Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31814 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 05/12/2019), n.31814

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Hidrosal Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa in calce al

ricorso, dall’Avv. Pagnano Vincenzo del Foro di Napoli, il quale ha

indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Carlo Rosa, alla via Annia Reagilla n. 137 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 4972, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Napoli il 15.04.2014 e pubblicata il 20.05.2014;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Di Marzio Paolo;

letta la memoria depositata dalla ricorrente Società;

la Corte osserva:

Fatto

FATTI DI CAUSA

la Hidrosal Srl, dedita all’attività di ferramenta, riceveva dall’Agenzia delle Entrate di Napoli la notifica dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS), attinente ad Ires ed altro in relazione all’anno 2007, con il quale era accertato il conseguimento di maggiori ricavi nella misura di Euro 86.555,00. La società aveva dichiarato un valore dei ricavi pari ad Euro 809.905,00 ed un reddito d’impresa di Euro 10.104,00. L’Ente impositore sosteneva che i ricavi dichiarati apparivano insufficienti per remunerare il capitale impiegato (costi pari ad Euro 980.049,00, pertanto significativamente superiori ai ricavi), e comunque ad assicurare i mezzi di sostentamento ad una pluralità di dipendenti, apparendo invece necessario ricalcolare i ricavi tenendo conto di una incidenza dei costi nella misura dell’89% “mediamente conseguita nel periodo in esame nella Regione Campania” (sent. CTR, p. 2). Doveva pure riscontrarsi che le rimanenze finali erano state stimate di valore doppio rispetto a quelle iniziali, dovendo anche registrarsi una situazione di anormalità rispetto agli studi di settore. Dal complesso degli elementi emergeva, in definitiva, l’accertata antieconomicità della gestione dell’impresa.

La società impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che giudicava fondato il ricorso ed annullava l’atto impositivo.

L’Amministrazione finanziaria proponeva appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania. Quest’ultima osservava che l’avviso di accertamento era basato su una pluralità di elementi. I costi dichiarati, come innanzi evidenziato, risultavano significativamente superiori ai ricavi, “ed il reddito d’impresa, pari ad Euro 10.104,00, è estremamente esiguo” (sent. CTR, p. 3), dato che accresceva la sua anomalia in considerazione del fatto che è riscontrabile pure negli anni precedente e successivo. Ancora, il valore delle rimanenze finali risultava doppio rispetto al valore di quelle iniziali, ed anche il costo del personale, molto elevato (Euro 51.904,00) aveva continuato ad incrementarsi con l’assunzione di un’unità all’anno. Osservava in conclusione la CTR che l’Ufficio finanziario aveva fondatamente ritenuto che sussistessero “gravi e numerosi indizi presuntivi di inattendibilità delle risultanze contabili”, non dipendenti soltanto dagli studi di settore, idonei a giustificare l’emissione di un accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), dovendo in definitiva riscontrarsi una condotta antieconomica dell’operatore commerciale, a prescindere dalla regolarità formale della contabilità tenuta dall’impresa. In conseguenza accoglieva il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, riformava la decisione di primo grado e confermava la legittimità dell’accertamento tributario.

Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania ha proposto ricorso per cassazione la società Hidrosal, affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. La ricorrente ha pure depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, occorre osservare che nel suo controricorso l’Avvocatura dello Stato ha posto il problema di essere stata unica destinataria della notifica del ricorso per cassazione, non portato a conoscenza della parte, sebbene l’Avvocatura non risultasse costituita in giudizio.

Invero le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di rilevare che “in tema di contenzioso tributario, qualora nel giudizio di merito l’Agenzia delle entrate non sia stata rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, è nulla, e non inesistente, la notifica del ricorso per cassazione effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, non potendosi escludere l’esistenza di un astratto collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica ed il destinatario della stessa, in considerazione delle facoltà, concesse all’Agenzia dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 72, di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura. Tale nullità, inoltre, può essere sanata sia nel caso in cui l’Agenzia si costituisca senza sollevare eccezioni al riguardo, sia per effetto di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.”, Cass. SU, 29.10.2007, n. 22641.

