aveva depositato un relazione) rispetto all’accordo raggiunto in corso di causa e ritenuto svantaggioso. Osservò quindi, circa il motivo relativo all’inadempimento dell’assicurazione ed al concorso di colpa, che: il Tribunale aveva verificato l’esatto adempimento da parte dell’assicuratore nella gestione della lite; il riferimento all’art. 1227 c.c. non era pertinente perchè l’assicuratore non aveva agito quale danneggiato ma quale contraente tenuto ad indennizzare l’assicurato pagando una somma al netto della franchigia; difettando l’inadempimento il Tribunale non era tenuto ad accertare l’esistenza del credito risarcitorio opposto in compensazione. Aggiunse, con riferimento al motivo di appello relativo all’omessa pronuncia sulla costituzione dell’assicuratore (asseritamente illecita) con il difensore che aveva in precedenza difeso Meccanica B. (esponendo una tesi contraria all’ex cliente), che tali fatti non erano stati allegati con l’opposizione e con la prima memoria del 30 luglio 2013, sicchè non potevano essere valutati in appello. Infine, circa l’istanza di cancellazione di frase, la parte di sentenza non era suscettibile di impugnazione, stante il carattere ordinatorio del provvedimento.

5. Ha proposto ricorso per cassazione Meccanica B. s.r.l. sulla base di nove motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. E’ stata depositata memoria di parte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1370 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, il contratto attribuisce al questionario, e quindi alla piena considerazione di quattro zone del pianeta anche ai fini della franchigia, piena valenza di integrazione della polizza, sicchè doveva concludersi nel senso che la franchigia era stata pattuita solo per i sinistri avvenuti in luoghi diversi dall’Italia.

2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1176,1218,1703,1710 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva la ricorrente che in ordine alla lamentata mala gestio del sinistro la motivazione della sentenza è apparente, avendo estrapolato passaggi della sentenza di primo grado, senza prendere in considerazione che è il mandatario a dover provare l’adempimento dell’obbligazione e senza considerare che l’onere della prova non era stato assolto.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva la ricorrente che è errato, alla luce del principio della domanda, affermare che il Tribunale non era vincolato alla valutazione dell’entità del danno compiuta dalla parte in citazione e che altrettanto errato è affermare che il Tribunale non era vincolato anche al parametro da utilizzare per la quantificazione di tale danno, posto che il G. non aveva mai chiesto l’applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano. Aggiunge che la corte territoriale non motiva sulla richiesta di “danno esistenziale”, dal G. quantificata in citazione in Euro 10.000,00, e che il danno patrimoniale non solo non era stato quantificato ma neanche provato.

4. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 343 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di un fatto storico, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che alla pagina 30 e seguente dell’atto di appello era stato indicata, sommariamente ma chiaramente, l’incidenza causale che la Corte d’appello afferma non essere stata chiarita e che alla pag. 19 sono stati elencati i contegni omissivi e negligenti del consulente di parte e dei legali dell’assicuratore, ed in particolare per ciò che attiene alla completa mancanza di relazione con l’assicurato.

5. Con il quinto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1176,1218,1703,1710 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 112 e 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva la ricorrente che, avendo il G. nell’atto di citazione affermato che la causa del sinistro sarebbe stata la rottura della leva di sicurezza, il fatto che poi il CTU avesse rinvenuto un difetto ulteriore, e cioè la mancanza di un secondo dispositivo di sicurezza, non poteva consentire, in mancanza di tempestiva allegazione processuale da parte del G., di rendere responsabile l’assicurato del difetto individuato dal CTU.

6. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., artt. 99,112 e 115 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osserva la ricorrente che il G. aveva chiesto la condanna al pagamento della somma di Euro 93.310,00 per danno biologico ed Euro 10.000,00 per danno esistenziale, nonchè il risarcimento per le spese mediche ed il danno patrimoniale in via equitativa e secondo quanto provato in corso di causa, e che la società assicuratrice ha riconosciuto in via transattiva una somma tre volte superiore, senza peraltro tenere conto dell’assoluta probabilità di insuccesso dell’eventuale tentativo di modifica della domanda formulata in citazione.

7. Con il settimo motivo si denuncia omesso esame di fatto storico, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che nella memoria del 30 luglio 2013 ai sensi dell’art. 183 c.p.c. innanzi al Tribunale era stato allegato il fatto che la società assicuratrice aveva incaricato uno degli stessi difensori di Meccanica B., nel processo instaurato dal danneggiato, affinchè si costituisse nell’interesse dell’assicuratore contro l’assicurato una volta che questi aveva revocato il mandato, e che il giudice di appello per una evidentissima svista ha affermato che il fatto non risulta allegato, nè con l’opposizionei nè con la memoria del 30 luglio 2013. Aggiunge che nella detta memoria era stata indicata la ragione di illiceità di tale comportamento, allegando la circostanza come argomento di inadempimento degli obblighi verso l’assicurato.

8. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 89 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che, in relazione ad espressione offensiva per la quale il Tribunale aveva disatteso la relativa istanza di cancellazione e di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 89, il giudice di appello, nonostante che la controparte avesse aderito all’istanza di cancellazione, ha ritenuto erroneamente (quanto meno per ciò che concerne l’istanza di risarcimento) la parte di sentenza in questione non impugnabile.

9. Con il nono motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 89 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che la società assicuratrice ha accusato il difensore della medesima ricorrente di avere avuto una condotta deontologicamente scorretta (per avere prodotto corrispondenza riservata intercorsa fra i precedenti legali) e che il giudice di appello ha omesso di pronunciare in ordine all’istanza di cancellazione e di risarcimento ai sensi dell’art. 89.

