Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31826 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 05/12/2019), n.31826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2608-2018 proposto da:

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SETTEMBRINI N. 30, presso lo studio dell’avvocato ERICH GRIMALDI,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.P., E.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato CALCEDONIO PORZIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4727/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata l’11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

CAVALLARO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza depositata l’11.7.2017, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato la domanda di S.L. volta alla declaratoria della natura subordinata della collaborazione domestica prestata alle dipendenze di E.S. e P.P. e al pagamento delle consequenziali differenze retributive;

che avverso tale pronuncia S.L. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di censura;

che E.S. e P.P. hanno resistito con controricorso;

che è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale reso motivazione contraddittoria e perplessa a sostegno della reiezione della domanda;

che con il secondo e il terzo motivo, la ricorrente lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. e, rispettivamente, dell’art. 36 Cost. e degli artt. 2099, 2109, 2114, 2115, 2116 e 2120 c.c., anche in riferimento al CCNL per i lavoratori occupati quali collaboratori domestici, per avere la Corte di merito disatteso le risultanze istruttorie e aver ritenuto la congruità del compenso da lei percepito nel corso della collaborazione;

che, con riguardo al primo motivo, è ormai consolidato il principio di diritto secondo cui è denunciabile per cassazione l’anomalia motivazionale che si concretizza nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, quale ipotesi che non rende percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. S.U. n. 8053 del 2014, cui ha dato seguito, tra le più recenti, Cass. n. 12096 del 2018);

che, nel caso di specie, la sentenza impugnata, dopo aver escluso che le risultanze istruttorie potessero deporre nel senso che l’odierna ricorrente avesse intrattenuto con i controricorrenti “un rapporto di lavoro subordinato continuativo così come ritenuto dal giudice di primo grado”, ha nondimeno affermato che ella avrebbe svolto “lavori di pulizia (…) nel periodo accertato dal primo giudice (1.9.2003-31.10.2006), ma osservando un differente orario lavorativo, che può attestarsi verosimilmente sulle dieci ore settimanali”, ritenendo quest’ultimo “maggiormente compatibile con la circostanza di fatto incontestata (…) della corresponsione in favore della S. di Euro 50,00 a settimana”, dal momento che “non sarebbe I…1 plausibile ipotizzare un rapporto di lavoro che preveda un orario di trentacinque ore settimanali come quello Il riconosciuto dal primo giudice (…I a fronte di una retribuzione settimanale del tutto inadeguata di Euro 50,00” (cfr. pagg. 3-4 della sentenza impugnata);

che la suesposta argomentazione appare palesemente contraddittoria, anzitutto perchè, dopo aver negato la sussistenza di un rapporto di lavoro continuativo, ne dà invece per provato lo svolgimento, ancorchè per un minor orario, e in secondo luogo perchè presume di poter inferire la ricorrenza in specie di un minor orario di lavoro dalla esiguità della retribuzione pacificamente corrisposta, laddove l’inadeguatezza di quest’ultima a fronte del maggior orario di lavoro dedotto in ricorso (e, per inciso, ritenuto provato dal primo giudice) costituiva precisamente l’oggetto del giudizio per differenze retributive;

che, pertanto, non potendo in specie comprendersi l’iter logico seguito dai giudici di merito per la formazione del proprio convincimento, a causa dell’evidenziato contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, il ricorso, assorbiti il secondo e il terzo motivo, va accolto e, cassata la sentenza impugnata, la causa va rinviata alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione;

che, in considerazione dell’accoglimento del ricorso, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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