Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31881 del 06/12/2019

Cassazione civile sez. III, 06/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 06/12/2019), n.31881

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 1238 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

G. S.p.A. (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, G.R. G.R. (C.F.:

(OMISSIS)) G.V. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentati e

difesi, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Giuseppe

Pagana (C.F.: PGN GPP 72H13 F158W);

– ricorrenti –

nei confronti di:

BANCO BPM S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del rappresentante per

procura C.B. rappresentato e difeso, giusta procura in

calce al controricorso, dall’avvocato Mariano Campo (C.F.: CMP MRN

64L15 F158P);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Messina n.

1101/2017, pubblicata in data 7 novembre 2017 (che si assume

notificata in data 21 novembre 2017);

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 17

settembre 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La G. S.p.A. ha agito in giudizio nei confronti della Banca Popolare di Lodi (nelle cui posizioni è oggi subentrato il Banco BPM S.p.A.) per ottenere la restituzione di somme che assume illegittimamente riscosse e pretese dalla banca in relazione ad un contratto di mutuo e a due distinti rapporti in conto corrente.

La banca convenuta, frattanto, notificato precetto per l’importo di Euro 615.558,28, ha promosso processo di esecuzione forzata, nel corso del quale è stata proposta opposizione all’esecuzione.

Riuniti i due giudizi, le domande della G. S.p.A. sono state rigettate dal Tribunale di Messina, con due successive sentenze (la prima relativa ai rapporti in conto corrente, la seconda a quello di mutuo).

La Corte di Appello di Messina ha confermato le decisioni di primo grado, rigettando l’appello proposto dalla G. S.p.A. nonchè da G.R. e V..

Questi ultimi ricorrono, sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso il Banco BPM S.p.A..

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

I ricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’esposizione sommaria dei fatti di causa svolta dai ricorrenti non risulta idonea a soddisfare il requisito di ammissibilità del ricorso per cassazione previsto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto essa non consente di evincere le circostanze essenziali ai fini della comprensione dei fatti che hanno dato luogo al giudizio, della individuazione dell’esatto oggetto dello stesso e, di conseguenza, della valutazione delle censure avanzate con il ricorso. Tali circostanze non sono del resto adeguatamente desumibili neanche dalla sentenza impugnata.

La Corte non è in sostanza posta in condizione di verificare in concreto, anche di ufficio (oltre che la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e la sussistenza dell’interesse ad agire), gli effettivi termini del merito della controversia e, di conseguenza, di valutare la fondatezza delle censure formulate nel ricorso (cfr. in proposito Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf., tra le tante: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. L, Sentenza n. 15808 del 12/06/2008, Rv. 603631 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 21137 del 16/09/2013, Rv. 627682 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01).

Viene esposto nel ricorso: che la G. S.p.A. ha promosso una azione di ripetizione di indebito in relazione ad un contratto di mutuo e a due rapporti bancari in conto corrente; che frattanto la banca ha intimato precetto (per oltre Euro 600.000,00) e avviato l’esecuzione forzata in base ad un atto di pignoramento (non si precisa se mobiliare o immobiliare); che la società ha proposto opposizione all’esecuzione e i due giudizi sono stati riuniti.

L’oggetto preciso del giudizio di opposizione all’esecuzione non viene però affatto chiarito.

In particolare, non si chiarisce: in base a quale titolo esecutivo era stata avviata l’esecuzione; in relazione a quali rapporti, ed eventualmente per quali distinte somme in relazione a ciascun rapporto, la banca aveva proceduto in via esecutiva; nei confronti di chi era stata promossa l’esecuzione; di che tipo di processo esecutivo si trattava, quali beni aveva ad oggetto il pignoramento e chi ne era il proprietario; chi esattamente aveva proposto l’opposizione (ciò anche tenuto conto che non si evince in base a quale interesse i fratelli G. hanno partecipato al giudizio); quali ragioni erano state poste a base dell’opposizione; il preciso contenuto della sentenza di primo grado, in relazione a ciascuna delle due azioni (l’azione di ripetizione e l’opposizione all’esecuzione).

Si tratta, come è evidente, di dati necessari per consentire alla Corte di comprendere in pieno l’effettivo oggetto dei giudizi riuniti, il contenuto della decisione di primo grado, gli specifici punti oggetto di gravame e, quindi, di valutare in modo adeguato la corretta instaurazione del contraddittorio, l’interesse delle parti in relazione a ciascuna questione e l’effettiva rilevanza, nonchè l’eventuale fondatezza, di tutte le censure esposte nel ricorso.

Si consideri inoltre che buona parte delle questioni oggetto del ricorso riguardano le prove e l’onere della prova, e l’assetto degli oneri probatori in relazione ai rapporti bancari in conto corrente è completamente diverso laddove sia la banca ad agire per ottenere il pagamento del saldo e laddove invece sia il cliente ad agire in ripetizione.

Se poi la banca promuove l’esecuzione forzata in base ad un titolo esecutivo giudiziale, sussistono (o possono sussistere), una serie di preclusioni processuali che non esistono in sede di cognizione ovvero se l’esecuzione è promossa in base a titolo esecutivo stragiudiziale.

Il ricorso è dunque inammissibile, per insufficiente esposizione dei fatti di causa, ai sensi del richiamato art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 8.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, nonchè spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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