Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31845 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2019, (ud. 11/07/2019, dep. 05/12/2019), n.31845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26212-2018 proposto da:

CENTRI ASSISTENZIALI MONS. OLIVETI SRL, in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

A. BERTOLONI 41, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO MASI, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUIGI GRECO, MAURO

MORELLI;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE DI COSENZA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

TIZIANO 3, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DORIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIAMPAOLO RATA;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 848/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’1 1/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

TEDESCO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Centro Assistenziali Mons. Oliveti s.r.l. ha proposto ricorso straordinario per cassazione contro l’ordinanza della Corte d’appello di Catanzaro, di rigetto della istanza di sospensione dell’esecuzione ex art. 373 c.p.c., della sentenza resa dalla stessa Corte d’appello nel contraddittorio con l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, contro la quale l’attuale ricorrente ha proposto ricorso per cassazione.

Il presente ricorso è proposto sulla base di due motivi.

Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 51 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si deduce che il collegio che ha rigettato l’istanza di sospensione era composto anche dal giudice relatore della sentenza impugnata e che la relativa eccezione, riguardante la composizione del collegio giudicante, era stata tempestivamente proposta nel corso della discussione.

In particolare è oggetto di censura la seguente statuizione della ordinanza impugnata: “il collegio risulta validamente costituito, in quanto innanzitutto il ricorso va proposto avanti al giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e, in secondo luogo, notoriamente, l’ordinanza ex art. 373 c.p.c., è provvedimento di natura ordinatoria che non contiene alcuna decisione in senso tecnico processuale”.

Il ricorrente sostiene che “la decisione sulla validità della composizione del collegio a differenza del contenuto classico del provvedimento di rigetto o accoglimento della istanza di sospensiva che verrà fisiologicamente travolto dalla decisione finale, non potrà essere mai revocata o vagliata da altri giudici, se non attraverso il presente ricorso straordinario”.

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 11 Cost, art. 373 c.p.c., e di ogni altra norma e principio in materia di giusto processo e di rispetto delle regole di rito.

Si denuncia ancora una volta, sotto i profili indicati in rubrica, che l’istanza di sospensione è stata rigettata da un collegio che Aveva fra i suoi componenti il medesimo giudice che aveva scritto la sentenza impugnata. In ciò la ricorrente ravvisa una anomalia decisoria tale da giustificare la proponibilità del ricorso straordinario per cassazione contro il provvedimento.

L’intimata ha resistito con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente possibilità di definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha depositato memoria a firma dell’avv. Mauro Morelli.

Con separata istanza uno degli altri difensori della ricorrente (l’avv. Luigi Greco) ha chiesto di essere rimesso in termine, per non avere ricevuto l’avviso di udienza, nè la proposta del relatore.

Tale istanza va rigettata.

“In materia di impugnazione la nomina di una pluralità di procuratori, ancorchè non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere unitario della difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l’eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell’obbligo di informare l’altro o gli altri procuratori. Ne consegue la sufficienza della comunicazione ex art- 377 c.p.c., nei confronti di uno solo dei procuratori costituiti” (Cass., S.U., n. 12924/2014; conf. n. 20626/2017).

Nella specie ci sono le condizioni che giustificano l’applicazione del principio appena richiamato.

La ricorrente è difesa da più difensori, due dei quali hanno ricevuto l’avviso di fissazione di udienza e la comunicazione della proposta del relatore ex art. 380-bis c.p.c. Uno di essi ha depositato tempestiva memoria.

Il ricorso è inammissibile.

La ricorrente non intende mettere in discussione il principio secondo cui va esclusa ogni possibilità di impugnare l’ordinanza con cui il giudice abbia disposto o negato la sospensione ex art. 373 c.p.c. (o, nel caso di eccezionale urgenza, quella con cui abbia confermato o revocato il decreto di immediata sospensione). Secondo la uniforme giurisprudenza della Corte si tratta infatti di provvedimento di natura provvisoria e meramente ordinatoria, che non contiene alcuna decisione in senso tecnico-processuale e, pertanto, non può essere impugnato nemmeno con il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., nè con il regolamento di competenza (Euro 10540/2018; S.U., 16537/2008).

Si sostiene però che la “decisione sulla validità della composizione del collegio a differenza del contenuto classico del provvedimento di rigetto o accoglimento dell’istanza di sospensiva che verrà fisiologicamente travolto dalla decisione finale non potrà mai essere revocata o vagliata da altri giudici, se non attraverso il presente ricorso straordinario”.

Insomma la ricorrente sembra proporre un ragionamento di questo tipo: l’ordinanza sulla sospensione non è autonomamente impugnabile, tuttavia, siccome in essa c’è una pronuncia che “ha una sua specifica valenza di merito e autonomia, quale la proclamazione della regolare costituzione del collegio giudicante”, l’effetto di questa pronuncia “si riverbera anche sulla decisione finale” (memoria della ricorrente a pag. 2).

Emergi da tale ragionamento la convinzione che sia autonomamente impugnabile il provvedimento che abbia deciso sulla regolarità della composizione del collegio.

