Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31888 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. III, 06/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 06/12/2019), n.31888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10395-2018 proposto da:

T.A., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

DALEFFE GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

COMUNE MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO 2 presso lo studio dell’avvocato

FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato RUGGERO SALOMONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 374/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/01/2018;

udito lo relazione. della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con ricorso notificato il 26 marzo 2018 T.A. ricorre avverso la sentenza numero 374-2018, emessa dalla Corte d’appello di Milano e pubblicata il 23 gennaio 2018, notificata il 23 gennaio 2018 per via telematica. Il ricorso è affidato a 3 motivi e la controparte, il Comune di Milano, ha notificato controricorso per resistere.

2. La vicenda riguarda la richiesta di un risarcimento per lesioni personali subite dall’attore T.A., che mentre il (OMISSIS) si trovava a (OMISSIS), dopo aver parcheggiato la propria auto in un parcheggio a pagamento sul far della sera, alle 16:00, iniziava percorrere a piedi il controviale che costeggia i giardini pubblici della città, in direzione (OMISSIS), quando, giunto all’altezza del palo della luce n. 5, appoggiava il piede in una buca ricoperta da fogliame, cadendo rovinosamente a terra, procurandosi la frattura della gamba sinistra nella zona in cui era già presente una protesi, procurandosi serie lesioni. L’attore veniva soccorso dalla moglie lì presente che provvedeva a condurlo presso il presidio ospedaliero di (OMISSIS) in provincia di (OMISSIS), in prossimità del luogo di sua residenza. In data (OMISSIS) interveniva la polizia municipale sul luogo, la quale redigeva un verbale sullo stato dei luoghi e raccoglieva la dichiarazione testimoniale di un teste che aveva assistito all’infortunio, il parcheggiatore dell’area dal quale l’infortunato aveva acquistato il biglietto per il parcheggio. Il Comune di Milano, costituitosi in giudizio, contestava quanto sostenuto da parte attrice. Per quanto qui di interesse, il giudice di primo grado riteneva sussistere la responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c., sull’assunto che fosse provata l’anomalia del manto stradale e la caduta dell’attore, nonchè il nesso causale tra i due fatti, al lume della deposizione del teste e delle risultanze del verbale dei vigili urbani che avevano reso superflua la deposizione della moglie dell’attore, della quale era stata contestata l’attendibilità. Riteneva che sussistesse tuttavia un concorso di colpa dell’attore per non aver prestato la dovuta attenzione allo stato dei luoghi ex art. 1227 c.c., comma 10, nella misura del 50%.

3. Il giudizio di appello veniva avviato dal Comune di Milano che contestava la pronuncia, in particolare, nel punto in cui era stato ravvisato il carattere anomalo e pericoloso della buca, per essere la medesima visibile e prevedibile, ed ove era stato ritenuto, in mancanza di prova, che le lesioni riportate dall’attore derivassero dalla caduta nella buca; deduceva anche che il comportamento non avveduto dell’infortunato potesse valere quale caso fortuito idoneo ad escludere la responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.. La Corte d’appello di Milano accoglieva l’appello del Comune di Milano ritenendo che i) non si potesse ritenere raggiunta la prova che la caduta fosse avvenuta nelle circostanze di tempo e di luogo allegate, in quanto la testimonianza resa si sarebbe limitata a confermare di aver visto il signor T. quando era già a terra, senza che fosse confermata la corrispondenza del punto della caduta con alcune fotografie che ritraevano lo stato dei luoghi, mentre inattendibile doveva considerarsi la testimonianza della moglie; ii) in ogni caso, anche ipotizzando che la caduta si fosse verificata nelle circostanze dedotte, non vi sarebbe stato spazio per l’applicazione della regola di cui all’art. 2051 c.c., poichè quando il danno non sia l’effetto di un dinamismo interno della cosa, scatenato dalla sua struttura e dal suo funzionamento, ma richieda, anche l’agire umano, in particolare quello del danneggiato, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno. Il nesso causale veniva escluso perchè l’incidente si era verificato in corrispondenza di un’ irregolarità della pavimentazione stradale posta in prossimità di un tombino che, nonostante la presenza di fogliame, deve ritenersi fosse ben visibile, proprio in virtù della sua ampia estensione (cm 30 x 90): la limitatissima velocità del pedone gli avrebbe comunque consentito di avvedersi delle caratteristiche del percorso, cui i vigili urbani, nel loro verbale di sopralluogo, attribuiscono un indice generico di pericolosità perlopiù riferita alla circolazione di cicli e motocicli, senza peraltro rilevarne una specifica insidia per l’uso pedonale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 si deduce violazione degli artt. 2697 e 2727 c.c. in relazione al punto decisionale ove è stata escluso il raggiungimento della prova dell’accaduto attraverso gli elementi indiziari raccolti, con ragionamento presuntivo, senza che si sia tenuto conto dei fatti noti, in particolare della esistenza di una “buca insidiosa” sui luoghi (documentata al documento numero 34) che costituiva pericolo per gli utenti della strada, come attestato nel verbale di intervento della polizia municipale: tali elementi varrebbero a smentire la valutazione secondo cui l’unica prova attendibile era costituita dalla deposizione del teste, il parcheggiatore, che non aveva assistito direttamente alla caduta.

