Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3185 del 18/02/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3185 Anno 2016
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: SCALDAFERRI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso 18219-2012 proposto da:
CONSORZIO TRA COOPERATIVE EDILIZIE SOLIDARIETÀ
SOCIALE A R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 50, presso l’avvocato
ALFREDO IORIO, che lo rappresenta e difende, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

BOTTINI GIANCARLO, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAllA POLI 42, presso l’avvocato MICHELE PAZIENZA,

Data pubblicazione: 18/02/2016

che lo rappresenta e difende;
– controricorrente contro

SOCIETÀ COOPERATIVA EDILIZIA NINFA EGERIA A R.L.;
– intimata –

D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/10/2015 dal Consigliere Dott. ANDREA
SCALDAFERRI;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato ALFEDO IORIO che
ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso o in

rigetto.

subordine per il

avverso la sentenza n. 2244/2012 della CORTE

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Svolgimento del processo
Nel febbraio 2000 il Consorzio tra Cooperative Edilizie Solidarietà Sociale a
r.l. in liquidazione conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la
Cooperativa Edilizia Ninfa Egeria a r.I., sua aderente, chiedendone la

delle spese di sistemazione e manutenzione di aree a verde per il periodo
1988-1991; conveniva altresì i soci della cooperativa, per sentirli
condannare al pagamento della somma stessa, in proporzione alle rispettive
quote di debito verso la cooperativa rimasta inerte nel pretenderne da essi il
pagamento, o in subordine per ingiustificato arricchimento ai danni del
Consorzio. Si costituivano in giudizio i soli soci Luca Giangrande,
Giancarlo Bottini e Ilaria Giuliani, i quali resistevano alle domande
eccependo fra l’altro: a) che il mancato deposito dei bilanci per due esercizi
aveva prodotto lo scioglimento di diritto, a norma dell’art.2544 cod.civ. (nel
testo vigente all’epoca, anteriore al D.Lgs.n.6/2003), della Cooperativa
titolare dei pretesi diritti di credito esercitati in surroga dal Consorzio; b)la
prescrizione dei diritti stessi. La Cooperativa e gli altri soci convenuti
restavano contumaci.
Con memoria depositata ex art.183 comma V cod.proc.civ., il Consorzio,
preso atto dell’eccepito scioglimento della Cooperativa, chiedeva, in via
principale, la condanna in solido della Cooperativa e dei suoi soci convenuti
—nei cui confronti dichiarava di agire non più in surroga dei diritti della
Cooperativa stessa bensì in qualità di responsabili illimitatamente e
solidalmente delle obbligazioni verso terzi da essa non adempiute- al
pagamento della somma richiesta in citazione, in via subordinata la
condanna dei soci convenuti al pagamento della somma stessa nei limiti

condanna al pagamento della somma di € 12.268,64 a titolo di rimborso

delle rispettive quote, anche (in ulteriore subordine) a titolo di ingiustificato
arricchimento.
11 Tribunale, con sentenza resa nell’agosto 2004, riteneva inammissibile,
perché nuova, la domanda principale formulata in memoria ex art.183
comma V cod.proc.civ., e rigettava, per mancanza di prova, la domanda

arricchimento.
L’appello proposto dal Consorzio, cui resistevano i soci già costituiti in
primo grado, veniva rigettato dalla Corte d’appello di Roma con sentenza
depositata il 27 aprile 2012. Riteneva in sintesi la Corte di merito: a)che,
quanto alla Cooperativa, la sua cancellazione dal Registro Imprese aveva
prodotto, a seguito del principio generale introdotto dal D.Lgs.n.6/2003 con
la modifica dell’art.2495 cod.civ., l’estinzione della società, a decorrere dal
1.1.2004 (se avvenuta anteriormente alla entrata in vigore della nuova
norma), con conseguente inammissibilità di una pronuncia di condanna nei
confronti della società stessa; b)che la domanda di declaratoria della
responsabilità illimitata e solidale dei soci della Cooperativa
all’adempimento del debito della Cooperativa, pur se ammissibile a norma
dell’art.183 comma V cod.proc.civ. (nel testo allora vigente) in quanto
giustificata dalla difesa dei convenuti, era tuttavia priva del necessario
supporto probatorio in ordine alla duplice condizione posta dal richiamato
art.2495 cod.civ., non avendo l’attore provato la identità delle persone che
rivestivano la qualità di soci al momento della sua liquidazione o estinzione,
né se ed in quali limiti essi avessero percepito somme per effetto della
liquidazione; c)che anche la domanda in surroga era priva della necessaria
prova sia della identità dei soci nel periodo in cui il debito nei confronti del
Consorzio si era formato sia del credito della Cooperativa nei confronti dei
soci, che in ogni caso era da ritenere estinto per compimento del termine

