Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31820 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27772/2018 R.G. proposto da:

AVV. P.R., con domicilio in Busto Arsizio, via Bramante 1;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t..;

– intimato –

avverso l’ordinanza del Tribunale di Busto Arsizio depositata in data

14.9.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

12.9.2019 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., l’Avv. P.R. ha chiesto al Tribunale di Busto Arsizio la liquidazione del compenso per l’attività di difensore di ufficio svolta in favore di B.M. nel procedimento penale n. r.g. 9967/2015.

Per quanto rileva nel presente giudizio, il giudice penale ha riconosciuto il rimborso delle spese del procedimento monitorio, instaurato dal ricorrente per il recupero del credito verso il cliente, pari ad Euro 250,00, in applicazione del Protocollo per la liquidazione standardizzata dei compensi adottato dal medesimo ufficio giudiziario.

Tale pronuncia è stata parzialmente riformata in sede di opposizione, con l’attribuzione al difensore delle sole spese di notifica dell’ingiunzione, pari ad Euro 36,15, ma con rigetto della richiesta di attribuzione delle spese del monitorio in un importo pari a quello liquidato con il decreto ingiuntivo, sull’assunto che “detta liquidazione effettuata sulla base di un credito, risultante dalla parcella approvata dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati, non assume carattere di definitività, atteso che, se si verifica per il difensore l’impossibilità di recuperare tale credito presso il debitore, obbligato al pagamento è lo Stato, con la conseguenza che spetta al giudice penale quantificare tale compenso nella liquidazione delle suddette spese”.

Il Giudice di merito ha ritenuto congrua la somma liquidata poichè conforme ai parametri di cui al Protocollo concordato con il Consiglio dell’ordine, rilevando che con il decreto ingiuntivo i compensi erano stati quantificati con metodo ordinario.

La cassazione dell’ordinanza è chiesta dall’avv. P.R. sulla base di un unico motivo di ricorso.

Il Ministero della giustizia è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 116, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo, mediante il richiamo alla pronuncia n. 18731/2006 delle sezioni penali di questa Corte, che il giudice non poteva procedere ad un’autonoma liquidazione delle spese del procedimento monitorio, essendo vincolato a quanto statuito con il decreto ingiuntivo, passato in giudicato per mancata opposizione.

A parere del ricorrente, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116, riguarda solo le spese del processo penale e non anche quelle relative all’autonomo procedimento volto al recupero dei crediti del difensore ed inoltre non assumeva rilievo che il giudice non avesse quantificato i compensi in via equitativa, trattandosi di criterio del tutto irrilevante per gli effetti di cui si discute.

Il motivo è infondato.

Non è in discussione che l’avvocato, che fornisca la prova dell’inutile tentativo di recupero del credito professionale maturato per aver svolto l’attività di difensore d’ufficio, abbia diritto alla liquidazione del compenso da parte dello Stato.

Il punto è se, qualora il difensore – per il recupero del compenso abbia ottenuto un decreto ingiuntivo non opposto, il giudice della liquidazione sia vincolato alle statuizioni sulle spese processuali contenute nell’ingiunzione divenuta definitiva.

Come già stabilito da questa Corte, il ricorso al procedimento monitorio costituisce un passaggio obbligato per poter chiedere la liquidazione dei compensi ai sensi del combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 116, e quindi i relativi costi, comprensivi di spese, diritti ed onorari, debbono rientrare nell’ambito di quelli che l’erario è tenuto a rimborsare al difensore d’ufficio.

In tal caso, essendo l’ingiunzione emessa verso il debitore e non potendo valere, ove non opposta, quale giudicato nei confronti dello Stato – trattandosi di titolo giudiziale formatosi tra parti diverse da quelle del procedimento di liquidazione – detto decreto ingiuntivo rileva esclusivamente come mero fatto dimostrativo dell’infruttuoso esperimento delle procedure volte al recupero dei crediti professionali.

In mancanza di qualsivoglia vincolo ex iudicato, il giudice penale poteva quindi procedere ad una nuova ed autonoma liquidazione, destinata a sfociare nella formazione di un diverso titolo di pagamento, costituito, appunto, dal decreto di liquidazione (Cass. 3673/2019; Cass. 24104/2011; Cass. pen. 1630/2008; Cass. pen. 27473/2009).

L’ordinanza impugnata, essendosi conformata all’orientamento assolutamente maggioritario di questa Corte (pertinente al caso concreto, non potendo convenirsi che, come asserito nella memoria illustrativa del ricorrente, detto indirizzo riguarderebbe i soli i casi in cui il giudice abbia integralmente respinto la richiesta di liquidazione, negando del tutto il diritto al compenso), non è quindi incorsa nel vizio denunciato.

Il ricorso è – in definitiva – respinto.

Nulla sulla spese, non avendo il Ministro della giustizia svolto difese. Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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