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. Il principio da applicarsi in tema di ragionamento presuntivo di cui all’art. 2729 c.c., è nel senso che la mancata applicazione di un ragionamento logico-deduttivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, si prospetta solo ove il giudice di merito non abbia motivato alcunchè al riguardo, altrimenti non è deducibile come vizio di violazione di norma di diritto, bensì solo ai sensi e nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ovvero come omesso esame di un fatto secondario discusso (dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale), purchè decisivo (tra le tante, cfr. Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 17720 del 06/07/2018 (Rv. 649663 – 01). La censura, invece, intende condurre questa Corte a compiere una nuova valutazione delle circostanze indiziarie compiutamente esaminate dalla Corte di merito ai fini della ricostruzione dell’occorso, laddove viene escluso che dalla testimonianza raccolta sia evincibile che l’infortunato sia caduto a causa della buca, valendo essa come elemento presuntivo logicamente non utile a ritenere l’opposto, unitamente agli altri raccolti che non attestavano che la buca costituisse un’insidia per i pedoni, in quanto visibile ed estesa. Si tratta pertanto di una ricostruzione della dinamica dell’incidente che ha tenuto conto di tutti gli elementi indiziari raccolti, secondo una ritenuta non concludenza logica dei medesimi, perchè nel loro insieme giudicati insufficienti a provare la dinamica del fatto come descritta dall’attore: la presenza della vittima vicino alla buca, non vista cadere dal teste, difatti, non è logicamente in grado di attestare che essa sia caduta a causa della buca; nè la presenza della buca, di larghe dimensioni e ben visibile, valutata come non insidiosa perchè estesa e visibile per i pedoni, è in grado di far logicamente dedurre che la vittima sia caduta a causa di un’insidia.

2. Con il secondo motivo si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 3 che la Corte d’appello avrebbe violato gli artt. 2051 e 1227 c.c., in relazione all’onere del nesso causale che l’attore doveva assolvere, inclusivo della prova di un’ intrinseca pericolosità dello stato dei luoghi; con il terzo motivo si deduce la violazione delle suddette norme per aver ritenuto la Corte d’appello idoneo il comportamento dell’attore a integrare il caso fortuito, ex artt. 2051 e 1227 c.c..

2.1. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, restano assorbiti dal mancato accoglimento del primo motivo di cui sopra, al p.1. Nella motivazione resa dalla Corte sussistono due rationes decidendi, di cui la prima è pregiudiziale, ovvero logicamente sovraordinata, rispetto alla seconda, qui in contestazione. Difatti, la prima, esclude che la caduta sia avvenuta secondo la versione dell’attore, mentre la seconda, ammesso e concesso che la dinamica coincidesse con quella descritta dall’attore, esclude che, sul piano giuridico, la caduta sia causalmente derivata da una effettiva insidia presente sul manto stradale. Pertanto le censure mosse in merito alla ricostruzione del nesso causale tra fatto ed evento, logicamente subordinate rispetto alla prima censura sulla mancata prova della dinamica dell’incidente, sono prive di rilievo.

3. Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese, che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7.200,00, oltre Euro 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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