Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31896 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. III, 06/12/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22757/2018 proposto da:

ASL NAPOLI (OMISSIS), in persona del Direttore Generale Dott.

F.M., legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA SAN NICOLA DA TOLENTINO 50, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO VETROMILE RICCIULLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato INNOCENZO MILITERNI;

– ricorrente –

contro

GE MED SRL, COMMERCIO & FINANZA SPA LEASING E FACTORING;

– intimati –

nonchè da:

GE.ME.D. SRL in persona del legale rappresentante p.t. Dott.

P.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI AVIGNONESI 5,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA ABBAMONTE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MAURO FIERRO;

– ricorrente incidentale –

contro

ASL NAPOLI (OMISSIS), in persona del Direttore Generale Dott.

F.M. legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA SAN NICOLA DA TOLENTINO 50, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO VETROMILE RICCIULLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato INNOCENZO MILITERNI;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 356/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 23/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/10/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

la GE.MED. s.r.l. e la Commercio & Finanza s.p.a. – Leasing e Factoring convennero in giudizio la A.S.L. Napoli (OMISSIS) e la Regione Campania chiedendone la condanna al pagamento di oltre 96.000,00 Euro per interessi D.Lgs. n. 231 del 2002, ex art. 5, a fronte del ritardo con cui erano stati corrisposti i compensi per prestazioni sanitarie fornite dalla GE.MED agli assistiti dal S.S.N., in regime di accreditamento, negli anni 2004, 2005 e 2006;

il Tribunale di Napoli dichiarò il difetto di legittimazione passiva della Regione Campania e rigettò la domanda proposta nei confronti della A.S.L.;

pronunciando sul gravame delle soccombenti, la Corte di Appello di Napoli ha condannato la A.S.L. al pagamento, in favore della GE.MED. e della Commercio & Finanza, “degli interessi nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002, sulle somme dovute dalla ASL alla Gemed per le prestazioni sanitarie inerenti il triennio 2004-2006 con decorrenza ex L. 231/2002 sino all’effettivo soddisfo”;

ha proposto ricorso per cassazione la A.S.L. Napoli (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi; la GE.MED s.r.l. ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale basato su un unico motivo.

Considerato quanto al ricorso principale, che:

col primo motivo, che denuncia la violazione dell’art. 1260 c.c. (“legittimazione attiva della GE.MED. srl. Difetto. Omessa motivazione. Nullità della sentenza”), la ricorrente deduce che, nell’atto di citazione, le attrici avevano dichiarato che i crediti della GE.MED avevano formato oggetto di cessione pro soluto in favore della Commercio & Finanza s.p.a. e lamenta che il giudice di secondo grado ha omesso di rilevare il difetto di legittimazione ad agire della GE.MED., osservando come tale difetto possa essere eccepito in ogni stato e grado del giudizio e possa essere rilevato d’ufficio dal giudice;

il motivo – attinente più propriamente all’asserito difetto di titolarità della posizione soggettiva attiva – è inammissibile: l’eccezione e il rilievo di difetto di titolarità della posizione soggettiva, pur ammissibili anche in sede di legittimità, incontrano tuttavia il limite del giudicato (cfr. Cass. S.U. n. 2951/2016, in motivazione, al punto 65), che – nel caso – è intervenuto a seguito della mancata impugnazione della statuizione di primo grado che aveva affermato la legittimazione attiva della GE.MED. s.r.l.;

il secondo motivo (che denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c., nonchè “motivazione apparente” e “nullità della sentenza”) censura la Corte di merito per non avere considerato che la GE.MED. aveva già formulato, in precedenza, richiesta di pagamento degli interessi moratori ex D.Lgs. n. 231 del 2002, a mezzo di istanze monitorie volte al pagamento della sorte capitale, e “conseguentemente aveva già “consumato” la relativa azione”;

il motivo è infondato sotto ogni profilo;

non ricorre motivazione apparente, in quanto la Corte ha spiegato come i precedenti decreti ingiuntivi fossero stati emessi con applicazione degli interessi nella misura legale anzichè in quella maggiore prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002 e che la A.S.L. non aveva fornito indicazioni chiare circa il preciso oggetto dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo che sarebbero stati pendenti;

