Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31859 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. II, 05/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31859

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26826/2015 proposto da:

(OMISSIS) SRL, IN LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI CALAMATTA 16,

presso lo studio dell’avvocato MANUELA MARIA ZOCCALI, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

W.S., CAMAUTO DUE SAS DI C. A.& C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1448/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/09/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Fatto

RITENUTO

che:

W.S. chiamava in giudizio davanti al Tribunale di Monza la Camauto Due s.a.s., chiedendo che fosse pronunciata la risoluzione, per vizio della cosa venduta, del contratto di acquisto della vettura usata tipo Mazda, modello 6, targata (OMISSIS), che l’attore aveva acquistato presso la concessionaria convenuta, di cui chiedeva la condanna alla restituzione del prezzo, oltre rivalutazione e interessi dall’acquisto.

Su istanza della convenuta era autorizzata ed eseguita la chiamata in garanzia della (OMISSIS) S.p.A..

Costituitasi la (OMISSIS), il tribunale accoglieva sia la domanda proposta dall’attore, sia la domanda di garanzia.

Al riguardo il primo giudice osservava che la (OMISSIS), che si era fatta carico degli obblighi derivanti dalla garanzia convenzionale prestata dal venditore, non aveva dato seguito a una richiesta di intervento sul veicolo, e ciò sull’erroneo presupposto che la colpa del guasto fosse da ricondurre a negligenza o imperizia dell’utilizzatore.

A causa di tale rifiuto l’intervento non venne effettuato, determinandosi di conseguenza la risoluzione del contratto e l’obbligo del venditore di restituire il prezzo, salva la riduzione dell’importo per tenere conto del precedente uso del veicolo.

La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza.

Essa condivideva la valutazione del primo giudice sia quanto alla genesi del guasto, che era tale da escludere una responsabilità per imprudenza o negligenza dell’utilizzatore, sia quanto alla misura del danno liquidato, sia quanto alla ricostruzione giuridica, fondandosi la responsabilità della (OMISSIS) sulla violazione dell’obbligazione di garanzia, che aveva indotto Camauto a rifiutare il ripristino richiesto dall’acquirente.

Per la cassazione della sentenza (OMISSIS) ha proposto ricorso, affidato a due motivi.

Camuto Due s.a.s. e W.S. sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

che:

In relazione all’intervenuto fallimento della ricorrente (OMISSIS) s.r.l., reso noto dal difensore con la memoria depositata in vista dell’udienza camerale, la relativa circostanza è irrilevante in questa sede di legittimità.

Infatti “l’intervenuta modifica della L. Fall., art. 43, per effetto del D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 41, nella parte in cui stabilisce che “l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”, non comporta l’interruzione del giudizio di legittimità, posto che in quest’ultimo, in quanto dominato dall’impulso d’ufficio, non trovano applicazione le comuni cause di interruzione del processo previste in via generale dalla legge” (Cass. n. 27143/2017; n. 21153/2010).

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 128 del codice del consumo.

Si rimprovera alla corte di non avere tenuto conto dell’effettivo ruolo di (OMISSIS) nella vicenda, la quale non era una compagnia di assicurazione chiamata a coprire tout court i vizi e i difetti del bene usato compravenduto, ma si era solamente accollata alcuni degli obblighi inclusi nella garanzia convenzionale che il venditore aveva prestato in favore dell’acquirente.

Si sostiene che essa aveva correttamente ritenuto che non ci fossero le condizioni di operatività della garanzia.

In ogni caso ciò non impediva al venditore, di contrario avviso, di eseguire l’intervento.

Non avendolo fatto il solo responsabile del danno subito dal cliente era il venditore, che non aveva titolo per pretendere la restituzione di quanto pagato all’acquirente in dipendenza della risoluzione.

(OMISSIS), al limite, avrebbe potuto essere condannata al pagamento del massimale, pari a Euro 2.100,00.

Si pone inoltre l’accento sull’arricchimento realizzato dal venditore, che senza sopportare alcun onere, è rientrato nella disponibilità della vettura, con la conseguente possibilità di ripararla e rivenderla.

Il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per carenza di motivazione.

La corte ha condannato (OMISSIS) a sopportare le conseguenze della risoluzione del contratto di vendita fra Camauto e il cliente, in assenza di qualsiasi indicazione circa il titolo giuridico di una siffatta responsabilità.

Si impone in via prioritaria l’esame del secondo motivo, che è fondato.

Costituisce orientamento oramai consolidato nella giurisprudenza della Corte che “in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6 e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4” (Cass. n. 22598/2018; n. 8053/2014).

Nel caso in esame ricorre il vizio della motivazione nei termini sopra descritti.

E invero la corte di merito ha accolto la domanda di manieva proposta dalla venditrice contro (OMISSIS), che è stata così condannata a tenere indenne la Camauto in ordine alle conseguenze della risoluzione del contratto di vendita con il cliente.

La ragione portata a sostegno della decisione risiede in ciò: l’odierna ricorrente, con il suo ingiustificato rifiuto di considerare il guasto lamentato dal consumatore compreso nella garanzia convenzionale, aveva indotto il venditore a rifiutare “il richiesto ripristino e a non poter disporre, a favore del cliente, dell’importo garantito”.

Fatto è però che tale implicazione non riflette una corrispondente ricostruzione giuridica della fattispecie idonea a giustificarla. In particolare non si comprende quale sia stata la ragione per cui il rifiuto di (OMISSIS) di dare corso all’intervento, pure in ipotesi ingiustificato, potesse considerarsi fattore esclusivo e determinante la risoluzione del contratto di vendita intercorso con il consumatore. La sentenza è infatti del tutto silente riguardo al titolo in base al quale il rifiuto di (OMISSIS) di attivare la garanzia la rendesse responsabile, nei confronti del venditore, della risoluzione del contratto intercorso con il cliente. Nulla si dice inoltre che possa giustificare la condanna dell’attuale ricorrente al pagamento di un importo superiore rispetto al massimale di polizza.

L’accoglimento del secondo motivo comporta l’assorbimento del primo motivo.

La sentenza deve essere cassata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il primo motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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