Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31882 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. III, 06/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31882

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 7300 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del rappresentante per procura T.L. rappresentato e

difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’avvocato Claudio

Scognamiglio (C.F.: SCG CLD 62B01 F839Z);

– ricorrente –

nei confronti di:

D.G., (C.F.: (OMISSIS)), R.A., (C.F.:

(OMISSIS)) rappresentati e difesi, giusta procura allegata al

controricorso, dell’avvocato Leonardo Tani (C.F.: TNA LRD 71M25

D612V);

– controricorrenti –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Roma n.

411/2017, pubblicata in data 24 gennaio 2017;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 17

settembre 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

D.G. ed R.A. hanno agito in giudizio nei confronti del Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e della CONSOB per ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento del contratto stipulato con la banca per l’acquisto di titoli obbligazionari della Repubblica Argentina del valore nominale di Euro 96.000,00 o, in subordine, il risarcimento del danno subito per l’inadempimento della banca ai propri obblighi informativi e di tutela dell’investitore (nonchè della CONSOB ai propri obblighi di vigilanza).

Il Tribunale di Roma ha parzialmente accolto la sola domanda subordinata risarcitoria proposta nei confronti della banca, condannandola al pagamento dell’importo di Euro 84.875,80, oltre accessori, in favore degli attori.

La Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha ridotto l’importo della condanna ad Euro 78.847,25, oltre accessori.

Ricorre la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., sulla base di tre motivi.

Resistono con controricorso il D. e la R..

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

La banca ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e/o falsa dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, art. 115 c.p.c., D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 6 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Con il secondo motivo si denunzia “nullità della sentenza per omessa pronuncia su una questione che doveva ritenersi tempestivamente dedotta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)”.

Con il terzo motivo si denunzia “violazione e/o falsa dell’art. 111 Cost. e art. 345 c.p.c., comma 3, nella formulazione precedente alle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

I tre motivi del ricorso sono logicamente connessi e possono essere quindi esaminati congiuntamente.

Essi sono fondati.

La banca ricorrente sostiene che il tribunale, nell’accogliere la domanda subordinata di risarcimento del danno proposta dagli attori, sebbene abbia chiaramente affermato che a questi spettava il rimborso del capitale investito nella misura del 65%, abbia poi commisurato la somma in concreto liquidata non all’importo del suddetto capitale effettivamente investito (pari ad Euro 51.284,54) ma al valore nominale dei titoli con esso acquistati (pari ad Euro 96.000,00).

Precisa che la contestazione in relazione all’importo del capitale investito e l’allegazione del suo effettivo ammontare erano state già svolte nella comparsa di costituzione in primo grado e la questione aveva costituito specifico motivo di gravame avverso la sentenza di primo grado.

Aggiunge che, di fronte alla propria precisa allegazione, svolta nella comparsa di risposta in primo grado, per cui l’importo concretamente investito dagli attori ammontava in realtà ad Euro 51.284,54 (a fronte del valore nominale dei titoli acquistati, come indicato dagli attori, in Euro 96.000,00, non oggetto di contestazione), gli stessi attori non avevano svolto ulteriori contestazioni, onde la circostanza di fatto avrebbe dovuto ritenersi pacifica. Ciò nonostante, in sede di gravame erano stati comunque prodotti i documenti che la confermavano.

La corte di appello aveva, non di meno, ritenuto che la questione integrasse una domanda nuova non ammissibile in appello e, di conseguenza, non la aveva esaminata.

Secondo la ricorrente, al contrario, non si tratterebbe affatto di una domanda nuova, ma al più della contestazione di un fatto costitutivo della domanda di parte attrice, fatto il cui onere di prova spetta comunque agli attori. In ogni caso, poichè l’importo del capitale investito era stato contestato nella comparsa di risposta di primo grado, con la specifica indicazione della somma effettivamente investita (indicazione non oggetto di ulteriori contestazioni da parte degli attori), la corte territoriale avrebbe certamente dovuto decidere nel merito in ordine al motivo di gravame, se del caso anche valutando i nuovi documenti prodotti in grado di appello, in quanto indispensabili ai fini della decisione.

Va premesso che, per quanto emerge dagli atti (se ne dà atto nella sentenza, oltre che nello stesso ricorso), gli attori in primo grado avevano effettivamente allegato che il valore nominale dei titoli acquistati in virtù del contratto stipulato con la banca era pari ad Euro 96.000,00, non che avessero investito (e cioè versato alla banca) un capitale di pari importo.

Risulta poi dalla stessa sentenza impugnata che, nella comparsa di costituzione di primo grado, la banca aveva dedotto “che la somma indicata da controparte era errata, essendo di Euro 51.285,54 il valore effettivo”: si tratta di una allegazione di fatto innegabilmente specifica in merito all’importo del capitale investito dagli attori che, peraltro, costituisce al tempo stesso (quanto meno) una contestazione altrettanto specifica del diverso assunto eventualmente desumibile dalle difese delle controparti.

