Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3188 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. I, 11/02/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3188

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Trecase, domiciliato in Roma, Corso Trieste 88, presso

l’avv. G. Recchia, rappresentato e difeso dall’avv. BARONE V., come

da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.F., domiciliato in Roma, Via S. Costanza 27,

presso l’avv. E. Marini, rappresentato e difeso dall’avv. D’AURIA A.,

come da mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2007/2003 della Corte d’appello di Napoli,

depositata il 13 giugno 2003;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Aniello Nappi;

uditi i difensori, avv. Barone per il ricorrente principale e avv.

D’Auria per il ricorrente incidentale, che hanno richiesto

l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.

Udite le conclusioni del P.M., Dr. GOLIA Aurelio, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale, il rigetto del principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 30 settembre 1992 S.F., quale procuratore dei proprietari di alcuni fondi occupati dal Comune di (OMISSIS) in forza di una Delib. Giunta 25 giugno 1991, chiese la condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento dei danni, deducendo che l’occupazione era illegittima, sia perchè disposta da organo incompetente sia perchè eseguita tardivamente oltre il prescritto termine trimestrale.

Il 5 giugno 2001 il Tribunale di Torre Annunziata, ritenuto che i fondi erano stati definitivamente trasformati dopo la scadenza del termine quinquennale di efficacia dell’occupazione, condannò il Comune di Trecase al risarcimento dei danni, liquidati con riferimento a una possibile destinazione edificatoria degli immobili.

La sentenza fu impugnata dal Comune di Trecase, che eccepì la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice accolte una domanda diversa da quella proposta, e censurò i criteri di liquidazione del danno adottati dal tribunale.

Con la sentenza non definitiva ora impugnata per cassazione la Corte d’appello di Napoli, rilevata la nullità della decisione del tribunale per violazione dell’art. 112 c.p.c., ha esaminato nel merito la pretesa degli attori a norma dell’art. 354 c.p.c.. E tuttavia, esclusa l’incompetenza della giunta a deliberare l’occupazione e pur avendo ritenuto violato il termine trimestrale di esecuzione dell’occupazione e qualificato come usurpativa l’occupazione del fondo degli attori, ha pronunciato un dispositivo di mera “revoca” della sentenza impugnata, in accoglimento dell’appello, e ha disposto per l’ulteriore trattazione della causa.

Ricorrono ora per cassazione in via principale il Comune di Trecase, che propone due motivi di impugnazione, e in via incidentale S.F., che propone tre motivi d’impugnazione.

Ciascun ricorrente resiste con controricorso al ricorso della controparte. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Disposta la riunione dei ricorsi proposti contro la stessa sentenza, occorre preliminarmente determinare l’effettivo contenuto regolativo della sentenza impugnata per cassazione, che nella sua parte dispositiva si limita a una pronuncia di mera “revoca” della sentenza appellata.

Sembra innanzitutto indubitabile che la pronuncia di “revoca” della sentenza del tribunale vada interpretata come dichiarazione di nullità di quella sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in conformità a quanto esplicitamente enunciato nella motivazione della sentenza d’appello. Infatti in motivazione risulta richiamata la giurisprudenza per cui, “in applicazione dei principi della tassatività delle ipotesi di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c., e della conversione nei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 161 c.p.c., comma 1), con la conseguente possibilità per le parti di svolgere ugualmente nel grado superiore le loro difese, il giudice di appello, in caso di prospettata violazione dell’art. 112 c.p.c., nei motivi di gravame, non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, nè limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza, ma deve decidere la causa nel merito” (Cass., sez. 3^, 25 febbraio 2009, n. 4488, m. 606669).

L’improprio riferimento a una “revoca” della sentenza di primo grado può tuttavia essere inteso come una pronuncia anche di riforma di quella sentenza, perchè effettivo contenuto decisorio della sentenza d’appello va definito mediante integrazione con la motivazione esibita dai giudici del merito, estesa ben oltre la dichiarazione di nullità della sentenza del tribunale.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, in realtà, “la portata precettiva della sentenza va individuata tenendo conto non soltanto del dispositivo, ma anche della motivazione, cosicchè, in assenza di un vero e proprio contrasto tra dispositivo e motivazione, deve ritenersi prevalente la statuizione contenuta in una di tali parti del provvedimento, da interpretare in base all’unica statuizione che, in realtà, esso contiene” (Cass., sez. 2^, 26 gennaio 2004, n. 1323, m. 569666, Cass., sez. 3^, 18 aprile 2007, n. 9244, m. 597872, Cass., sez. 2^, 11 luglio 2007, n. 15585, m. 598554).

