Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3189 del 12/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3189 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: LA TERZA MAURA

ORDINANZA
sul ricorso 21757-2011 proposto da:
FONDO PENSIONI PER IL PERSONALE DELLA EX CASSA
RISPARMIO DI TORINO – BANCA CRT SPA 80063850012, già
Fondo Pensioni per il personale della Cassa di Risparmio di Torino, in
persona del suo Presidente e legale rappresentante, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44, presso lo
studio dell’avvocato PERSIANI MATTIA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BERTOLA MAURIZIO giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PACOTTO GIOVANNI MARIA PCTGNN37T15L219T,
elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato IACOVIELLO

Data pubblicazione: 12/02/2014

MICHELE giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso
incidentale;

– con troricorrente e ricorrente incidentale nonché contro

RISPARMIO DI TORINO – BANCA CRT SPA 80063850012, già
Fondo Pensioni per il personale della Cassa di Risparmio di Torino, in
persona del suo Presidente e legale rappresentante, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44, presso lo
studio dell’avvocato PERSIANI MATTIA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BERTOLA MAURIZIO giusta
procura a margine del ricorso;

– controricorrente al ricorrente inciddentale- ricorrenti incidentali – ricorrenti incidentali nonchè contro
– intimati avverso la sentenza n. 282/2011 della CORTE D’APPELLO di
TORINO del 5/03/2011, depositata il 10/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2013 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;
udito l’Avvocato Persiani Mattia difensore del ricorrente che si riporta
agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che ha
concluso come da relazione.

Ric. 2011 n. 21757 sez. ML – ud. 10-10-2013
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FONDO PENSIONI PER IL PERSONALE DELLA EX CASSA

21757/2011 Fondo Pensioni Cassa Risparmio Torino c. Paccotto Giovanni Maria
Corte Suprema di Cassazione
Sezione Sesta Civile
Ordinanza

con cui il Fondo Pensioni per il Personale della Cassa di Risparmio di Torino era stato condannato
ad erogare a Paccotto Giovanni Maria dipendente, cessato dal servizio dopo il primo gennaio
1993, la differenza della pensione integrativa tra quanto erogato e la maggior somma spettante con
l’inclusione della indennità di vacanza contrattuale. La Corte adita osservava che il CCNL del
19.12.94 prevedeva la indennità di vacanza contrattuale anche per il personale cessato dal servizio
nel 1993, ma ne escludeva il computo ai fini del trattamento di previdenza e quiescenza salvo
diversa previsione dello Statuto; che lo Statuto del Fondo, approvato con D.P.R. n. 469 del 1973, il
quale aveva incluso nella retribuzione pensionabile gli importi dovuti per contratti o accordi aventi
effetto retroattivo (art. 31, n. 12) e qualunque altra indennità corrisposta con carattere continuativo
(art. 31, n. 11); che era controversa tra le parti proprio l’applicazione del predetto Statuto, poiché il
Fondo sosteneva che era invece applicabile quello successivo, approvato il 26 maggio 1994,
sottoposto a referendum tra gli iscritti e decorrente dal primo gennaio 1993, il quale non
riproduceva le previsioni di cui ai citati nn. 11 e 12 dell’art. 31, per cui nella pensione integrativa
non doveva essere computata l’indennità di vacanza contrattuale.
Avverso detta sentenza il Fondo soccombente ricorre.
Resiste il pensionato con controricorso e ricorso incidentale condizionato.
Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ. di manifesta fondatezza del ricorso principale;
Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili;
Questa Corte si è infatti già pronunciata sulla questione con la sentenza n. 1468 del 02/02/2012 e
con altre conformi, con cui si è affermato che << In ordine al trattamento pensionistico del personale degli enti creditizi privatizzati, le modifiche statutarie del fondo integrativo ad esaurimento, ex fondo esonerativo, di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 357 del 1990, nel quale sono stati iscritti i dipendenti in servizio al 31 dicembre 1990, sono soggette al regime di approvazione previsto dall'art. 14 della legge n. 335 del 1995 per i fondi di previdenza complementare, salva l'esenzione da ogni procedura di approvazione per le delibere anteriori all'iscrizione nell'albo di cui all'art. 18, comma 6-bis, del d.lgs. n. 124 del 1993, inserito dall'art. 59, comma 40, della legge n. 449 del 1997. >> In applicazione dell’affermato principio, la S.C., nel ritenere esente da requisiti di
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Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Torino confermava la statuizione di primo grado