Inoltre, non vi è alcun dubbio che:

a) è stato statuito che agli attori spetta il rimborso, a titolo risarcitorio, del 65% dell’importo del capitale effettivamente investito;

b) la questione dell’importo effettivo del capitale investito, in quanto diverso dal valore nominale dei titoli acquistati, aveva formato oggetto di specifico motivo di gravame da parte della banca convenuta.

Risulta quindi, in primo luogo, del tutto illogica l’affermazione della corte di appello per cui si trattava di una “prospettazione del tutto nuova rispetto a quella svolta in primo grado” e che la banca “aveva solo incidentalmente accennato” ad essa in primo grado, in quanto “non aveva spiegato le ragioni della contestazione” e “non aveva prodotto documentazione a sostegno”.

Come appena osservato, gli attori avevano in realtà indicato solo l’importo del valore nominale dei titoli acquistati (Euro 96.000,00). In ogni caso, la banca convenuta (pur senza contestare specificamente il suddetto valore nominale) aveva chiaramente affermato che l’importo effettivamente investito dagli attori per l’acquisto dei suddetti titoli era diverso e lo aveva puntualmente indicato in Euro 51.284,54. Si tratta di allegazioni di fatto assolutamente specifiche che non richiedono (e in effetti neanche consentono) ulteriori chiarimenti esplicativi.

D’altra parte la banca non aveva l’onere di produrre alcun elemento di prova a sostegno della sua allegazione in ordine al capitale investito, sia perchè si tratta di un fatto costitutivo della domanda il cui onere di prova incombe certamente agli stessi attori, ai sensi dell’art. 2697 c.c., sia perchè la sua allegazione di fatto in realtà non era stata specificamente da questi ultimi contestata, onde essa presumibilmente non poteva più ritenersi neanche compresa nel thema decidendum, dovendo ritenersi il fatto stesso non oggetto di contestazione, ai sensi dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 6.

Di certo, peraltro, non avrebbe potuto addirittura ritenersi (come ha sostanzialmente fatto la corte di appello, in tal modo violando i principi di cui alle disposizioni appena richiamate) che non vi fosse contestazione sull’importo del capitale investito, con riferimento alla somma indicata dagli attori come valore nominale dei titoli acquistati, e tanto meno che si trattava di una questione nuova: e ciò sia perchè l’importo del capitale investito in effetti non risulta che fosse stato indicato specificamente dagli attori (benchè ad essi spettasse il relativo onere di allegazione e prova), sia perchè, in ogni caso, se anche l’allegazione del valore dei titoli acquistati avesse potuto essere intesa in tal senso, essa era stata oggetto di una chiarissima e specifica contestazione della banca già in primo grado.

D’altra parte, essendo stato avanzato uno specifico motivo di gravame sul punto, e trattandosi pur sempre della contestazione di un fatto costitutivo della domanda, cioè di una mera difesa, in relazione alla quale non sussiste alcuna preclusione in appello, la corte di appello avrebbe certamente dovuto decidere nel merito in relazione a tale motivo di gravame, eventualmente prendendo in considerazione i documenti prodotti dalla banca nel giudizio di secondo grado, in quanto indispensabili ai fini della decisione (essendo evidentemente essi idonei a chiarire senza ulteriori dubbi la questione, decisiva ai fini della liquidazione del danno, dell’effettivo importo del capitale investito dagli attori), ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

Non avendolo fatto, la decisione è altresì viziata per omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c..

In definitiva, risultano fondate sia le censure di violazione dell’art. 115 c.p.c. e D.Lgs. n. 3 del 2005, art. 6 sia quelle di violazione dell’art. 2697 c.c., sia infine quelle di violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c..

Di conseguenza la decisione impugnata deve essere cassata affinchè, in sede di rinvio, sia nuovamente valutata, alla luce di quanto fin qui esposto, la questione relativa all’importo del capitale effettivamente investito dagli attori, con riguardo alla eventuale sussistenza di una specifica contestazione, da parte degli attori stessi, dell’importo di Euro 51.284,54 indicato dalla banca nella sua comparsa di costituzione e risposta, ai sensi degli artt. 115 c.p.c. e D.Lgs. n. 3 del 2005, art. 6 nonchè, eventualmente, con riguardo all’avvenuta prova di un diverso e maggiore importo da parte degli attori, gravati del relativo onere ai sensi dell’art. 2697 c.c., se del caso anche tenendo conto dei documenti indispensabili ai fini della relativa decisione prodotti nel giudizio di secondo grado, ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

2. Il ricorso è accolto, nei sensi di cui in motivazione.

La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso e cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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