non opera alcun effetto preclusivo da giudicato, atteso che “il decreto ingiuntivo non opposto acquista efficacia di cosa giudicata solo in relazione al diritto consacrato e non con riguardo alle domande o ai capi di domanda non accolti (ovvero alle pretese ricollegabili alla domanda monitoria ma non specificamente dedotte), dato che la regola contenuta nell’art. 640 c.p.c., u.c. – secondo la quale il rigetto della domanda di ingiunzione non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in sede ordinaria – trova applicazione sia in caso di rigetto totale della domanda di ingiunzione che in ipotesi di rigetto parziale e, quindi, di accoglimento solo in parte della richiesta” (Cass. n. 24373/2006, conforme a Cass., S.U. n. 4510/2006); deve pertanto ritenersi che la circostanza che, a fronte della richiesta di pagamento degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, la GE.MED. si sia vista riconoscere – in sede monitoria – gli interessi nella sola misura legale, non abbia esplicato effetti di un giudicato reiettivo della richiesta dei maggiori interessi e non precludesse quindi la riproposizione della domanda in via ordinaria;

col terzo motivo (“violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 1175,1375 c.c. e art. 111 Cost., nonchè erronea interpretazione del principio nomofilattico delle Sezioni Unite di cui alla pronuncia 15 novembre 2007 n. 23726. Motivazione apparente. Nullità della sentenza”), la ricorrente lamenta che la Corte di merito non ha considerato che le attrici avevano violato il divieto di frazionamento del credito;

il motivo è infondato, in quanto non vi è stato alcun ingiustificato frazionamento del credito e/o abuso della tutela processuale da parte della GE.MED. s.r.l., poichè il pagamento degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, è stato richiesto (in via ordinaria) dopo che era stato negato (benchè domandato) in sede monitoria; l’azione separata non è stata dunque il frutto di una deliberata scelta processuale del creditore, ma ha costituito una naturale conseguenza del mancato accoglimento della pretesa in sede monitoria;

il quarto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, “nonchè erronea interpretazione del principio nomofilattico di cui alla pronuncia della Corte di Cassazione 13 luglio 2017 n. 17341. Omessa motivazione. Nullità della sentenza”: premesso che, sulla base dei più recenti orientamenti di legittimità, la Corte di merito ha ritenuto che il rapporto fra la A.S.L. e la struttura sanitaria accreditata configurasse una transazione commerciale, la ricorrente rileva che la stipulazione di un contratto tra l’ente pubblico e la struttura accreditata costituisce “condizione indispensabile per l’applicazione della normativa di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002” ed evidenzia che “nel caso in esame, il giudice di secondo grado ha omesso di rilevare che le attuali società resistenti non avevano esibito gli accordi regolamentanti le modalità di pagamento delle fatture relative agli anni 2005 (…) e 2006”, omissione che avrebbe dovuto comportare il rigetto dell’appello;

il motivo è inammissibile in quanto svolge una censura generica che non investe adeguatamente l’assunto della sentenza impugnata secondo cui “l’esistenza dell’accordo contrattuale è stato debitamente assolto dalle appellanti, mediante produzione documentale nel giudizio dinanzi al Tribunale, documenti specificatamente richiamati dal giudice di primo grado”.

Considerato, quanto al ricorso incidentale, che:

con l’unico motivo, la GE.MED. s.r.l. denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all'”omessa quantificazione dell’importo oggetto di condanna”: deduce di avere richiesto, fin dalla domanda introduttiva, sia il riconoscimento del diritto ad ottenere gli interessi nella misura prevista dal D.Lgs. n. 231 del 2002, sia la condanna della A.S.L. al pagamento di un importo determinato in ragione dell’applicazione degli interessi, quantificandolo in 96.397,42 Euro, e lamenta che la Corte di Appello si è limitata ad emettere una condanna generica, senza pronunciarsi sulla richiesta di condanna specifica;

il motivo è fondato: infatti, dalla verifica ex actis – consentita a questa Corte dalla natura del vizio denunciato – emerge che la GE.MED. aveva formulato, con l’originario atto di citazione, le richieste trascritte in controricorso, domandando la condanna al pagamento degli interessi nell’importo di 96.397,42 Euro, e che tali conclusioni erano state reiterate con l’atto di appello; ne consegue che, omettendo di quantificare l’importo dovuto dalla ASL, la Corte di Appello non ha pronunciato sull’intera domanda, incorrendo nella denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c.;

la sentenza va dunque cassata in relazione a tale motivo, con rinvio alla Corte territoriale che, in diversa composizione, dovrà procedere alla quantificazione dell’importo dovuto dalla ASL;

la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite;

sussistono, in relazione al ricorso principale, le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, accoglie l’incidentale, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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