approvazione e autonomamente efficace la modifica statutaria del fondo integrativo per il personale
della ex Cassa di Risparmio di Torino deliberata in data 26 maggio 1994, ha cassato la sentenza
impugnata e, decidendo nel merito, ha respinto la domanda del dipendente volta ad ottenere
l’inclusione, nella base di calcolo della pensione integrativa, dell’indennità di vacanza contrattuale,
rimasta espunta per effetto di quella modifica statutaria.
La motivazione è la seguente: «La causa verte sulla seguente questione: 1. se la pensione
1994, debba o no essere comprensiva dell’indennità di vacanza contrattuale. Questa era stata
introdotta dal CCNL del 19.12.94, il quale ne disponeva la esclusione dal calcolo della pensione
integrativa, ma, faceva però salva una diversa disposizione dello Statuto del Fondo, e la riserva era
ovvia, giacché il sistema di calcolo di dette pensioni non poteva che essere dettato dallo Statuto, che
ne è la normativa regolatrice esclusiva.
2. Da ciò l’ulteriore questione, centrale nel giudizio, di quale fosse lo Statuto da applicare, essendovi
sul punto contrasto tra le parti: per il Fondo ricorrente, in caso di cessazione al 31 dicembre
1993, doveva applicarsi lo Statuto del 26 maggio 1994, le cui disposizioni decorrevano dal primo
gennaio 1993. Poiché detto Statuto pacificamente escludeva dal computo della pensione
integrativa la indennità di vacanza contrattuale (così infatti ha ritenuto la sentenza impugnata, e sul
punto non ci sono censure), l’attuale ricorrente insisteva per la infondatezza della pretesa. Diversa
era la tesi del pensionato, il quale, eccependo l’inefficacia dello Statuto deliberato nel 1994 perché
non aveva ricevuto la prescritta approvazione ministeriale, sosteneva doversi applicare il precedente
Statuto del 1973, il quale comprendeva invece nella pensione integrativa gli importi dovuti per
contratti o accordi aventi effetto retroattivo (art. 31, n. 12) e qualunque altra indennità corrisposta
con carattere continuativo (art. 31, n. 11), con conseguente suo diritto alla inclusione, nella pensione
integrativa, della indennità di vacanza contrattuale.
3. Occorre quindi decidere se lo Statuto del 1994, invocato dal Fondo regoli o no la pensione
integrativa dell’attuale controticorrente, avendo riguardo alla complessa normativa che sul punto si
è succeduta.
4. Com’è noto, con la L. 30 luglio 1990, n. 218 e con il D.Lgs. 20 novembre 1990, n. 357, è stato
profondamente modificato il sistema assicurativo dei dipendenti bancari: il fondo “esonerativo”
dell’AGO cui costoro erano iscritti, si è trasformato in fondo “integrativo”, ossia anche questo
personale è stato iscritto all’AGO, mantenendo però la tutela del vecchio fondo, il quale “integra” la
pensione erogata dall’AGO, per garantire un migliore trattamento complessivo. A detto fondo
integrativo sono stati iscritti i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1990 e non coloro che

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integrativa, erogata dal Fondo attuale ricorrente, a un dipendente cessato dal servizio il 31 luglio