10. Il primo motivo è inammissibile. La censura attiene al risultato interpretativo e dunque al giudizio di fatto. In tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (fra le tante Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465).

11. Il secondo motivo è infondato. La motivazione non è apparente avendo la corte territoriale per un verso recepito la motivazione del Tribunale, indicandone in dettaglio i relativi passaggi, per l’altro giustificato tale adesione sulla base della CTU, la quale aveva concluso nel senso che la presenza di un secondo sistema di sicurezza denominato “leva antinfortunistica di retromarcia” avrebbe evitato l’infortunio.

Quanto al resto della censura va rammentato che, una volta che ricorra il positivo accertamento da parte del giudice di merito della vicenda intercorsa, come nel caso di specie, non viene in rilievo la regola sull’onere della prova, la quale trova applicazione solo in presenza di fatto rimasto ignoto (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; 16 giugno 2000, n. 8195; 7 agosto 2002, n. 11911; 21 marzo 2003, n. 4126). Infine di competenza del giudice di merito (e non sindacabile in sede di legittimità, salvo per vizio motivazionale) è il giudizio relativo all’assolvimento degli oneri probatori.

12. Il terzo, il quinto ed il sesto motivo, da valutare unitariamente in quanto connessi, sono inammissibili. Le censure, benchè formulate in termini di errore di diritto, attengono in realtà al giudizio di fatto perchè ineriscono alla valutazione che il giudice di merito ha svolto della condotta dell’assicuratore in relazione all’adempimento dei propri obblighi relativi alla gestione della lite fra l’assicurato ed il danneggiato. Che nell’esercizio del proprio sindacato circa la corretta gestione della lite il giudice di merito abbia apprezzato questioni di diritto non esclude la natura di giudizio di fatto dell’accertamento compiuto in quanto le questioni di diritto non sono venute in rilievo in quanto tali, ma in quanto elementi fattuali da apprezzare ai fini del giudizio di esatto adempimento dell’obbligazione dell’assicuratore.

Trattasi all’evidenza di giudizio di fatto non sindacabile nella presente sede di legittimità se non nei limiti del vizio motivazionale, nella specie non specificatamente denunciato.

13. Il quarto motivo è inammissibile. Il giudice di appello ha rilevato che il motivo di appello relativo alla mancata considerazione degli errori tecnici commessi dai difensori e dal consulente di parte era inammissibile in quanto l’appellante non aveva spiegato anche l’incidenza causale delle condotte segnalate rispetto all’accordo raggiunto in corso di causa e ritenuto svantaggioso. Il rilievo di inammissibilità del motivo di appello attiene al difetto di specificità del medesimo. Con il motivo di censura risulta assolto l’onere processuale di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, avendo la ricorrente indicato le pagine dell’atto di appello ove il motivo di impugnazione sarebbe contenuto ed il tema del motivo. L’assolvimento dell’onere processuale consente al Collegio di accedere agli atti stante la natura processuale della violazione denunciata.

Gli errori in questione sono posti nell’atto di appello in relazione al giudizio (ai fini dell’evocazione in giudizio del soggetto che avrebbe fornito a Meccanica B. la leva che si sarebbe rotta ed ai fini dell’influenza sullo svolgimento della CTU), mentre nella sentenza si fa riferimento all’incidenza causale rispetto all’accordo transattivo. La censura resta estranea alla ratio decidendi perchè la mancata incidenza causale delle condotte in questione è posta in relazione, nella decisione impugnata, all’accordo transattivo e non rispetto al giudizio, ossia in relazione alle iniziative da assumere nel processo.

14. Il settimo motivo è inammissibile. Benchè la censura sia stata formulata in rubrica come denuncia di vizio motivazionale, con il motivo si denuncia, come risulta da quanto esplicitamente affermato dalla ricorrente, una svista del giudice di merito, che non avrebbe percepito che nella memoria del 30 luglio 2013 era contenuta l’allegazione della condotta in questione. Trattasi chiaramente di denuncia di errore di percezione avente natura di errore revocatorio per il quale il rimedio non è il ricorso per cassazione,ma l’istanza di revocazione.

15. L’ottavo motivo è inammissibile. Il provvedimento di cancellazione delle espressioni sconvenienti od offensive riveste una funzione meramente ordinatoria, avente rilievo esclusivamente entro l’ambito del rapporto endoprocesusuale tra le parti, ed ha contenuto di puro merito, sicchè della relativa contestazione non può farsi questione dinanzi al giudice di legittimità (fra le tante da ultimo Cass. 28 aprile 2017, n. 10517). Il riconoscimento della sussistenza dei presupposti per il risarcimento del danno di cui all’art. 89 c.p.c. costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 26 luglio 2002, n. 11063).

16. Il nono motivo è inammissibile. La valutazione da parte del giudice di merito sul carattere sconveniente o offensivo di espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all’oggetto della lite, nonchè l’emanazione o meno dell’ordine di cancellazione delle medesime a norma dell’art. 89 c.p.c. integrano esercizio di potere discrezionale, non censurabile in sede di legittimità, e l’istanza volta alla cancellazione costituisce una mera sollecitazione per l’applicazione dell’anzidetto potere discrezionale, sicchè l’omesso esame di essa non può formare oggetto di impugnazione in sede di legittimità (fra le tante Cass. 7 luglio 2004, n. 12479).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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