Al contrario, secondo la giurisprudenza di questa Corte, contro l’ordinanza che decide sulla ricusazione del giudice non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 c.p.c., trattandosi di provvedimento conclusivo di un procedimento incidentale di tipo amministrativo volto a tutelare interessi di ordine generale relativi all’imparzialità del giudice ed al corretto esercizio dell’attività giudiziaria. Esso ha quindi natura ordinatoria e strumentale (Cass. n. 27404/2008; n. 4486/2002; n. 1285/2002) e in quanto tale non è impugnabile con il ricorso per cassazione straordinario, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, Più recenti pronunzie della Corte di legittimità osservano in verità che, a seguito della modifica dell’art. 111 Cost., ad opera della L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2, l’esigenza di far decidere la controversia ad un giudice imparziale non costituisce più soltanto una questione amministrativa relativa all’organizzazione degli uffici giudiziari che dà luogo ad un procedimento incidentale definitivo, con un provvedimento di natura ordinatoria, ma rappresenta un diritto soggettivo della parte processuale, fondamentale ed insopprimibile perchè riconosciuto dalla Costituzione e dall’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Cass. n. 3974/2004; n. 11131/2002; n. 4297/2002; conf. C. Cost. 21.3.2002, n. 78). Nondimeno, anche in base a tale orientamento, l’ordinanza non risulta comunque impugnabile con ricorso straordinario per cassazione, mancandole la definitività, altro requisito necessario insieme alla decisorietà, per poter qualificare un provvedimento giurisdizionale come sentenza in senso sostanziale, suscettibile come tale di ricorso ex art. 111 Cost. L’eventuale vizio causato dall’incompatibilità del giudice ricusato si converte infatti in motivo di nullità dell’attività spiegata dal giudice stesso, e quindi di gravame della sentenza da lui emessa (Cass. 3974/2004; Euro 4297/2002). Sono stati anche superati i dubbi della conformità alla Costituzione dell’art. 53 c.p.c., comma 2, laddove non prevede l’impugnabilità, con il ricorso predetto, dell’ordinanza che decide sulla ricusazione del giudice. Si argomenta che il principio di imparzialità è sufficientemente garantito dalla possibilità per la parte, che abbia visto rigettata la propria corrispondente istanza, di chiedere al giudice dell’impugnazione un riesame di tale pronuncia impugnando la sentenza conclusiva resa da quello invano ricusato (Cass. n. 2562/2016; n. 24007/2017).

E’ stata riconosciuta manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3,24,111 Cost., anche la questione di legittimità costituzionale della stessa norma (art. 53 c.p.c., comma 2), nella parte in cui non prevede l’impugnabilità con il ricorso per cassazione dell’ordinanza che decide sulla ricusazione, diversamente da quanto previsto dall’art. 41 c.p.p., atteso che il principio di eguaglianza non comporta il divieto di regolamentazioni diverse dei differenti tipi di processo (Cass., S.U., n. 17636/2003).

E’ stato inoltre chiarito che la decisione sulla ricusazione non è neppure impugnabile, ex art. 42, in relazione alla competenza del giudice che l’ha pronunciata (Cass. n. 1978/2005), mentre è impugnabile con il regolamento di competenza l’ordinanza con cui il giudice, sul presupposto della proposizione del ricorso per cassazione contro il provvedimento reso sulla ricusazione ed in attesa della decisione su tale ricorso, sospende il processo, venendo in questo caso in rilievo l’esigenza della parte di ottenerne il controllo di effettiva rispondenza allo schema legale di riferimento e di evitare che, ove il provvedimento sia in concreto adottato in difformità da detto schema, si abbia un ingiustificato, e non altrimenti rimediabile, arresto, sia pure temporaneo, dell’iter processuale (Cass. n. 11010/2005).

Emerge dalle considerazioni che precedono che l’idea che ispira il presente ricorso – l’ordinanza che decide sulla sospensione non è autonomamente impugnabile, ma lo diviene in considerazione del contenuto decisorio del provvedimento nella parte in cui ha deciso sulla regolarità della composizione del collegio – suppone l’esistenza di un principio contrario alla giurisprudenza di questa Corte.

La non impugnabilità ex se dell’ordinanza che decide sulla sospensione non può venir meno, per la contraddizione che non lo consente, in conseguenza di un suo contenuto eventuale a sua volta non autonomamente impugnabile.

Per completezza di esame si ritiene di ricordare infine che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno riaffermato il principio in forza del quale la proposizione del ricorso per ricusazione non implica ipso iure la sospensione del processo e la devoluzione della questione al giudice competente a decidere al riguardo, in quanto spetta pur sempre al giudice a quo una sommaria delibazione della sua ammissibilità e la decisione conseguente di prosecuzione o di rimessione (Cass., S.U., n. 9409/2013; conf. (Cass. n. 25709/2014; n. 12/22917, n. 11/26267, n. 03/10406).

In conclusione il ricorso è inammissibile.

Ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettaria nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 11 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA