Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31828 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2019, (ud. 19/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31828

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3302-2018 proposto da:

R.C. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ATTILIO REGOLO

12/D, presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, rappresentato e

difeso dall’avvocato SALVATORE CARAGLIANO;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, BONANNO NUNZIO, MANGAMELI MARIA NIVEA,

BONANNO CATIA MARIA ANTONIETTA, BONANNO SANTO, CARBONE MARIA, PISANO

CONCIUTA, CA.RIGE. ASSICURAZIONI SPA OGGI ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 676/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 13/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA

GRAZIOSI.

La Corte.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Siracusa, sezione distaccata di Lentini, con sentenza del 21 maggio 2012, condannava solidalmente B.N. e B.C.M.A., M.M.N. e Groupama Assicurazioni S.p.A. a risarcire R.C. per i danni derivatigli da un sinistro stradale nella misura di Euro 25.640 oltre accessori, rigettandone ogni ulteriore pretesa e compensando le spese di lite.

Groupama Assicurazioni S.p.A. proponeva appello principale e R.C. appello incidentale. La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 13 aprile 2017, accoglieva parzialmente entrambi.

Avverso tale sentenza R.C. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi, dal quale nessuno degli intimati si è difeso. Il ricorrente ha depositato anche memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

Deve darsi atto che il ricorrente ha nelle more depositato una istanza che propone questioni attinenti ad “una eventuale rinotifica del ricorso” a B.N. e M.M.N., il che peraltro è assorbito da quel che ora si verrà ad osservare.

1. Il primo motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, in relazione all’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. “in confronto” con gli artt. 141,142,148 e 149 C.d.S.; denuncia altresì motivazione inesistente o apparente relativamente a fatti decisivi; il riferimento sarebbe all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5

Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., art. 115 c.p.c., comma 2, artt. 1226 e 2697 c.c., in realtà, e non conformemente al multiplo contenuto delle rispettive rubriche, tanto il primo motivo quanto il secondo motivo sono collocati su un piano direttamente fattuale, perseguendo, con evidente inammissibilità, dalla Suprema Corte una revisione della decisione impugnata nel merito, anche sotto il profilo del quantum dei danni che sarebbero stati patiti, così travalicandosi – in modo ictu oculi percepibile – i confini della giurisdizione di legittimità chiaramente imposti dall’art. 360 c.p.c..

2. Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.: il giudice d’appello avrebbe condannato l’attuale ricorrente a restituire “le somme percepite post inibitoria”, pur avendo la compagnia assicuratrice proposto la domanda “solo in limine” e nonostante la mancata accettazione del contraddittorio.

In effetti, la compagnia assicuratrice aveva proposto l’appello principale avverso la sentenza di primo grado (come già si è esposto più sopra), e all’udienza tenuta dalla corte territoriale in data 26 settembre 2016 (si veda a pagina 9 della motivazione della sentenza impugnata) aveva dichiarato di avere corrisposto all’attuale ricorrente, in esecuzione della sentenza di primo grado, la somma di Euro 15.787,19, chiedendone la restituzione (la precisazione delle conclusioni avvenne poi all’udienza del 17 ottobre 2016).

Non si trattò quindi – è del tutto evidente – di una “domanda nuova”, bensì della richiesta di restituzione di quanto versato in adempimento della sentenza di primo grado, richiesta logicamente correlata all’appello. E la corte territoriale, poi, condannava l’attuale ricorrente a restituire alla compagnia la differenza “tra quanto con la presente liquidatogli e quanto percepito”, cìoè Euro 12.875,89 oltre interessi legali da pagare a saldo.

Il motivo è quindi privo di alcuna consistenza.

3. Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, lamentando che la corte territoriale avrebbe dovuto condannare alle spese di primo grado controparte nella misura del 10% oppure compensarle integralmente.

Anche questo motivo è del tutto privo di consistenza: è principio del tutto consolidato che la compensazione delle spese è affidata alla discrezionalità del giudice come la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha stabilmente affermato (cfr., tra gli arresti recenti, Cass. sez. 6-3, ord. 17 ottobre 2017 n. 24502 – per cui “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi”-, la conforme Cass. sez. 5, ord. 31 marzo 2017 n. 8421, nonchè Cass. sez. 2, 20 dicembre 2017 n. 30592; e sui consolidati fondamenti di questo insegnamento nomofilattico cfr. già S.U. 15 novembre 1994 n. 9597, per cui “la decisione del giudice di merito di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, essendo l’espressione di un potere discrezionale attribuito dalla legge, è incensurabile in sede di legittimità, a meno che essa non sia accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche, tali da inficiare, stante la loro inconsistenza, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto.”).

Entrambi gli ultimi motivi, dunque, patiscono inammissibilità in riferimento all’art. 360 bis c.p.c., il che conduce alla inammissibilità di tutto il ricorso, ciò assorbendo ogni profilo di notifica per difetto di interesse degli intimati. E non essendosi questi ultimi difesi non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. cit., comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e non luogo a provvedere sulle spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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