Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31819 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31819

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10904/2018 R.G. proposto da:

E.A., rappresentato e difeso dall’avv. Di Monda Giuseppe,

con domicilio eletto in Roma, Via Properzio 27, presso l’avv. Di

Sarno Antonio;

– ricorrente-

contro

GEMMA MAURO, rappresentato e difeso dall’avv. Iacono Antonio, con

domicilio eletto in Roma, Via De Pretis 60, presso l’avv. Cerè

Donatella;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 274/2018,

depositata in data 19.1.2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno

12.9.2019 dal Consigliere Fortunato Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Napoli, con pronuncia n. 1734/2010, ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da E.A. avverso la sentenza con cui il Tribunale aveva respinto la domanda di reintegra in possesso di uno spazio scoperto sito in (OMISSIS), meglio descritto in atti, osservando che, sebbene la pronuncia di primo grado recasse un doppio timbro di deposito, di cui l’uno indicava la data del 4.11.2002 ed il secondo la data del 6.2.2003, il termine per appellare decorreva dal 4 novembre 2003, allorquando cui il cancelliere aveva dato atto della “consegna della pronuncia, debitamente firmata dal giudice”.

Avverso tale decisione E.A. ha proposto domanda di revocazione, asserendo che la sentenza doveva ritenersi depositata il 6.11.2003, poichè solo in tale data le parti ne avevano avuto conoscenza tanto che la cancelleria aveva assegnato alla pronuncia il numero progressivo 1423/2003. Di conseguenza, l’impugnazione, proposta con citazione notificata in data 13/24 marzo 2004 non poteva considerarsi tardiva.

La medesima Corte d’appello – con sentenza n. 274/2018 – ha tuttavia dichiarato inammissibile la domanda di revocazione, osservando che la decisione impugnata non si basava su un errore di percezione, ma su un dato reale (la presenza di una doppia certificazione di deposito), e che le conclusioni assunte erano il frutto di una valutazione in diritto circa il perfezionamento del deposito (ritenuto coincidente con il momento in cui la pronuncia era stata consegnata al cancelliere).

La cassazione di questa sentenza è chiesta da E.A. con ricorso strutturato in un unico motivo, illustrato con successiva memoria.

Gemma Mauro ha depositato controricorso e memoria illustrativa. Con ordinanza interlocutoria n. 3684/2019 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni unite sulla questione oggetto dell’ordinanza n. 28844/2018.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La questione di improcedibilità del ricorso, rilevata d’ufficio con ordinanza interlocutoria n. 3684/2019, è superata alla luce dell’insegnamento della pronuncia a sezioni unite n. 8312/2019, dato che la conformità della copia all’originale non è stata oggetto di disconoscimento da parte della controricorrente e che l’ E. ha depositato copia della sentenza con l’attestazione di conformità prima dell’adunanza camerate.

2. E’ infondata l’eccezione di tardività del ricorso sollevata dal resistente nella memoria illustrativa, sul presupposto che oggetto del presente giudizio sarebbe la sentenza n. 1734/2010, essendo indiscutibile che invece il ricorso, pur richiamando la precedente decisione d’appello, abbia però ad oggetto la sentenza n. 274/2018, resa all’esito del giudizio di revocazione.

3. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la Corte distrettuale, pur dando atto della presenza di un doppio timbro in calce alla decisione di primo grado, abbia ritenuto che il deposito fosse avvenuto nel novembre 2002.

Non poteva esser trascurato che la prima attestazione attestava il momento in cui la sentenza era pervenuta in cancelleria, mentre il formale deposito era stato eseguito nel febbraio 2003, come era inconfutabilmente provato dal numero cronologico assegnato alla decisione (1453/003), dovendo quindi ottemperarsi alle indicazioni delle pronuncia a sezioni unite n. 18569/2016, dando esclusivo rilievo all’inserimento della pronuncia nell’elenco cronologico delle decisioni, unico adempimento idoneo a rendere conoscibile la decisione alle parti interessate.

La Corte di merito sarebbe incorsa – quindi – in un errore di fatto revocatorio, poichè non avrebbe tenuto conto del fatto che il primo timbro recava la dicitura “pervenuto”, mentre solo il secondo timbro attestava l’avvenuto deposito.

4. Il motivo è infondato.

E’ opportuno premettere che, nel presente giudizio, che ha ad oggetto la pronuncia sulla revocazione, non può farsi questione della correttezza della pronuncia con cui la Corte d’appello di Napoli ha ritenuto tardiva l’impugnazione proposta dal ricorrente avverso la sentenza di primo grado, senza preliminarmente accertare se nell’assumere detta decisione – il giudice distrettuale sia incorso in un errore di fatto, derivante dall’errata percezione della data di deposito della sentenza appellata.

Definito in questi termini l’oggetto della controversia, occorre considerare che – come chiarito nella decisione impugnata – il profilo di inammissibilità dell’appello è stato preso in esame proprio partendo dalla constatazione della sussistenza di una duplice attestazione di cancelleria in calce alla sentenza di primo grado, avendo il giudice di merito evidenziato che il timbro recante la data del 4 novembre 2002 identificava “il momento in cui la sentenza era stata consegnata al cancelliere debitamente firmata dal giudice”, mentre quella del febbraio riguardava “il compimento degli adempimenti successivi rimessi alla cancelleria”(cfr. sentenza, pag. 4).

Appare dunque innegabile che la pronuncia impugnata abbia tenuto conto della dicitura “pervenuto” apposta dal cancelliere, ritenendola però coincidente con il compimento delle formalità di deposito idonee a determinare la decorrenza del termine per impugnare ex art. 327 c.p.c..

Il ricorrente, nel censurare la decisione, sostiene, inoltre, che la data di deposito andava individuata in base all’assegnazione del numero cronologico, ma tale tesi, a prescindere dalla sua fondatezza, finisce inammissibilmente per proporre in sede di revocazione una diversa soluzione in diritto della questione dibattuta, soluzione contraria a quella che il giudice di merito ha assunto proprio sulla base della rilevazione delle emergenze processuali.

L’esatta individuazione del dies a quo per proporre l’appello costituiva – difatti – il punto decisivo per stabilire la tempestività dell’impugnazione e, nel pronunciare su tale profilo, il giudice non è affatto incorso un errore di percezione, essendo anzi partito da un dato oggettivo (la presenza di un doppia certificazione di cancelleria) inconfutabilmente risultante dagli atti.

L’errore di fatto denunciabile ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. deve consistere in una svista su dati oggettivi, produttiva dell’affermazione o negazione di elementi decisivi per risolvere la questione e non può comunque consistere nella proposta di una soluzione giuridica diversa da quella adottata (Cass. 3494/2013; Cass. 22868/2012).

Inoltre, ai fini dell’esperimento del rimedio revocatorio non era sufficiente che il giudice fosse incorso in un errore di percezione ma, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, occorreva che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza della circostanza di fatto non avesse costituito un punto oggetto di contrasto tra le parti, risolto dalla sentenza impugnata, come invece è accaduto nel caso concreto (Cass. 9527/2019; Cass. 7622/2018; Cass. 14929/2018; Cass. 14929/2018; Cass. 442/2018; Cass. 27094/2011; Cass. 14840/2000).

Il ricorso è quindi respinto, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dare atto che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 dicembre 2019

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