Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3183 del 11/02/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 3183 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 19307-2008 proposto da:
TECHNICOLOR

S.P.A.,

rappresentante pro

in

persona

del

legale

tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI N. 82 ROMA, presso lo
studio dell’avvocato LUCA VINCENZO ORSINI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;

2013

ricorrente

contro

29

MARCHETTI SIMONLUCA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 5909/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 11/02/2013

di ROMA, depositata il 09/05/2008 R.G.N. 3823/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
IANNIELLO;
udito l’Avvocato ORSINI VINCENZO LUCA (per procura);

Generale Dott. MARCELLO MATERA 2 che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ritualmente notificato, la s.p.a. Technicolor chiede, con tre
motivi, la cassazione della sentenza depositata il 9 maggio 2008, con la quale
la Corte d’appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, ha annullato il licenziamento per giusta causa comunicato dalla società, con racco-

montatore di pellicole cinematografiche e di materiale televisivo, in base alle
contestazioni disciplinari in precedenza formulate con lettera del 27 ottobre.
In ordine ai tre episodi disciplinarmente rilevanti contestati al lavoratore
e valutati dalla società nel loro complesso, ai fini della decisione di licenziare
il Marchetti, la Corte territoriale ha rilevato che: a) il primo di essi, relativo ad
un fatto accaduto il 25 settembre 2003, era stato già sanzionato con la sospensione con lettera del 29.10.03, per cui non poteva assumere autonoma rilevanza ai fini della determinazione della sanzione; b) il terzo, relativo al medesimo
episodio del 25 ottobre, per un aspetto ulteriore di questo, disciplinarmente rilevante, non avrebbe potuto essere più contestato, attenendo al medesimo fatto
già sanzionato; comunque la relativa contestazione sarebbe stata tardiva e in
ogni caso il fatto poteva ritenersi giustificato; c) il secondo, valutato nel contesto in cui era maturato, non sarebbe talmente grave da comportare la più grave
delle sanzioni, tanto più che nel C.C.N.L. il licenziamento sarebbe previsto,
per il caso di mancanza o trascuratezza nell’osservanza degli obblighi contrattuali, solo in caso di recidiva, nella specie non contestata.
L’intimato non si è costituito in questa sede.
All’udienza fissata per la discussione, dopo le conclusioni del P.G.
pervenuta al collegio la certificazione del decesso, in data 2 giugno 2012, del
difensore domiciliatario della società, per cui sono stati disposti il rinvio a
nuovo ruolo della causa e la notifica dell’avviso della nuova fissanda udienza
direttamente alla ricorrente, in persona del suo legale rappresentante, nella se-

mandata del 3 dicembre 2003, al proprio dipendente Simonluca Marchetti,

de legale della stessa, quest’ultima poi correttamente effettuata per la odierna
udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1 — Col primo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 9,
112, 434 e 437 c.p.c.

introduttivo, unicamente il fatto che l’ultima contestazione sarebbe stata intempestiva, la seconda sarebbe stata infondata e rimasta priva del provvedimento disciplinare e la prima avrebbe avuto ad oggetto una mancanza già sanzionata, mentre non avrebbe contestato la proporzionalità della sanzione.
Solo in appello il Marchetti avrebbe genericamente accennato al fatto
che la sanzione non era proporzionata alla gravità dei fatti, ma in maniera da
ritenere tardiva e senza riferimento alle norme disciplinari di cui al C.C.N.L.
applicato al rapporto.
Il motivo è infondato.
La ricorrente non riproduce infatti esattamente le deduzioni difensive iniziali del lavoratore, sicché questa Corte non è in grado di valutare la rilevanza e la decisività della censura.
Si rileva peraltro che le difese della società in primo grado e in appello,
come riassunte nel ricorso per cassazione, affrontano il tema della gravità delle mancanze contestate, ai fini della giustificazione del licenziamento anche
sul piano della proporzionalità della relativa reazione, sicché il tema doveva
essere ritenuto implicitamente dedotto in giudizio con le indicate difese del
Marchetti, relative all’esaurimento della rilevanza disciplinare del primo dei
fatti contestati, alla infondatezza del secondo (in base a deduzioni in fatto, ritenute dalla Corte territoriale implicanti un giudizio di non gravità
dell’accaduto) e alla tardività della contestazione del terzo.
Quanto, infine, al richiamo, operato dalla sentenza alle norme del
C.C.N.L. in materia di sanzioni disciplinari, trattasi comunque di considera2

Secondo la società, infatti, il Marchetti avrebbe denunciato, col ricorso

zioni aggiuntive rispetto a quelle riguardanti la gravità sul piano oggettivo e
soggettivo della mancanza e quindi la proporzionalità della sanzione espulsiva, introdotte infatti dall’espressione “tanto più che…”, le quali non assumono, nell’economia della motivazione, carattere decisivo, anche solo in concorso con altre.

