Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31825 del 10/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 10/12/2018, (ud. 16/10/2018, dep. 10/12/2018), n.31825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20037-2017 proposto da:

L.L., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato STEFANIA MUGNAI;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore D.G.,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANDREA MERLO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

VETRERIA BREMBANA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3170/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 07/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. TERRUSI

FRANCESCO.

Fatto

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Milano ha rigettato il reclamo di L.L. avverso la sentenza che, su ricorso di Vetreria Brembana s.r.l., aveva dichiarato il fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, della quale L. era socio di maggioranza e amministratore unico;

per quanto ancora rileva, la corte d’appello ha ritenuto esistente il requisito di cui alla L. fall., art. 1, in relazione al dato di bilancio dell’anno 2015, evidenziante ricavi lordi ammontanti a Euro 275.297,00 e da solo sufficiente a segnare le sorti del reclamo;

a tal riguardo ha sottolineato che la nozione di ricavo, da conteggiare ai fini specifici, non poteva dirsi confinata ai soli corrispettivi dell’attività tipica d’impresa (dal reclamanti esposti in Euro 198.710,00), essendo da computare anche gli “altri ricavi e proventi” di cui alla voce A5 del bilancio, con conseguente necessità di includere nel computo tutti i proventi, anche straordinari, esposti in ragione di Euro 76.587,00 (voce E 20), di Euro 9.178,00 per plusvalenze da alienazioni e di Euro 67.409,00 a ignoto titolo; per la cassazione della sentenza il L. propone ricorso affidato a un motivo;

la curatela replica con controricorso e propone a sua volta due motivi di ricorso incidentale condizionato;

il creditore istante non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo del ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione della L. fall., art. 1 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., poichè decidendo nel senso suddetto la corte milanese avrebbe considerato una nozione di ricavo lordo inclusiva di voci non pertinenti;

il motivo è manifestamente fondato;

in tema di requisiti dimensionali di esonero dalla fallibilità di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, lett. b, questa Corte ha più volte affermato che l’individuazione dei “ricavi lordi”, che vanno considerati ricavi in senso tecnico, suppone doversi fare riferimento alle voci n. 1 (“ricavi delle vendite e delle prestazioni”) e n. 5 (“altri ricavi e proventi”) dello schema obbligatorio di conto economico previsto dall’art. 2425 c.c., lett. A;

non rientrano, invece, in tale nozione le voci dalla n. 2 alla n. 4 del menzionato schema (v. Cass. n. 28667-13, Cass. n. 4526-15 e altre);

difatti il criterio quantitativo dei ricavi lordi annui va correlato alla cd. gestione ordinaria dell’impresa, donde dalla nozione rilevante per la L. fall., art. 1, restano fuori i proventi finanziari, le rivalutazioni e i proventi straordinari rispettivamente indicati dall’art. 2425 c.c., lett. C, D ed E;

l’impugnata sentenza, diversamente giudicando e reputando così assorbente il profilo, come sopra erroneamente inteso, della quantificazione dei ricavi lordi dell’anno 2015, ha chiaramente infranto il principio esposto;

essa va dunque cassata con rinvio per nuovo esame;

il ricorso incidentale condizionato è inammissibile;

col primo motivo si assume, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi a proposito dell’insufficienza o inattendibilità del bilancio (detto “bilancino di verifica”) 2016, mentre col secondo, sempre ai sensi dell’art. 360, n. 5, si denunzia l’omesso esame di fatti decisivi quanto all’inattendibilità dei bilanci del 2014 e del 2015;

in verità l’impugnata sentenza ha considerato assorbite le questioni sollevate a mezzo dei suddetti motivi; e nel giudizio di cassazione è giustappunto pacificamente inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa nel giudizio di merito sollevi questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la ratio decidendi da altre di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, come nella specie, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (v. Cass. n. 9907-10, Cass. n. 3796-08, Cass. n. 22501-06); in conclusione, il ricorso principale deve essere accolto e l’incidentale dichiarato inammissibile; l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello, la quale, in diversa composizione, si uniformerà al principio di diritto sopra esposto e provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Milano.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 dicembre 2018

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