Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3186 del 09/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 3186 Anno 2018
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: DE MASI ORONZO

ORDINANZA
sul ricorso 9317-2014 proposto da:
COMUNE DI AMALFI, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE
MATONTI;
– ricorrente contro
LA GALASSIA DI LUCIBELLO GIUSEPPE & C.

SAS,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA GREGORIO VII
474, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ORLANDO,
che lo rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 09/02/2018

- controricorrente –

avverso la sentenza n. 260/2013 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
17/07/2013;

consiglio del 19/12/2017 dal Consigliere Dott. ORONZO
DE MASI.

udita la relazione della causa svolta nella camera di

RILEVATO

che La Galassia di Lucibello Giuseppe & C.

s.a.s. impugnava

gli avvisi di

accertamento, notificati dal Comune di Amalfi, afferenti la tassa per lo smaltimento
dei rifiuti solidi urbani (TARSU) per gli anni dal 2005 al 2009, sostenendo che il
tributo non era dovuto in relazione all’area scoperta adibita a parcheggio, sita in
Amalfi, alla Via delle Cartiere, utilizzata per la sosta dei veicoli dei clienti dell’albergo

la quale la contribuente riferiva di aver stipulato un contratto atipico di posteggio;
che la Commissione tributaria provinciale di Salerno rigettava il ricorso, e la
Commissione tributaria regionale della Campania, decidendo sull’appello proposto
dalla contribuente, accoglieva il gravame rilevando che non v’era alcuna prova che
l’area scoperta di cui si discute fosse riservata, per una porzione specifica, ai clienti
dell’albergo gestito dalla società La Galassia di Lucibello Giuseppe & C., per cui
concludeva nel senso che era la società Lemon Garden di Aceto Marco & C. a
detenere l’intera superficie scoperta ove esercitava la propria attività d’impresa;
che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Comune di Amalfi con un
motivo, cui esiste con controricorso la contribuente;

CONSIDERATO

che con il motivo d’impugnazione il ricorrente Comune deduce violazione di legge, ai
sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, in relazione all’art. 62, D.Lgs. n. 507
del 1993, e motivazione illogica e contraddittoria, in quanto la tassa è dovuta per
l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad
esclusione delle sole aree scoperte pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse
dalle aree verdi, e pertanto che doveva ritenersi assoggettato a tassazione anche lo
spazio riservato ai clienti dell’albergo della società La Galassia di Lucibello Giuseppe &
C., corrispondente ad un certo numero di posti auto, come emerso da p.v.c. della
polizia municipale, mentre la decisione della CTR, da un lato, dà per provata
l’esistenza di un contratto verbale atipico di parcheggio e, dall’altro, omette di
valutare la esistenza, in capo alla società ricorrente, di una “corposa obbligazione di
custodia … accessoria alla detenzione dell’area”, circostanza desumibile anche dalla
istanza di autotutela nella quale si fa espresso riferimento ad un contratto di affitto di
quindici posti auto;

Hotel Amalfi, area nella titolarità della Lemon Garden di Aceto Marco & C. s.a.s., con

che la censura è infondata e non merita accoglimento;
che, secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità in tema di
TARSU, con riguardo all’art. 62, comma 1, D.Lgs. n. 507 del 1993, la tassa deve
essere applicata nei confronti di chiunque occupi oppure detenga “locali ed aree
scoperte a qualsiasi uso adibiti, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o
accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree a verde, esistenti nelle zone del
territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque reso in

stabilito dall’art. 59, comma 4”, mentre le deroghe indicate al comma 2 della norma, e
le riduzioni delle tariffe, non operano in via automatica in base alla mera sussistenza
delle previste situazioni di fatto, dovendo essere il contribuente a dedurre e provare i
relativi presupposti (Cass. n. 18054 del 2016);
che il Comune ricorrente assume di aver fornito la prova della sussistenza, in capo
alla contribuente, del presupposto impositivo della TARSU, in forza di quanto
accertato nel p.v.c. della polizia municipale, secondo cui “quindici posti auto erano
nella disponibilità della soc. La Galassia di Lucibello Giuseppe & C.”, ed evidenzia
altresì quanto dalla medesima contribuente dichiarato nella istanza di autotutela,
circa la titolarità di un “contratto di affitto di circa 15 posti auto”, trattandosi di
circostanze che, ad avviso dell’ente impositore, sono sufficienti a dimostrare, sia pure
in via presuntiva, la detenzione di una porzione (mq. 250) dell’intera superficie
adibita dalla società Lemon Garden di Aceto Marco & C. a parcheggio per autovetture;
che il Giudice di appello, viceversa, ha valorizzato l’argomento per cui non è dato
sapere come i quindici posti auto riservati ai clienti dell’albergo fossero concretamente
individuabili, “non essendo stata identificata una specifica area che sarebbe stata data
in locazione esclusiva all’appellante” società La Galassia di Lucibello Giuseppe & C., ed
ha conseguentemente ritenuto non dimostrata “la detenzione esclusiva di una precisa
area scoperta da parte della società appellante, nell’ambito di una più vasta area di
proprietà del sig. Aceto Marco”, nella quale era “esercitata l’attività di autorimessa da
parte della società Lemon Garden di Aceto Marco s.a.s.”, apparendo più plausibile
“che la Lemon Garden s.a.s., nell’esercizio della propria attività di
parcheggio/autorimessa, abbia stipulato contratto atipico di parcheggio con
l’appellante, consentendogli di riservare 15 posti auto per il parcheggio della clientela
dell’albergo gestito dall’appellante medesima.”;
che, in altri termini, per la CTR non si è trattato “di locazione di un suolo specifico
(contratto per il quale sarebbe stato più probabile, secondo
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l’id quod plerumque