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proposta in surroga dei diritti della cooperativa e quella di ingiustificato

quinquennale di prescrizione; d)che la domanda proposta a norma
dell’art.2041 cod.civ. difettava del necessario requisito della residualità,
tanto in relazione alla domanda diretta nei confronti della Cooperativa
quanto in relazione alla domanda in surroga nei confronti dei suoi soci.
Avverso tale sentenza il Consorzio ha proposto ricorso a questa Corte

Motivi della decisione
1. Preliminarmente, si rileva che nel controricorso la difesa di Giancarlo
Bottini si limita ad affermare che “i motivi del ricorso sono assolutamente
inlimdati, come meglio si argomenterà in sede di note conclusive – . Tale
riserva rende inammissibile il controricorso in quanto viola il combinato
disposto degli artt.366 e 370 cod.proc.civ., secondo il quale l’esposizione
delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza della impugnazione deve
essere contenuta nel controricorso e non può quindi essere rinviata alla
memoria illustrativa prevista dall’art.378 cod.proc.civ. (peraltro nella specie
non depositata): in tale situazione, l’unica facoltà riconosciuta dal
richiamato disposto normativo al difensore della parte che intende resistere
al ricorso è quella di partecipare alla discussione orale ivi esponendo le sue
ragioni (cfr.Cass.n.6222/12; n.11160/04). Facoltà della quale il difensore del
Bottini non ha inteso avvalersi.
2. Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione dell’art.300
cod.proc.civ. Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello, una volta recepito
il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte
(n.4060/10) secondo cui la cancellazione di una società dal Registro
imprese, anteriore alla entrata in vigore del nuovo art.2495 cod.civ.
(1.1.2004), ha prodotto, a decorrere da tale data, l’estinzione della società
stessa (e quindi la perdita della sua capacità di stare in giudizio)
indipendentemente dall’esaurimento dei rapporti giuridici ad essa facenti

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affidato a sette motivi, cui resiste con controricorso Giancarlo Bottini.

capo, ed aver quindi constatato che tale effetto estintivo si era verificato per
la Cooperativa Ninfa Egeria a seguito del suo scioglimento di diritto
anteriore al 1.1.2004, avrebbe dovuto dichiarare interrotto il giudizio e
fissare il termine per la riassunzione. 2.1. La doglianza è infondata. La
perdita della capacità di stare in giudizio conseguente alla estinzione della

verificata anteriormente al 1.1.2004 e quindi nel corso del giudizio di primo
grado, avrebbe avuto rilevanza interruttiva, a norma dell’art.300 comma IV
cod.proc.civ. (nel testo da applicarsi in questo giudizio, instaurato in data
anteriore alla entrata in vigore della legge n.69/2009 di modifica), solo ove riguardando una parte che, come la Cooperativa nella specie, è rimasta
contumace in entrambi i gradi di giudizio- tale evento fosse stato notificato
o fosse stato certificato dall’ufficiale giudiziario nella relazione di
notificazione di uno dei provvedimenti di cui all’art.292 cod.proc.civ. (cfr.
Cass.S.U.n.15295/14). Non essendo stata neppure dedotta la ricorrenza
nella specie di tali presupposti di legge, l’interruzione non poteva essere
dichiarata.
3. La rubrica del secondo motivo di ricorso denuncia il contrasto tra la
motivazione ed il dispositivo della sentenza impugnata: nella prima, la Corte
di merito afferma che la domanda subordinata di indennizzo per
arricchimento senza causa è inammissibile perché la domanda di condanna
della Cooperativa era non soltanto -percorribile” ma anche “‘fondata, tanto
da imporre„sul punto, la riforma della sentenza di primo grado- ; nel
dispositivo invece risulta confermato, con il rigetto dell’appello, il rigetto
anche della domanda di condanna della Cooperativa. L’illustrazione del
motivo ha peraltro ad oggetto altra distinta doglianza (sulla quale è basato il
motivo seguente), attinente alla mancata declaratoria della responsabilità
illimitata e solidale dei soci per i debiti della Cooperativa sciolta di diritto.