Nel caso in esame deve dunque ritenersi che i giudici del merito si siano pronunciati anche nel merito della domanda di risarcimento dei danni proposta dall’attore, benchè con una sentenza non definitiva.

2. Così interpretata la sentenza impugnata, vanno esaminati i motivi di impugnazione proposti dai ricorrenti.

2.1 Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 142 del 1990, art. 47 e L. n. 865 del 1971, art. 20, vizi di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene che, secondo quanto risulta dal relativo verbale, l’occupazione fu eseguita il (OMISSIS), non il (OMISSIS), come affermano i giudici del merito; e che il termine trimestrale per l’occupazione decorreva dal (OMISSIS), non dal (OMISSIS), come i giudici del merito affermano senza considerare la non immediata esecutività della delibera della giunta comunale. Sicchè non fu affatto violato il termine per l’esecuzione della delibera di occupazione.

Il motivo è inammissibile, perchè deduce un errore di fatto non denunciabile con ricorso per cassazione, ma solo con l’impugnazione per revocazione (Cass., sez. 3^, 28 luglio 2004, n. 14228, m.

575020).

Come si riconosce anche nel ricorso, infatti, la corte d’appello afferma che dal relativo verbale l’occupazione risulta eseguita il (OMISSIS); mentre il ricorrente sostiene che lo stesso verbale indica il 21 ottobre 1991 come data di esecuzione dell’occupazione.

Quello così denunciato, pertanto, non è un vizio della motivazione, bensì appunto un errore di percezione della data del verbale di occupazione dei fondi degli attori.

Ne consegue l’inammissibilità della censura e l’irrilevanza della questione relativa alla decorrenza del termine trimestrale di efficacia del decreto di occupazione.

2.2- Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 142 del 1990, art. 47, L. n. 865 del 1971, art. 20, L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, vizi di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene che erroneamente i giudici del merito abbiano qualificata come usurpativa l’occupazione dei fondi controversi eseguita dopo la scadenza del termine trimestrale di efficacia del relativo provvedimento.

Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, l’occupazione può essere considerata usurpativa quando manchi o sia divenuta inefficace la dichiarazione di pubblica utilità, non quando sia divenuto inefficace il decreto di occupazione (Cass., sez. 1^, 16 maggio 2003, n. 7643, m. 563181, Cass., sez. un., 16 luglio 2008, n. 19501, m. 604570). La sentenza impugnata va pertanto cassata in accoglimento di questo motivo del ricorso principale. Ma la cassazione deve essere disposta senza rinvio, perchè non essendo controversa la irreversibile trasformazione del fondo occupato, questa corte può pronunciarsi nel merito, dichiarando che il diritto al risarcimento del danno deriva da occupazione e-spropriativa.

2.3- L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, con la conseguente decisione nel merito, assorbe tutti i motivi del ricorso incidentale, relativi ai criteri di liquidazione del danno, fatta eccezione per il primo motivo, con il quale il ricorrente incidentale deduce violazione della L. n. 142 del 1990, art. 32, sostenendo che contrariamente a quarto affermato dai giudici del merito, la giunta comunale non era competente ad adottare il provvedimento di occupazione, in quanto non meramente attuativo di una delibera consiliare. Il motivo peraltro è infondato, perchè non è qui in discussione l’illegittimità del provvedimento di occupazione, che può essere fatta valere dinanzi al giudice amministrativo, bensì l’illiceità di un comportamento della pubblica amministrazione.

3. Considerato l’esito del giudizio, con la parziale reciproca soccombenza delle parti, si giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale e ne dichiara inammissibile l’altro, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, ne dichiara assorbiti i rimanenti motivi e, decidendo nel merito, dichiara che il diritto al risarcimento del danno deriva da occupazione espropriativa. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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