maniera continuativa nei modi previsti dagli articoli 58 e 59, fermo restando quanto

accidit, la forma scritta), ma di un informale contratto di parcheggio”, sicché unico
soggetto passivo del tributo va individuato nella società che gestisce il parcheggio, in
quanto il diritto di utilizzare lo spazio non esclude la detenzione dell’area da parte del
soggetto concedente, e lo specifico riferimento, contenuto nella istanza di autotutela,
all’esistenza di un contratto di affitto di quindici posti auto, non porta
necessariamente a qualificare il rapporto come locazione di posti auto, sicché le
stesse risultanze del p.v.c. della polizia municipale, che siffatta circostanza aveva

impositore, che non può dirsi per tale via soddisfatto;
che, come già detto, i soggetti passivi dell’obbligazione tributaria in materia di TARSU
sono coloro che occupano o detengono un immobile, per cui appare evidente come il
legislatore abbia voluto assoggettare al pagamento del tributo chi occupa
effettivamente locali od aree scoperte, e fruisce del servizio di raccolta dei rifiuti,
prescindendo dal titolo legittimante l’occupazione stessa, e chi detiene un immobile, in
forza di un titolo negoziale che legittima il godimento dell’immobile, e qualifica la
relazione con esso, in tal caso essendo detto soggetto portatore di un autonomo
interesse ad esercitare un potere sul bene;
che la CTR non si è discostata da detti principi, per cui non ricorre la denunciata
violazione di legge, ma ha solo valutato il materiale probatorio, concludendo nel senso
che il rapporto presupposto dalla pretesa tributaria non sottrae univocamente alla
società Lemon Garden di Aceto Marco s.a.s. la detenzione dell’area concessa in uso
alla controparte, e non è quindi sufficiente a trasferire l’obbligo tributario in capo alla
società La Galassia di Lucibello Giuseppe & C., e la interpretazione del rapporto
contrattuale intercorso tra le due società all’evidenza attinge al merito della
controversia, sicché le divergenze valutative sul significato attribuito dal giudice agli
elementi delibati non contente un riesame di questi ultimi in questa sede di
legittimità;
che, infatti, dopo la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dall’art.
54, D.L. n. 83 del 2012, convertito in legge n. 134 del 2012 – applicabile alla
sentenza impugnata in quanto pubblicata successivamente alla data (11/9/2012) di
entrata in vigore della norma modificativa -, non trova più accesso al sindacato di
legittimità della Corte il vizio di mera insufficienza o incompletezza logica dell’impianto
motivazionale per inesatta valutazione delle risultanze probatorie, qualora dalla
sentenza sia evincibile una

“regula juris” che non risulti totalmente avulsa dalla

relazione logica tra premessa (in fatto) e conseguenza (in diritto) che deve
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genericamente appurato, non esauriscono l’onere della prova gravante sull’ente

giustificare il “decisum”, per cui rimane estranea al “riformato” vizio di legittimità,
tanto la censura di “contraddittorietà” della motivazione, quanto la censura di
“insufficienza” dello svolgimento argomentativo che, anteriormente alla modifica della
norma processuale, veicolava il vizio con il quale veniva imputato al giudice di merito
un sostanziale malgoverno dal materiale probatorio esaminato;
che la nuova formulazione del vizio di legittimità in oggetto, infatti, ha limitato la
impugnazione delle sentenze in grado di appello, o in unico grado, per vizio di

che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la conseguenza che, al di fuori
dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola
verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo
costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuato “in negativo” dalla
consolidata giurisprudenza della Corte formatasi in materia di ricorso straordinario, in
relazione alle ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del
provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile
contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella
violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e che determinano la nullità della
sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità;
che, pertanto, rimane estranea al predetto vizio di legittimità qualsiasi contestazione
volta semplicemente a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato,
ex art. 116 c.p.c., comma 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio, mediante
la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, ed operando
quindi il conseguente giudizio di prevalenza (Cass. n. 11892/2016), non essendo
inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
che, nella specie,

nel ricorso

non

è indicato il “fatto storico” controverso, e

“decisivo” ai fini di una diversa decisione, non esaminato, e la doglianza si sviluppa,
inammissibilmente, attorno al discorso argomentativo che ha condotto la CTR a
dissentire dall’ente impositore in ordine alla qualificazione del contratto intercorso tra
la contribuente e la società di gestione del parcheggio per autovetture;
che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della parte ricorrente
e sono liquidate, in favore dell’intimata, come in dispositivo;

P.Q.M.

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motivazione, alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese del
presente giudizio, che liquida in Euro 2.100,00, oltre rimborso spese forfettarie nella
misura del quindici per cento ed accessori di legge.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1, D.P.R. n. 115 del
2002.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 dicembre 2017.

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