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società cooperativa in questione, che il ricorrente non contesta essersi

3.1. 11 motivo di doglianza —ove ammissibile nonostante la incertezza sul
suo effettivo contenuto- è comunque infondato. La contraddizione
evidenziata in rubrica è in effetti solo apparente, atteso che l’esame
complessivo della motivazione mostra con sufficiente chiarezza che la corte
d’appello ha ritenuto che la domanda nei confronti della Cooperativa, per le

la Corte ha esaminato la domanda stessa), sebbene inizialmente proponibile,
non potesse essere accolta in appello stante l’intervenuta estinzione della
società. Tale motivazione, conforme al dispositivo, assorbe l’ulteriore mera
affermazione circa la fondatezza di tale domanda, che appare del resto frutto
di evidente, quanto ininfluente, errore materiale non solo perchè priva di
motivazione alcuna ma anche perché risulta slegata dal contesto nel quale è
collocata, quello cioè della statuizione di inammissibilità della domanda
subordinata ex art.2041 cod.civ. nei confronti dei soci, inammissibilità per la
quale la Corte d’appello ha affermato esser sufficiente la proponibilità
iniziale della domanda principale.
4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole di altro vizio della motivazione,
lamentandone l’insufficienza perché. arrestandosi alla ragione processuale
afferente l’inammissibilità di una condanna nei confronti di società estinta.
non avrebbe considerato gli aspetti di merito concernenti gli effetti della
perdita della personalità giuridica della società prevista dal capoverso
dell’art.2544 cod.civ., che consisterebbero nel sorgere di una responsabilità
personale, illimitata ed in solido, dei soci anche per i debiti pregressi della
società stessa secondo le norme regolanti le società personali, come
affermato da questa Corte di legittimità in due precedenti pronunce
(n.15745/01; n.2942/08). 4.1. Osserva tuttavia il Collegio che tale questione
di diritto sostanziale, sollevata in effetti con il motivo (al di là del
riferimento in rubrica al disposto dell’art.360 n.5 cod.proc.civ.), si mostra

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ragioni puntualmente esposte nella sede appropriata (cioè nella parte in cui

comunque inidonea a condurre a conclusioni diverse da quelle esposte in
sentenza, che ha evidenziato (cfr.pagg.20 e 23) la mancata prova, da parte
del Consorzio, della identità dei soci della Cooperativa, tanto con
riferimento al momento in cui era sorto il debito nei confronti del Consorzio
stesso quanto con riguardo al momento della estinzione della Cooperativa.

motivo, e che si mostrano idonee a sorreggere autonomamente la impugnata
decisione di rigetto della domanda nei confronti dei soggetti convenuti quali
soci della Cooperativa. Il motivo è dunque inammissibile, per difetto di
interesse.
5. Vero è che nella rubrica del quarto motivo risulta denunciato un ulteriore
vizio di motivazione consistente nel non avere la Corte di merito
considerato che nessuno dei convenuti costituiti in giudizio ha contestato “di
essere socio della Cooperativa”. Ma anche tale doglianza si mostra
inammissibile, giacché essa non risulta precisata nell’illustrazione del
motivo (se non, in contrasto con la rubrica, con riguardo ad un implicito
riconoscimento della qualità di soci del Consorzio), ove si affronta il tema
affatto diverso della legittimità —peraltro, già riconosciuta dalla sentenza
impugnata- della modifica della domanda subordinata originaria: la censura
risulta dunque inapprezzabile, e comunque del tutto generica ed inidonea a
far emergere eventuali dati di riscontro, non considerati dal giudice di
merito, circa l’identità dei soci della Cooperativa al momento della
estinzione della stessa, dato comunque indispensabile ai fini della
applicazione nella specie del principio di diritto invocato dal ricorrente.
6. Il quinto motivo di ricorso censura, sotto il profilo del vizio di
motivazione, la conferma del rigetto dell’azione esercitata dal Consorzio in
surroga dei diritti della Cooperativa nei confronti dei soci convenuti:
lamenta il ricorrente che erroneamente la Corte distrettuale ha escluso che

