Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31832 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 05/12/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28551-2014 proposto da:

P.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI, EMANUELA CAPANNOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 579/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 19/06/2014 r.g.n. 801/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del primo motivo e

declaratoria di inammissibilità del primo motivo;

udito l’Avvocato MANUELA MASSA per delega verbale EMANUELA CAPANNOLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Firenze, riformando con sentenza del 19 giugno 2014 la decisione di primo grado, ha ritenuto ripetibile l’indebito pensionistico formatosi a carico di P.V., per gli anni 2008-2011, cagionato dalla intervenuta modificazione dei redditi percepiti, e ciò sul presupposto della liquidazione del trattamento pensionistico, per gli anni in questione, dichiaratamente in via provvisoria in attesa della comunicazione, da parte della pensionata, della sua posizione reddituale per gli anni in contestazione; ha inoltre ritenuto tempestiva la richiesta di ripetizione, datata 3 agosto 2011, con riferimento al disposto della L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, sul presupposto che per l’anno 2008 non fosse decorso il termine annuale di recupero per l’omessa comunicazione dei dati reddituali; in riferimento, poi, ai redditi successivi, nel vigore del D.L. n. 78 del 2009, ha ritenuto la condizione per la ripetibilità “entro l’anno successivo” riferita all’intero anno solare, facendone conseguire la tempestività del recupero tentato nell’agosto 2011, per i redditi 2009, da dichiarare entro giugno 2010 e verificati entro l’anno successivo, e ciò a maggior ragione per le annualità 2010 e 2011 fino a giugno.

2. Il tutto sulla base di un’interpretazione, anche delle disposizioni introdotte nel 2009, tale per cui “entro l’anno successivo” dovesse ricomprendere l’intero anno solare dell’anno seguente a quello della conoscenza dei dati reddituali da parte dell’ente previdenziale.

3. P.V. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, resistiti da controricorso I.N.P.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo la ricorrente censura la violazione di plurime disposizioni di legge (L. n. 88 del 1989, art. 52, comma 2, L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 2, D.L. n. 78 del 2009, art. 15, comma 1, conv., con modif., in L. n. 102 del 2009) e sostiene che la decadenza sancita dalla L. n. 412 cit., art. 13 avrebbe potuto trovare applicazione, per ipotesi, solo per i redditi 2009; assume l’inesistenza di una documentata esplicazione, da parte dell’INPS, delle motivazioni del recupero; contesta che l’onere della prova spetti alla pensionata; assume che, dal 2009, anno dal quale non sono tenuti i pensionati ad inviare il modello RED, non sussiste un onere di comunicazione ben potendo l’INPS attingere dall’Agenzia delle entrate le informazioni relative alla situazione reddituale.

5. Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 152 disp. att. c.p.c., e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, è impugnata la regolazione delle spese del doppio grado del giudizio di merito per non avere la Corte di merito esaminato le dichiarazioni dei redditi prodotte con il fascicolo di primo grado, attestanti le condizioni reddituali unitamente alle conclusioni rassegnate per la compensazione delle spese, nella denegata ipotesi di soccombenza.

6. Il ricorso è da rigettare.

7. La questione posta con il primo mezzo è già stata risolta da questa Corte con decisione condivisa e della quale si riproduce l’iter argomentativo (v. Cass. n. 28771 del 2018).

8. La L. n. 88 del 1989, art. 52, comma 2, stabilisce che le somme erogate indebitamente a titolo previdenziale non sono ripetibili, se non in presenza di dolo dell’interessato.

9. la L. n. 412 del 1991, art. 13, comma 1, formulato come norma di interpretazione autentica, ma in realtà innovativo (Corte Cost. n. 3 del 1993), integra tale regola, stabilendo che la ripetibilità di cui all’art. 52, comma 2, riguarda le somme indebitamente corrisposte per “errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore” e che la ripetibilità sussiste non solo in caso di comprovato dolo nella percezione, ma anche se l’errore sia dovuto ad “omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato” di fatti che egli fosse tenuto a comunicare, salvo risulti che l’ente fosse già a conoscenza di essi.

10. L’indebito pensionistico I.N.P.S., per essere ripetibile, deve pertanto derivare da errore imputabile all’ente, oppure occorre che il percettore sia in dolo o abbia omesso la trasmissione di comunicazioni dovute rispetto a dati non noti all’I.N.P.S.

11. la L. n. 412, art. 13, comma 2, dispone che l’I.N.P.S. “procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza”.

12. Si è affermato, al riguardo, che “l’obbligo dell’I.N.P.S. di procedere annualmente alla verifica dei redditi dei pensionati, prevista dalla L. n. 412 del 1991, art. 13 quale condizione per la ripetizione, entro l’anno successivo, dell’eventuale indebito previdenziale, sorge unicamente in presenza di dati reddituali certi, sicchè il termine annuale di recupero non decorre sino a che il titolare non abbia comunicato un dato reddituale completo” (v. Cass. nn. 3802 e 15039 del 2019; Cass. n. 953 del 2012, ma v. anche Cass. n. 1228 del 2011 e Cass. n. 18551 del 2017, su cui poi anche infra).

13. Da ciò il corollario che la questione attinente alle modifiche reddituali di cui l’ente previdenziale venga autonomamente a conoscenza in ragione della propria attività istituzionale o che siano ad esso regolarmente rese note dall’interessato, non appartiene in sè all’ambito degli errori I.N.P.S. e quindi alla sfera della non ripetibilità, soggiacendo invece alla regola di ripetibilità, ma in un termine decadenziale stabilito appunto dal citato art. 13, comma 2.