tutto investita dalla deduzione di violazione degli artt. 7 L. n. 300/70 e 211
c.c..
La Corte aveva ritenuto tardiva la terza contestazione perché erano trascorsi 30 giorni dal fatto, quando è noto che in imprese di determinate dimensioni i tempi di accertamento interno possono essere lunghi, per cui la tempestività assume un valore relativo.
La Corte ha anche ritenuto che tale fatto contestato era il medesimo,
mentre era solo un fatto concomitante, che ne aggravava la rilevanza.
2.2. – Nel giustificare il comportamento del Marchetti (col rilevare che
il dipendente non avrebbe capito che era stato convocato per chiarimenti in
ordine al proprio comportamento dal direttore della produzione), la Corte non
avrebbe tenuto conto delle risultanze testimoniali secondo le quali al Marchetti
era stata chiaramente detto dal capo reparto che il direttore della produzione
voleva chiarimenti in ordine all’episodio, ma lui si era rifiutato di darne.
Sul tema della proporzionalità, quanto al secondo episodio, la Corte avrebbe inoltre omesso di considerare che il Marchetti, commesso un errore, lo
aveva dolosamente celato. E comunque le giustificazioni che rinviene la Corte
territoriale sarebbero illogiche: il suo stato di agitazione, l’aver cercato di rimediare da solo, in maniera a posteriori accettata dal cliente.
Anche questo motivo è infondato.
In proposito va infatti rilevato che la Corte ha accertato, con articolata
motivazione, che gli organi preposti alla iniziativa disciplinare non potevano
non essere a conoscenza dell’episodio contestato per terzo, fin dall’epoca della
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2.1 — Col secondo motivo, articolato in due censure, la sentenza è anzi-

contestazione del primo (a suo tempo autonomamente sanzionato con la sospensione) e costituente del resto un’appendice, temporalmente contigua rispetto a questo.
I giudici hanno quindi desunto da ciò e dal fatto che a suo tempo era stata contestata e sanzionata solo la prima parte dell’episodio (e pertanto non dal

parte, ritenendo pertanto tardiva la successiva iniziativa disciplinare riguardo a
quest’ultima.
Trattasi di una valutazione congrua, immune dai vizi logici denunciati
senza tenere in debito conto le reali argomentazioni della Corte d’appello.
Resta assorbito l’esame delle censure che investono la valutazione di identità del fatto contestato nei due momenti e il giudizio di infondatezza del
fatto contestato per terzo.
Quanto infine al terna della proporzionalità della sanzione rispetto
all’unica contestazione ritenuta dalla Corte territoriale residuare (la seconda,
secondo la quale, in fase di lavorazione del negativo originale di una pellicola,
il Marchetti avrebbe effettuato un taglio errato, non conforme alla copia lavoro
fornita dal cliente e, accortosi dell’errore, avrebbe recuperato la lunghezza del
fotogramma in coda, al fine di coprire maldestramente l’errore), i giudici
dell’appello hanno ridimensionato la gravità dell’episodio con una serie di
considerazioni (non ultima quella relativa al fatto che il cliente aveva accettato
il modo in cui l’errore era stato corretto) che si sottraggono alle censure di illogicità, di tipo sostanzialmente assertivo, formulate dalla ricorrente.
3 — Col terzo motivo, la società censura la motivazione della sentenza
per insufficienza della stessa, in ordine al fatto della necessaria detrazione
dell’ aliunde perceptum dal Marchetti dopo il licenziamento, il cui accertamento era stato chiesto dalla società ai giudici con istanza da questi respinta con la
motivazione che l’onere della prova gravava sulla società e che ordini di esibizione di denunce dei redditi o assunzioni di informazioni presso l’INPS sono
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semplice ritardo di trenta giorni), l’acquiescenza della società rispetto all’altra

ammissibili solo quando la prova non è acquisibile aliunde e l’iniziativa non
ha finalità esplorative.
La relativa decisione viene censurata (oltre che con un richiamo, poi
non sviluppato, alla regola della “vicinanza della prova” che dovrebbe reggere
il relativo onere in giudizio) sulla base della considerazione che la società, fin

il licenziamento, altro lavoro, che tale fatto non era stato contestato dal Marchetti, per cui doveva ritenersi acquisito in giudizio e che la richiesta di esibizione e di informazioni presso l’INPS mirava unicamente a provare che tale
lavoro era prestato a titolo oneroso.
Il motivo è inammissibile, in difetto di specifica deduzione di avere
tempestivamente dedotto nel giudizio di merito la mancata contestazione da
parte del Marchetti del fatto dell’espletamento di una nuova attività lavorativa.
Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto.

Nulla per le spese, non avendo l’intimato svolto difese in questa sede.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così decis in Roma, il 9 gennaio 2013
Il C tJiere relatore

Il Presidente

dal giudizio di primo grado, aveva affermato che il dipendente svolgeva, dopo

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