sarebbero stati assunti da data successiva, lo prevede espressamente l’art. 2 del citato D.Lgs. n. 357
del 1990, si trattava quindi di un fondo ad esaurimento.
5. Il medesimo D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 5, comma 5, prescriveva che le modifiche dello Statuto
fossero assoggettate all’approvazione del Ministero del Lavoro, ed è pacifico che lo Statuto del
1994, non abbia mai ricevuto detta approvazione (pur ritenuta necessaria dalla giurisprudenza di
questa Corte, cfr. Cass. 8687/99). Occorre però verificare se, a seguito delle modifiche legislative,
gli effetti che ne derivano.
6. Vi è da rilevare che alla data di approvazione del nuovo Statuto, 26 maggio 1994, era incerto se
le modifiche statutarie dei fondi ex esonerativi dovessero ancora essere assoggettate
all’approvazione del Ministero del Lavoro, come prescritto dal D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 5,
comma 5, oppure il regime delle approvazioni fosse stato modificato perché detti fondi dovevano
rientrare nell’alveo della previdenza complementare, introdotta nell’ordinamento dal D.Lgs. n. 124
del 1993, e precisamente nelle forme pensionistiche istituite prima dell’entrata in vigore del
medesimo decreto legislativo, perché, in caso positivo, il regime delle approvazioni sarebbe stato
diverso, giacché la vigilanza e quindi l’approvazione degli Statuti è rimessa ad una Commissione
(peraltro istituita presso lo stesso Ministero del Lavoro), ai sensi citato D.Lgs. n. 124 del 1993, artt.
16 e 17. L’esistenza di questa incertezza è testimoniata dal parere richiesto al Consiglio di Stato
dell’I l gennaio 1995 (cui si fa riferimento sia in ricorso, sia in controricorso), il quale prospettò
l’esigenza di un intervento legislativo ad hoc per chiarire quale fosse il regime applicabile ai fondi
ex esonerativi.
7. L’auspicato intervento legislativo seguì ad opera della L. n. 335 del 1995, che, all’art. 14 (nel
sostituire il testo del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 17) ha espressamente contemplato “i fondi di cui
al D.Lgs. n. 357 del 1990, art. 2”, per cui si deve sicuramente concludere che la normativa in tema
di previdenza complementare, ivi compresa quella concernente la vigilanza e l’approvazione degli
statuti, si applica anche ai fondi “ex esonerativi” dei dipendenti bancari, qual e quello di cui è causa,
in tal senso si è anche pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza n. 393 del 2000.
8. È poi errato quanto si rileva nella sentenza impugnata, per cui l’attuale ricorrente poteva avere
natura di fondo di previdenza complementare, rientrante nell’ambito del D.Lgs. n. 124 del 1993,
perché un vero fondo di previdenza complementare era stato istituito solo dall’accordo tra la Banca
e le 00.SS. del 24 novembre 1993. L’argomentazione è errata perché l’accordo sindacale richiamato
in sentenza riguardava la previdenza complementare dei dipendenti assunti successivamente al
primo gennaio 1991, mentre si tratta in causa del fondo integrativo di cui al D.Lgs. n. 357 del 1990,

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detta disposizione sia stata abrogata e quindi se sia stata abolita l’approvazione ministeriale, nonché

art. 2, che era riservato a coloro che erano già in servizio alla data del 31 dicembre 1990.
conseguente alla trasformazione dal fondo medesimo da esonerativo a integrativo.
9. Ne discende che, rientrando il Fondo ricorrente nell’ambito della previdenza complementare, a
partire dalla entrata in vigore della L. n. 335 del 1995, l’approvazione dello Statuto non competeva
più al Ministero del Lavoro, ma alla Commissione di cui il D.Lgs. n. 124 del 1993, artt. 17 e 18,
come modificati dalla L. n. 335 del 1995, art. 14. Ha quindi errato la sentenza impugnata

Ministero del Lavoro e quindi, in mancanza, la sua inefficacia a regolare la pensione della parte
controricorrente.
10. Va però ulteriormente considerato che neppure la Commissione sembra avere mai provveduto
all’approvazione dello Statuto del 1994. Il Fondo ricorrente invoca però una successiva disposizione
che, secondo la sua tesi, avrebbe eliminato la necessità della approvazione, e da ciò conseguirebbe
la piena efficacia dello Statuto indicato.
Si tratta della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 59, comma 40, con cui si inserisce, al D.Lgs. n. 124
del 1993, art. 18, il comma 6 bis, il quale, dopo avere disposto che le forme di previdenza
complementare preesistenti devono essere iscritte in una sezione speciale dell’albo, tenuto dalla
Commissione, e dopo avere disposto che l’attività di vigilanza sarebbe stata espletata da parte della
Commissione secondo “piani di attività differenziati temporalmente…” prevede, nell’ultima parte
“Alle modifiche statutarie relative alle forme pensionistiche di cui al comma 1 deliberate prima
della iscrizione nella sezione speciale dell’albo dei fondi pensione disposta dalla Commissione, non
si applicano l’art. 17, comma 2, lett. b), o comunque altre procedure di autorizzazione”.
Pertanto le modificazione degli statuti, se deliberate prima della iscrizione nell’albo, non sono
soggette ne’ alla approvazione della Commissione, come pur prevedeva il D.Lgs. n. 124 del 1993,
art. 17, comma 2, lett. b), ne’ ad alcun altra autorizzazione.
11. La ratio della disposizione appare chiara: si tratta di una norma transitoria finalizzata a conferire
finalmente efficacia alle modifiche statutarie che i fondi di previdenza complementare avevano
deliberato, anche in tempi remoti, e che erano rimaste prive del provvedimento di approvazione, e
quindi inefficaci, a causa delle vicissitudini normative conseguenti alla introduzione della
previdenza complementare, che aveva modificato il regime delle approvazioni (donde la situazione
di incertezza che aveva indotto a chiedere il parere de Consiglio di Stato), trasferendole dal
Ministero del Lavoro alla Commissione di nuova istituzione, la quale, peraltro non avrebbe potuto
provvedere tempestivamente, essendo appunto previsti, per l’attività di vigilanza sui fondi già
iscritti, “piani di attività differenziati temporalmente…”.