Tanto premesso:

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la Hidrosal Srl contesta la violazione o falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3-bis, e comunque il vizio di motivazione, per avere la CTR impugnata trascurato che l’Ufficio finanziario non ha istaurato il contraddittorio preventivo con il contribuente, richiesto dalla legge in relazione ad ogni caso in cui l’atto impositivo risulta fondato su studi di settore.

1.2. – Mediante il secondo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la ricorrente critica la CTR per essere incorsa nella nullità della sentenza, e comunque nella violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, comma 1, lett. d), e art. 40, ed inoltre degli artt. 2729 e 2697 c.c., a causa del difetto dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, degli indizi raccolti e pertanto del mancato assolvimento dell’onere della prova, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, che pone il divieto di proposizione di questioni nuove in appello.

1.3. – Con il terzo motivo di ricorso, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la società Hidrosal lamenta nuovamente la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e art. 40, ed inoltre del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, comma 3, come conv., per essere la CTR impugnata incorsa nella violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., omettendo l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

2.1. – 2.2. – 2.3. – I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, in conseguenza della loro stretta connessione, ed anche della scelta espositiva della ricorrente, che ha mescolato critiche eterogenee nell’ambito di ogni motivo: esemplare al proposito appare l’indicazione riassuntiva del terzo di essi.

In definitiva la ricorrente contesta, invocando ogni vizio configurabile, che la CTR ha errato a ritenere non necessaria l’applicazione del disposto di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 3-bis, il quale prevede l’obbligo di istaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente in relazione ad un accertamento tributario fondato sugli studi di settore, pur riconoscendo che l’atto impositivo emesso nei confronti della Hidrosal fosse fondato “anche” sullo studio di settore, perchè l’avviso di accertamento non risulta fondato “esclusivamente sugli studi di settore” (ric., p. 7), carattere però non richiesto dalla norma citata ai fini dell’obbligatoria istituzione del contraddittorio preventivo.

La ricorrente contesta, inoltre, che sarebbe riscontrabile incoerenza e contraddittorietà nell’argomentare della CTR, la quale avrebbe fatto proprie le oscillazioni dell’Ufficio, che nel corso del giudizio ha affermato sia lo sco-stamento dei risultati conseguiti dall’impresa rispetto agli studi di settore sia, al contrario, la congruenza degli stessi.

Critica ancora la ricorrente, che la gestione antieconomica dell’impresa non ricorrerebbe in considerazione di circostanze oggettive, trattandosi di impresa giovane, sorta in territorio in cui la medesima attività di ferramenta incontra significativa concorrenza, ma anche in conseguenza di considerazioni soggettive, perchè finalità dell’imprenditrice era in primo luogo quella di assicurare un lavoro a parenti acquisiti, fermo restando che non può parlarsi di gestione antieconomica perchè la società ha comunque chiuso l’anno in attivo, ed altrettanto si è verificato nell’anno precedente e nel successivo.

Gli studi di settore devono in realtà essere parametrati sulla specifica realtà aziendale, ha sottolineato la contribuente, e la Hidrosal ha dimostrato mediante la consulenza tecnica di parte depositata, mai contestata dall’Agenzia delle Entrate, che non sussisteva l’antieconomicità della gestione. La consulenza aveva pure dimostrato che la percentuale di ricarico applicata dall’impresa era in linea con il mercato, e comunque l’accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), si giustifica solo in presenza di “gravi incongruenze” (ric., p. 17) e non di scostamenti di scarsa importanza.

In primo luogo occorre ricordare che, nell’ambito di un giudizio impugnatorio, il ricorrente è onerato della critica delle affermazioni proposte dal giudice contestato nel provvedimento sottoposto a gravame. Deve allora rilevarsi che la “incoerenza” affermata dalla ricorrente, in materia di congruenza o meno dei risultati economici dell’impresa rispetto agli studi di settore, appare riferibile solo alla condotta processuale dell’Agenzia, e non all’Organo giudicante, e la contestazione risulta, in relazione a tale profilo, inammissibile.