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Statuizioni, queste, che non risultano oggetto di censure specifiche nel

l’eccezione, sollevata dai convenuti costituiti, di intervenuto scioglimento
della Cooperativa per mancato deposito dei bilanci fosse idonea a sollevare
esso attore dall’onere di provare i crediti della Cooperativa verso i soci
mediante produzione in giudizio dei bilanci stessi. Osserva tuttavia il
Collegio che la critica espressa nel motivo si mostra generica e incompleta a

particolare, il ricorrente si limita a ribadire la inesistenza di bilanci che
potessero essere prodotti in giudizio, senza esporre censure specifiche circa
l’onere della prova comunque su di lui gravante, nonché circa la mancanza
in atti di elementi che consentano di individuare quali bilanci non
risultassero depositati e quale fosse la compagine sociale al momento in cui
il preteso debito dei soci è sorto. D’altra parte, giova precisare in diritto (ove
occorra, integrando sul punto la motivazione della sentenza impugnata)
come le considerazioni, impugnate nel motivo, in ordine alla domanda
proposta in surroga dal Consorzio debbano intendersi espresse

ad

abundantiam, in quanto prive di rilevanza autonoma se resta fen -no il rigetto
della domanda nei confronti della pretesa creditrice Cooperativa, alla cui
estinzione non possono sopravvivere pretese creditorie

(cfr. anche

Cass.S.U.n.6070/13) azionabili in sua sostituzione da terzi, in un processo di
cui peraltro essa è parte necessaria a norma dell’art.2900 cpv.cod.civ.
7. Inammissibile, sotto più profili, si mostra anche il sesto motivo. In primo
luogo, anche qui si riscontra una totale divergenza ed incompatibilità tra le
indicazioni, peraltro non chiare, contenute nella rubrica del motivo (vizio di
motivazione “là ove la Corte di appello, in ordine alla domanda di surroga,
la rigetta per le considerazioni effettuate dal Tribunale, in relazione
all art.116 cpc “) e l’illustrazione del motivo, che fa riferimento alla distinta
domanda di indennizzo ex art.2041 cod.civ. Da tale illustrazione, peraltro,
emergono censure inammissibili perché rivolte verso considerazioni esposte

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fronte delle molteplici ratione.s decidendi della statuizione censurata : in

nella sentenza di primo grado (in ordine alla mancanza di prova delle
singole posizioni debitorie), che la Corte d’appello non ha condiviso avendo
ritenuto insussistente nella specie il requisito della residualità dell’azione di
indebito arricchimento.
8. Quanto infine alla richiesta, di cui al settimo motivo, di enunciazione a

coordinamento degli aspetti sostanziali e processuali della estinzione delle
società, osserva il Collegio che tale richiesta non può come tale essere
accolta, stante il chiaro disposto della nonna richiamata; e, d’altra parte, il
coordinamento anzidetto è stato già precisato dalle Sezioni Unite di questa
Corte, sia nella sentenza del 12 marzo 2013 n.6070 sia in quella successiva
del 4 luglio 2014 n.15295, entrambe qui richiamate.
9. Si impone pertanto il rigetto del ricorso, senza provvedere sulle spese di
questo giudizio stante l’inammissibilità, della quale si è detto sopra (cfr.1),
dell’unico controricorso in atti e la mancanza di ulteriori difese da parte del
controricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il controricorso depositato da Bottini
Giancarlo e rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 15 ottobre 2015

norma dell’art.363 cod.proc.civ. di un principio di diritto che realizzi un

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