Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3183 del 04/02/2019

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2019, (ud. 22/11/2018, dep. 04/02/2019), n.3183

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20525-2013 proposto da:

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI

MIRTI 40, presso lo studio dell’avvocato EMANUELE FOSCHI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO VOCINO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, DE ROSE EMANUELE, CARLA DALOISIO, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

e contro

GEMA S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3967/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 11/09/2012 R.G.N. 5457/2009.

Fatto

RILEVATO

CHE:

la Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 3967/2012, ha respinto il gravame proposto da B.V. avverso la pronuncia del Tribunale di Foggia che aveva a propria volta parzialmente rigettato l’opposizione a cartella esattoriale proposta dal predetto nei riguardi dell’I.N.P.S. e di Gema s.p.a., concessionaria della riscossione;

la Corte riteneva che l’appellante non avesse in sostanza contestato le specifiche irregolarità, da cui era scaturito il diniego di fruizione degli sgravi ed il conseguente recupero contributivo;

infatti, quanto alla contestazione dell’insufficienza della retribuzione rispetto ai parametri del C.C.N.L. di settore, la Corte rilevava come essa fosse stata sollevata compiutamente solo in appello, e quindi tardivamente, mentre, rispetto alle somme da accantonare presso la Cassa Edile per ferie, festività, riposi e gratifiche, la Corte, da un lato, osservava come lo stesso B. riconoscesse di avere versato direttamente in busta paga solo un parte del credito, mentre, per altro verso, il mancato accantonamento era da considerare comunque causa ostativa alla fruizione degli sgravi;

infine, quanto alle sanzioni, la Corte riteneva che esse fossero state correttamente applicate nella misura prevista dalla L. n. 662 del 1996, salvo conguaglio successivo, rispetto alla minor misura di cui alla L. n. 338 del 2000, art. 116; il B. ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, resistiti da controricorso dell’I.N.P.S. mentre Gema s.p.a. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo articolato motivo il B. adduce la violazione del D.L. n. 338 del 1989, art. 6 convertito con mod. in L. n. 389 del 1989, dell’art. 19 CCNL Cassa Edili e dell’art. 1271 c.c. oltre ad omesso esame di un fatto decisivo, consistente nell’eccezione relativa alla contestazione del versamento di una retribuzione inferiore;

il motivo va disatteso;

il D.L. n. 338 del 1989, art. 6, comma 9, convertito con mod. in L. n. 389 del 1989, esclude il diritto alla fruizione degli sgravi rispetto a lavoratori che “siano stati retribuiti con retribuzioni inferiori a quelle previste dall’art. 1, comma 1” della medesima legge, ovverosia in misura minore delle retribuzioni stabilite da “leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale” (così l’art. 1, comma cit.);

nel ricorso per cassazione si assume che già nel ricorso di primo grado vi sarebbe stato il rilievo di “tutte le ragioni di illegittimità dell’operato dell’I.N.P.S., poi riproposte in sede di gravame”, ma tale argomentazione è del tutto generica, mancando il riferimento alla deduzione in primo grado dell’avvenuta corresponsione della retribuzione in misura corretta, nè essendo stato trascritto, in ottemperanza al requisito di specificità, sotto il profilo dell’autosufficienza, richiesto, per quanto qui interessa, dall’art. 366 c.p.c., nn. 3, 4 e 6, il passaggio del ricorso davanti al Tribunale in cui la questione sarebbe stata introdotta;

l’affermazione di cui al ricorso per cassazione secondo cui l’I.N.P.S. avrebbe omesso di indicare i periodi di paga interessati dall’insufficiente retribuzione o a quanto ammontassero le differenze retributive, risulta parimenti inidonea ad introdurre un valido motivo di legittimità, proprio perchè non accompagnata da puntuali e specifici richiami al fatto che tali questioni fossero state, come doveva essere, dedotte già davanti al Tribunale, come anche poi presso la Corte d’Appello;

quanto infine all’osservanza dell’onere della prova, al quale è accenno nell’ambito del motivo in esame, deve ricordarsi come, una volta contestata dall’ente l’irregolarità ostativa alla fruizione di sgravi, spetta al datore di lavoro (Cass. 18 gennaio 2018, n. 1157; Cass. 26 ottobre 2010, n. 21898);

sempre il primo motivo, rispetto al mancato accantonamento di alcuni importi (remunerazione per ferie, gratifiche natalizie e festività) presso la Cassa Edile, sostiene inoltre che la Corte avrebbe errato nel non considerare che tali emolumenti, seppure non accantonati presso tale Cassa, erano stati pagati direttamente ai lavoratori;

tuttavia, anche a voler ammettere che il pagamento diretto delle corrispondenti voci retributive ai lavoratori che ne avevano diritto assolva alla condizione richiesta per il godimento degli sgravi, il ricorrente non considera in alcun modo, nell’impugnare in sede di legittimità, il fatto che la Corte d’Appello non ha disconosciuto in toto l’avvenuto pagamento diretto ai lavoratori, sottolineando però come tale pagamento riguardasse “solo una parte del credito”, sicchè per il residuo permaneva l’inadempimento del B.;

poichè anche un inadempimento parziale agli obblighi retributivi integra l’ipotesi del pagamento inferiore al dovuto per il quale l’art. 3, comma 6, lett. g) esclude il godimento degli sgravi per inosservanza dei C.C.N.L., il ricorrente avrebbe dovuto censurare, in tutto o in parte, in sede di legittimità anche tale ratio decidendi, come invece non è avvenuto;

il ricorso in parte qua risulta quindi inammissibile, perchè è destinato a divenire definitivo l’accertamento dell’esistenza di un parziale inadempimento, quale giustificazione del diniego degli sgravi;

con il secondo motivo il B. afferma la violazione da parte della Corte pugliese della L. n. 388 del 2000, art. 116, commi da 8 a 20, per avere ritenuto che le sanzioni dovessero essere applicate secondo la disciplina di cui alla L. n. 662 del 1996, e non secondo quella della L. n. 388 del 2000;

il motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale ha fatto correttamente leva sul disposto della L. n. 388 del 2000, art. 18 che coordina, attraverso un sistema di conguagli, la persistente applicazione al pagamento (solve) delle sanzioni delle norme della L. n. 662 del 1996, cui segue un diritto al conguaglio (repete) nell’ambito dei successivi oneri contributivi;

in proposito si è in effetti affermato che “in tema di sanzioni civili per omissioni contributive, la L. n. 388 del 2000, in deroga al principio “tempus regit actum”, ha sancito la generalizzata applicazione del sistema sanzionatorio previsto dalla L. n. 662 del 1996 a tutte le omissioni contributive, in qualunque tempo poste in essere, purchè esistenti ed accertate alla data del 30 settembre 2000, contemperando la “voluntas legis”, da un lato, di applicare con effetto retroattivo la nuova disciplina più favorevole agli obbligati di cui all’art. 116, commi da 8 a 17 e, dall’altro, di evitare di interferire sulle attività di cartolarizzazione e di iscrizione a ruolo, già effettuate sulla base della disciplina precedente. In tal modo sono state tenute ferme le penalità di cui alla L. n. 662 citata e, nel contempo, è stato riconosciuto alle aziende sanzionate in modo più consistente un credito contributivo allo scopo di alleggerirne l’impatto, con disciplina di intrinseca ragionevolezza” (Cass. 1 settembre 2009, n. 22001, v. anche Cass. 27 gennaio 2015, n. 1476);

al rigetto del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’I.N.P.S. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2019

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