Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31822 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24981-2018 proposto da:

S.C., rappresentata e difesa dall’Avvocato MASSIMILIANO

SITTA, presso il cui studio a Ferrara, via Ludovico Ariosto 24/A,

elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A., quale erede di V.R., rappresentato e

difeso dall’Avvocato MICHELA MURADOR e dall’Avvocato ALESSANDRO

GABELLONE, presso il cui studio a Ferrara, via Garibaldi 92, per

procura speciale in calce al controricorso

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA, depositata il

15/2/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/9/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il tribunale di Ferrara, con sentenza del 2008, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta da V.R., ha revocato il decreto con il quale lo stesso tribunale aveva ingiunto a quest’ultimo il pagamento, in favore dell’avv. Cristiana Sitta, della somma di Euro 13.898,83, oltre interessi, per le prestazioni professionali che la stessa, congiuntamente al suo defunto padre, avv. Enrico Sitta, aveva reso nell’interesse del ricorrente.

Il tribunale, in particolare, ha ridotto la somma dovuta ad Euro 9.000,00, oltre interessi.

Il Vaccarella ha proposto appello, al quale l’avv. Sitta ha resistito proponendo appello incidentale nella parte in cui il tribunale aveva determinato il compenso dovuto in misura inferiore rispetto a quella ritenuta congrua dal consiglio dell’ordine degli avvocati e, comunque, in misura inferiore rispetto ai minimi tariffari.

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, per quanto ancora rileva, ha rigettato l’appello incidentale proposto dall’avv. Sitta.

La corte, in particolare, dopo aver rilevato che non risultava contestato l’ammontare delle spese sostenute (relative a tre cause, pari alla somma complessiva di Euro 624,70) e dei diritti di procuratore (pari ad Euro 3.409,93, somma comprensiva del 10% richiesto quale rimborso delle spese generali, “evidentemente sul presupposto dell’applicabilità della tariffa di cui al D.M. 5 ottobre 1994, n. 585”), per un totale di Euro 4.034,63, e che il tribunale (detratto dall’importo complessivo dovuto la somma di Euro 650,00 corrispondente agli acconti ricevuti) aveva determinato gli onorari dovuti all’avv. Sitta nella somma di Euro 5.104,88, oltre al 10% per spese forfettarie, ha ritenuto che “le considerazioni svolte dal tribunale in ordine alle cause riguardanti il compenso di cui si discute (si tratta di cause che, pur se di valore indeterminabile, non presentano aspetti di complessità, riguardano in parte vicende collegate e che pertanto importano minor impegno di studio e nelle quali, trattandosi di procedimenti ancora in corso, il professionista non aveva svolto le difese finali), giustificano la determinazione degli onorari in misura prossima ai minimi della tariffa applicabile (più precisamente compresa tra il valore minimo e quello medio) e che porterebbero ad una liquidazione di onorari

nella misura di Euro 2.200,00…, Euro 1.800,00 ed Euro 1.100,00…

e quindi di una somma (Euro 5.100,00, oltre rimborso forfettario spese generali nella misura del 10%) di poco inferiore a quella in concreto determinata dal tribunale”.

La corte, quindi, ha concluso nel senso che la sentenza impugnata doveva essere confermata per quanto concerne la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell’opponente al pagamento della minor somma di Euro 9.000,00.

L’avv. Cristiana Sitta, con ricorso notificato in data 20/7/2018, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata il 21/6/2018.

V.A., nella dichiarata qualità di figlio e di erede di R.V., deceduto il 27/8/2016, ha resistito con controricorso notificato in data 21/9/2018 nel quale ha, tra l’altro, dedotto la nullità della procura speciale rilasciata dalla ricorrente al suo difensore.

Le parti hanno depositato memorie. La ricorrente, in particolare, ha eccepito il difetto di legittimazione di V.A. e, quindi, l’inammissibilità del controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo che ha articolato, la ricorrente, lamentando l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e la violazione del principio di inderogabilità dei minimi tariffari, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha rigettato l’appello incidentale che l’avv. Sitta aveva proposto sul rilievo che le considerazioni svolte dal tribunale in ordine alle cause per le quali la stessa aveva maturato il compenso, ne giustificavano la determinazione in misura prossima ai minimi tabellari.

1.2. Così facendo, infatti, ha osservato la ricorrente, la corte ha omesso di rispettare i minimi tariffari in violazione del principio di inderogabilità degli stessi. L’importo degli onorari, infatti, era stato determinato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Ferrara tenuto conto delle tariffe forensi in vigore nell’anno 2005, per cui la riduzione operata dal tribunale, prima, e dalla corte d’appello, poi, che perviene alla liquidazione complessiva di Euro 5.100,00 per le tre cause in questione, omette di rispettare i minimi tariffari, non avendo tenuto conto delle tariffe all’epoca in vigore.

1.3. L’attività svolta nell’interesse del Vaccarella, del resto, ha proseguito la ricorrente, è stata impegnativa, essendo stata espletata, oltre che per l’attività introduttiva, anche per l’attività istruttori, per cui l’assunto della corte secondo cui si è trattato di cause che non presentavano aspetti di complessità, è del tutto carente di motivazione. La corte, del resto, avendo provveduto alla liquidazione complessiva degli onorari nella misura di Euro 2.200,00 per la prima causa, Euro 1.800,00 per la seconda causa ed Euro 1.100,00 per la terza, ha omesso di indicare i criteri attraverso i quali è pervenuta a tale determinazione.

2. Il motivo è inammissibile. Il superamento, da parte del giudice, dei limiti minimi e massimi della tariffa forense nella liquidazione degli onorari spettanti al difensore richiede, ai fini della specificità del motivo, che nel ricorso per cassazione siano specificati i singoli conteggi contestati e le corrispondenti voci della tariffa professionale violate. Nel caso di specie, al contrario, la ricorrente non ha specificamente indicato le voci della tariffa professionale, con la relativa misura minima, che la determinazione degli onorari complessivamente svolta dal giudice di merito avrebbe violato, a nulla, evidentemente, rilevando la loro determinazione solo nella memoria successivamente depositata.

3. Il ricorso, in definitiva, per l’inammissibilità dell’unico motivo in cui è articolato, è inammissibile. E ciò assorbe ogni questione relativa alla validità della procura difensiva rilasciata dalla ricorrente al suo difensore.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. V.A., infatti, nella sua incontestata qualità di figlio di R.V., avendo notificato il controricorso, ha assunto un contegno incompatibile con la volontà di rinunciare alla relativa eredità ed ha, per l’effetto, assunto, in via tacita, lo status di erede dello stesso.

5. Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Seconda Civile – 2, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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