Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3182 del 12/02/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 3182 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA

sul ricorso 18275-2007 proposto da:
FALLIMENTO ADAMI GIORGIO, in persona del Curatore
rag. DIEGO BONAMINI, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso l’avvocato VINCENTI
MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PERSICO

2014

ALBERTO, giusta procura a margine del ricorso;
cS 0 244Dgg02:55- ricorrente contro

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FASOLI TIZIANO;
– intimato –

Data pubblicazione: 12/02/2014

sul ricorso 23053-2007 proposto da:
FASOLI

TIZIANO

FSLTZN56T19G481M),

(C.F.

è elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE
MARCHI 22, presso l’avvocato MARTELLA VALERIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato DALLA VALLE

e ricorso incidentale;
oontroricorrente e ricorrente incidentale contro

FALLIMENTO ADAMI GIORGIO;
– intimato –

avverso la sentenza n.

35/2007 della CORTE

D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 16/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 15/01/2014 dal Consigliere
Dott. MAGDA CRISTIANO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbito il

MARIANO, giusta procura a margine del controricorso

ricorso incidentale condizionato.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Fallimento di Giorgio Adami, dichiarato il 4.10.95 dal Tribunale di Verona in
estensione del Fallimento della Mobildiva s.a.s., di cui il fallito era socio
accomandatario, convenne in giudizio Tiziano Fasoli per sentir dichiarare
l’inefficacia, ai sensi dell’art. 67 I comma n. 1 I. fall., del contratto trascritto il 22.3.94,
con il quale Adami aveva venduto al convenuto un locale terraneo adibito a negozio

al prezzo di 45 milioni delle vecchie lire.
La domanda fu accolta dal giudice di primo grado, che ritenne dimostrata la
notevole sproporzione fra il valore di mercato dell’immobile alla data della vendita ed
il prezzo pattuito per l’acquisto ed escluse che il convenuto avesse fornito prova
della propria inscientia decoctionis.
La decisione è stata però riformata dalla Corte d’Appello di Venezia, adita dal
soccombente, con sentenza del 16.1.2007.
Per ciò che ancora interessa nella presente sede, la corte territoriale ha respinto la
domanda del Fallimento in quanto ha ritenuto che, alla luce del complesso delle
circostanze presuntive allegate e documentate dall’appellante, questi avesse provato
di essere stato all’oscuro non solo dello stato d’insolvenza della Mobildiva s.a.s., ma
finanche della qualità di Giorgio Adami di socio accomandatario della società.
Il Fallimento di Giorgio Adami ha impugnato la sentenza con ricorso per cassazione
affidato ad un unico motivo.
Tiziano Fasoli ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso
incidentale condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
1) Con l’unico motivo di ricorso, il Fallimento, denunciando violazione dell’art. 67
comma 1° n. 1 I.fall., sostiene che la corte di merito non avrebbe valutato col dovuto
rigore le risultanze istruttorie ed avrebbe tralasciato di considerare che il Fasoli — che
era anch’egli imprenditore — prima di stipulare il rogito si era rivolto a soggetti che
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erano certamente in grado di fornirgli precise e tempestive informazioni sulla

situazione economica del venditore, in quanto non solo aveva compiuto l’acquisto
per il tramite di un intermediario ma, per poter pagare il prezzo pattuito, aveva
acceso un mutuo presso lo stesso istituto di credito di cui era correntista l’Adami.
Il motivo, che risulta volto unicamente a censurare la ricognizione del materiale
probatorio compiuta dalla corte di merito e che pertanto è stato erroneamente

qualificato ai sensi del n. 3, invece che del n. 5, dell’art. 360 I comma c.p.c., va
dichiarato inammissibile.
Il giudice d’appello ha dato ampio conto delle ragioni del proprio convincimento,
rilevando come la prova dell’inscientia decoctionis del Fasoli dovesse ritenersi
raggiunta in via presuntiva, in base ad una valutazione unitaria e complessiva di
molteplici elementi istruttori dai quali emergeva, per un verso, che l’appellante – che
era un fotografo e dunque non operava nel settore di attività della Mobildiva — aveva
conosciuto l’Adami solo in occasione della vendita, per il tramite del mediatore
dell’affare, che glielo aveva presentato quale soggetto titolare di una ditta individuale
e non già quale socio accomandatario della fallita e, per l’altro, che alla data di
stipulazione del rogito non erano ancora emersi sintomi dello stato di insolvenza
della società agevolmente conoscibili dai terzi.
A fronte di tale motivazione, il Fallimento avrebbe dovuto individuare e denunciare le
specifiche insufficienze o contraddittorietà del ragionamento logico posto a sostegno
della decisione.
Il ricorrente si è invece limitato a lamentare, in maniera del tutto generica, una “non
rigorosa” valutazione della prova, in ragione dell’omesso esame di circostanze di cui
non si è curato di illustrare la decisività.
Va aggiunto che, contrariamente a quanto si sostiene nel motivo, la corte d’appello
ha tenuto conto di due delle indicate circostanze (l’attività professionale svolta dal
Fasoli; l’avvenuta stipulazione del contrato per il tramite di un intermediario), sia pur
traendone valutazioni diverse da quelle che vorrebbe trarne il Fallimento, e che

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quest’ultimo ha omesso di chiarire se la terza delle circostanze dedotte
(l’accensione, da parte dell’acquirente dell’immobile, di un mutuo presso la stessa
banca di cui era correntista l’Adami) sia ricavabile da documenti tempestivamente
allegati agli atti del giudizio.
Trova dunque applicazione il principio, ripetutamente enunciato da questa Corte,

può spingersi alla rielaborazione del giudizio di fatto espresso dal giudice del merito,
i vizi della sentenza posti a base del ricorso per cassazione non possono risolversi
nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata da
tale giudice (Cass. nn. 17901/010, 10657/010, 7992/07, 12467/03).
L’inammissibilità del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso
incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito
quello incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che
liquida in € 2.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Roma 15 gennaio 2014
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4

secondo cui, poiché il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza non

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