14. Ratio della disciplina è che tra la percezione di una prestazione connessa al reddito e la verifica in merito al mantenersi dei redditi al di sotto della soglia che condiziona l’an o il quantum della prestazione stessa si manifesta una “fisiologica sfasatura temporale” (Corte Cost. n. 166 del 1996), data dai tempi tecnici affinchè i dati disponibili all’Istituto siano “immessi nei circuiti delle verifiche contabili” (così ancora Corte Cost. cit.).

15. Su tali tempi tecnici si esercita la discrezionalità legislativa finalizzata a contemperare le esigenze di certezza del beneficiario, con le difficoltà insite nella complessità organizzative del sistema pensionistico.

16. Tanto premesso e passando al tema specifico posto dal ricorso all’esame, va condivisa la lettura della norma nel senso ritenuto dalla Corte territoriale.

17. Come già affermato da questa Corte (v. Cass. n. 3802 del 2019), la norma non ha riguardo (solo) al momento della conoscibilità dei redditi maturati dal percettore di una data prestazione, ma ad un’attività di verifica, ovverosia di controllo organizzato sul rapporto tra prestazioni ed entrate, con riferimento alla moltitudine di persone che godono di diritti pensionistici dipendenti dai rispettivi redditi.

18. Il dato letterale fa poi riferimento ad una verifica da effettuare annualmente, ovverosia per ciascun anno civile (come tale intendendosi il periodo dal 1 gennaio al 31 dicembre), e ad un anno successivo entro cui deve procedersi al recupero.

19. Il significato dell’avverbio annualmente è plurimo e fondante dell’intera disciplina: non contiene un termine decadenziale, ma solo la fissazione del referente temporale (a quo) del successivo termine (entro l’anno successivo) il cui superamento è idoneo a estinguere il diritto.

20. Pertanto, per un verso, la decadenza di cui all’art. 13, comma 2, riguarda il mancato rispetto del termine finale per l’attività di recupero e non il termine stabilito per le attività di verifica annuali, rispetto al quale la previsione ha la portata di una mera norma di azione della P.A., finalizzata a scandirne l’incedere accertativo.

21. Per altro verso, sulla scia della giurisprudenza di legittimità secondo cui la verifica può aversi solo allorquando l’ente sia in possesso di dati reddituali certi (v., fra le tante, Cass.n. 953 del 2012), il senso della previsione è quello per cui il termine, nel suo complesso, ha decorrenza dall’anno in cui l’ente ha avuto conoscenza (o conoscibilità) dei dati da cui emerge il superamento dei limiti reddituali e quindi li ha anche potuti verificare.

22. D’altra parte, proseguendo nell’esegesi della norma, essa non afferma che il recupero debba intervenire entro un anno dalla verifica, ma entro l’anno successivo, ove l’aggiunta dell’aggettivo “successivo” risulterebbe pleonastica se il senso fosse quello di fare riferimento al termine di un anno calcolato dal momento di conoscibilità dei redditi.

23. Pertanto l’art. 13, comma 2, si interpreta nel senso che, nell’anno civile in cui si è avuta conoscibilità dei redditi, deve procedersi alla verifica e che entro l’anno civile successivo a quello destinato alla verifica deve procedersi, a pena di decadenza, al recupero.

24. Nella specie, la condotta omissiva in riferimento ai redditi del 2008 ha reso inoperativa la decorrenza del termine di recupero, e in riferimento ai redditi per gli anni successivi e fino a giugno 2011, in mancanza dell’indicazione della data per il compimento della verifica INPS nella norma innovativa del D.L. n. 78 del 2009, il termine per la ripetibilità entro l’anno successivo non può che riferirsi all’intero anno solare per cui l’atto di recupero dell’agosto 2011 è da considerare tempestivo perchè la decadenza di cui al D.L. n. 78 cit. maturava allo spirare del 31.12.2011.

25. Va poi ricordato, in continuità con la consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di indebito previdenziale, che il pensionato che chieda l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta ovvero l’esistenza di un titolo che consenta di qualificare come adempimento quanto corrispostogli (v., fra le tante, Cass. n. 1228 del 2011; Cass. n. 2739 del 2016).

26. Il secondo motivo è inammissibile perchè la parte si limita ad evocare dichiarazione di redditi asseritamente allegata al fascicolo di primo grado senza richiamare o riprodurre la dichiarazione reddituale non risultando quindi consentito alla Corte, già sulla base del ricorso, di apprezzare la decisività di quanto affermato o comunque la rilevanza dell’omessa valutazione sul punto da parte della Corte territoriale, in violazione degli oneri di specificità, anche sotto il profilo dell’autosufficienza espositiva ed argomentativa, nella formulazione dei motivi, di cui all’art. 366 c.p.c., nn. 4 e 6 (v., fra le tante, Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013).

27. Peraltro deve rilevarsi che anche agli effetti dell’esonero dall’onere delle spese nel giudizio di legittimità non viene allegata la dichiarazione personale sottoscritta dalla parte richiedente, per cui non sussistono le condizioni per esonerare la parte soccombente dall’onere delle spese (v., fra le tante, Cass. n. 5896 del 2014).

28. Pertanto, le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

29. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 13 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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