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nell’affermare la perdurante necessità dell’approvazione dello Statuto del 1994 ad opera del

12. Quanto alla efficacia nel tempo della abolizione di detta autorizzazione, questione trattata con il
quarto motivo, ha errato la Corte territoriale nell’affermare che detta abolizione operava solo dalla
data di entrata in vigore della L. n. 449 del 1997 e quindi dal primo gennaio 1998, di talché non
poteva valere nei confronti della parte contro ricorrente, cessata dal servizio in epoca ben
precedente.
In primo luogo va considerato che l’esistenza giuridica dello statuto coincide con l’emanazione di

requisito di esecutorietà che opera ex tunc, rendendo cioè l’atto produttivo di effetti sin dalla data
della sua emanazione (cfr. tra le tante Cass. 4490/99).
Va considerato altresì che, ne’ nel D.Lgs. n. 357 del 1990, ne’ nella normativa sulla previdenza
complementare è reperibile alcuna disposizione prescrittiva del termine entro il quale lo statuto
doveva e deve essere approvato dall’autorità tutoria. Se dunque l’approvazione dello Statuto
costituiva una condizione a cui era subordinata l’efficacia dell’atto, per cui – una volta data
l’approvazione – gli effetti sicuramente retroagivano all’epoca della sua emanazione, lo stesso esito
non può non verificarsi nel caso di eliminazione dell’ approvazione: una volta eliminato l’elemento
che ne condizionava l’efficacia, non vi è più nulla che impedisca il pieno dispiegamento di tutti i
suoi effetti, ivi compresa la data di decorrenza ivi indicata, e che quindi lo statuto del 1994 debba
regolare, come da sua espressa previsione, contribuzioni e pensioni a partire dal primo gennaio
1993, incidendo così sulla posizione dell’attuale parte controcorrente.
Peraltro non è possibile ritenere che la abolizione dell’approvazione operi ex nunc, come ritiene la
sentenza impugnata, e quindi si riferisca solo alle modifiche statutarie intervenute dopo l’entrata in
vigore della legge, se si considera che, secondo il tenore letterale della norma, detta abolizione
opera esclusivamente per le modifiche statutarie intervenute “prima” dell’iscrizione all’albo e
sicuramente prima dell’entrata in vigore della legge, ossia in data anteriore al primo gennaio 1998.
La eliminazione della approvazione, peraltro attraverso l’uso di una formula perentoria, “comunque
altre procedure ai autorizzazione…”, fa sì che nulla più impedisce l’efficacia delle modificazioni, per
come tali erano state deliberate, ossia con la originaria decorrenza del primo gennaio 1993.
11. L’accoglimento dei primi quattro motivi determina la cassazione della sentenza impugnata,
senza necessità di esaminare gli altri tre, che vertono sull’interpretazione dell’accordo del 24
novembre 1993, essendo ormai accertata la efficacia dello Statuto del 1994 e quindi la esclusione
della indennità di vacanza contrattuale dalla pensione integrativa.>>
I due ricorsi vanno riuniti.
Va accolto il principale e dichiarato assorbito l’incidentale.

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esso, giacche il visto o l’approvazione dell’autorità tutoria non attiene alla sua formazione, ma è un

La sentenza impugnata va cassata. Non essendovi necessità di ulteriori accertamenti, la causa va
decisa nel merito con il rigetto della domanda di cui al ricorso introduttivo.
L’inizio della causa risalente ad epoca ben anteriore al formarsi dell’orientamento di legittimità
giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P . Q.M.
sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di cui
al ricorso introduttivo. Compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 10 ottobre 2013.

Il presidente

La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale, cassa la

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