Tanto premesso sembra poi opportuno ricordare subito che la L. n. 146 del 1998, art. 10, nel testo applicabile, prevede che “gli accertamenti basati sugli studi di settore … sono effettuati … qualora l’ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all’ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi (comma 1) … Nelle ipotesi di cui al comma 1 l’ufficio, prima della notifica dell’avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire… (comma 3-bis)”. Pertanto, solo nel caso in cui l’accertamento sia basato sullo studio di settore l’instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente è un obbligo dell’Amministrazione finanziaria. La scelta terminologica operata dal legislatore assume una rilevanza non trascurabile, anche perchè la norma introduce un’eccezione, non essendo previsto, in generale, che l’invio dell’avviso di accertamento tributario debba essere preceduto dall’instaurazione del contraddittorio con il contribuente.

Il dato che l’accertamento sia “basato” sullo studio di settore non esclude che esso possa trovare anche altre giustificazioni come, ad esempio, riscontrate irregolarità contabili o la ritenuta antieconomicità della gestione aziendale. Un accertamento tributario può dirsi basato su uno studio di settore, però, sol quando trovi in esso il suo fondamento prevalente. Tanto non si verifica quando, ad esempio, mediante l’utilizzo degli studi di settore siano emerse incongruenze nella contabilità di impresa che abbiano indotto l’Ente accertatore ad approfondire l’analisi, riscoprendo altri, e prevalenti, indici rivelatori dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata, raccogliendo l’Amministrazione finanziaria elementi gravi, precisi e concordanti, alfine posti a fondamento dell’accertamento tributario (cfr. Cass. sez. V, 6.6.2019, n. 15344).

Nel caso di specie, la CTR impugnata ha ritenuto che l’accertamento contestato avesse accertato, in primo luogo, la antieconomicità della gestione aziendale. La odierna ricorrente contesta che la società ha sempre chiuso i propri bilanci in attivo, e pertanto (‘antieconomicità della gestione aziendale non si sarebbe mai verificata.

L’impostazione proposta dalla CTR appare corretta e merita di essere confermata. L’antieconomicità della gestione di un’impresa non può verificarsi sol quando essa concluda il proprio esercizio annuale con una perdita, ma anche quando chiuda il bilancio con un utile talmente esiguo, a fronte di ingenti investimenti sostenuti, da far ritenere senz’altro sconveniente il rischio d’impresa sopportato in rapporto al risultato conseguito. Nel caso di specie i costi sostenuti dalla Hidrosal nell’anno 2007 sono stati dichiarati dalla società come pari a Euro 980.049,00, i ricavi sono stati dichiarati come ammontanti a Euro 809.905,00, significativamente inferiori, pertanto, ed il profitto è stato indicato in dichiarazione come conseguito in misura pari a Euro 10.104,00. Deve pertanto confermarsi che la gestione aziendale si è rivelata antieconomica. La valutazione della CTR in materia, peraltro, è stata fondata anche su ulteriori elementi. Ha rilevato il giudice dell’appello, ad esempio, che le rimanenze finali sono state stimate dalla contribuente come di valore doppio rispetto a quelle iniziali. Ancora, nonostante i precari risultati di gestione conseguiti, la società ha continuato ad assumere ulteriori dipendenti (cfr. Cass. sez. V, 21.7.2015, n. 15323).

Occorre ancora chiarire che in nessun conto può tenersi la consulenza di parte che la società invoca ripetutamente a fondamento dei propri assunti. Sia sufficiente osservare, in proposito, che la CTR non opera riferimento a tale documento. In un giudizio di natura impugnatoria, quale è per eccellenza il giudizio per cassazione, è specifico onere del ricorrente evidenziare in quali atti abbia proposto, nel corso dei gradi di merito, le questioni su cui domanda alla Suprema Corte di pronunciarsi, indicando pure le formule utilizzate e mediante quali atti abbia diligentemente coltivato le proprie contestazioni, al fine di consentire alla Corte di legittimità di esercitare il controllo che le compete in materia di tempestività e congruità delle contestazioni proposte, prima ancora di provvedere a valutarne la decisività; a tanto, però, la ricorrente non ha provveduto. In ogni caso, questa Corte di legittimità ha già chiarito che nel “ricorso per cassazione non può essere dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo della controversia per la mancata considerazione di una perizia stragiudiziale, in quanto la stessa costituisce un mero argomento di prova”, Cass. sez. VI-V, 9.4.2018, n. 1861.

I motivi di impugnazione in epigrafe devono essere, pertanto, respinti.

In conseguenza, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso proposto dalla Hidrosal Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle Entrate, delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente Società, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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