Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31813 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 05/12/2019), n.31813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11930-2012 proposto da:

SERIT SICILIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BAIAMONTI 4,

presso lo studio dell’avvocato INTERNULLO ROSARIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIACONIA ALBERTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI CATANIA in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

GEOSTUDI SRL;

– intimato –

avverso la sentenza n. 306/2011 della COMM. TRIB. REG. Sicilia SEZ.

DIST. di CATANIA, depositata il 27/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/05/2019 dal Consigliere Dott. SAIJA SALVATORE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata da Geostudi s.r.l. per l’anno di imposta 1997, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, venne emessa cartella di pagamento nei confronti della società, notificata il 22.4.2008.

Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. di Catania lo accolse con sentenza n. 765/03/10; la C.T.R. della Sicilia, sez. st. di Catania, con decisione del 27.10.2011, rigettò l’appello di Serit Sicilia s.p.a., evidenziando che la cartella avrebbe dovuto essere notificata entro il 31.12.2003 e che, pertanto, erano maturati i termini decadenziali.

Serit Sicilia s.p.a. ricorre ora per cassazione, sulla base di tre motivi; la società intimata non ha resistito, mentre l’Agenzia delle Entrate ha aderito alle domande della ricorrente, mediante controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 787 del 1980, art. 10 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 3, nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La C.T.R., secondo la ricorrente, non ha preso in esame l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, reiterata in appello e fondata sulla violazione del disposto delle norme indicate in rubrica, giacchè, trattandosi di impugnativa di ruolo formato da Centro di Servizio, occorreva spedire l’originale del ricorso allo stesso Centro, a mezzo posta, con successivo deposito presso la segreteria della C.T.P. adita, da eseguirsi decorsi almeno sei mesi e non oltre due anni, mediante spedizione o consegna di altro esemplare, dal che discende la pendenza del rapporto processuale.

La società contribuente, al contrario, non ha seguito tale procedimento – tuttora necessario nonostante l’intervenuta soppressione dei Centri di servizio – con conseguente inammissibilità del ricorso. Ha dunque errato la C.T.R. nel procedere direttamente all’esame del merito della controversia.

1.2 – Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Anche a tal riguardo, secondo la ricorrente, la C.T.R. non ha esaminato l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, derivante dalla sua proposizione comunque tardiva, in relazione ai termini di cui all’art. 21 cit., in quanto la cartella è stata notificata il 22.4.2008, mentre il ricorso è stato proposto il 23.6.2008. Pertanto, ha errato anche qui la C.T.R. nell’esaminare direttamente il merito della controversia, anzichè dichiarare l’inammissibilità del ricorso stesso.

1.3 – Con il terzo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. La ricorrente lamenta l’erroneità della decisione impugnata laddove s’è fatto riferimento al termine quinquennale di cui all’art. 43 cit., che però prevede il termine per l’accertamento (da effettuarsi avuto riguardo alla data di presentazione della dichiarazione), ma non anche quello di notifica della cartella, che – alla luce della legge finanziaria del 2007, art. 1, comma 1011 – avrebbe dovuto intendersi prorogato fino al quinquennio dallo spirare della proroga concessa in relazione agli eventi sismici che colpirono la provincia di Catania, e quindi fino al 31.12.2011. Da qui, pertanto, la piena tempestività della notifica della cartella, e l’erroneità della decisione impugnata.

2.1 – Preliminarmente, va rilevato che l’Agenzia delle Entrate ha notificato il controricorso alla ricorrente in data 29.5.201te a Geostudi s.r.l. (come detto, non costituitasi in questa sede) in data 25/29.5.201 Con il predetto atto, l’Agenzia ha dichiarato di aderire ai motivi di ricorso proposti da Serit Sicilia s.p.a. ed in particolare a quelli concernenti la tardività dell’impugnativa della cartella e l’insussistenza dell’accertata decadenza. Ha poi chiesto la sua estromissione dalla lite, giacchè i pretesi errores in iudicando riguarderebbero solo atti della riscossione, comunque successivi alla consegna del ruolo all’Agente.

Ciò posto, tale ultima richiesta è con evidenza inammissibile e comunque infondata. Anzitutto, va osservato che, in ambito processuale, di estromissione in senso tecnico può discutersi solo nei casi espressamente previsti dalla legge (come, ad esempio, in tema di liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’art. 92 T.U.B., comma 9), non potendo ipotizzarsi in via generale il diritto della parte che affermi essere stata erroneamente evocata in giudizio di ottenere una pronuncia in tal senso. Detta questione, infatti, può essere riguardata o sotto il profilo della “giusta parte”, occorrendo che il giudice proceda (anche d’ufficio) alla verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, tra cui quella della legittimazione passiva (o a contraddire), ossia della coincidenza, sulla base della sola prospettazione dell’attore, tra il soggetto evocato in giudizio e quello che è tenuto a subire le conseguenze del provvedimento giudiziale richiesto; ovvero – sussistendo detta legittimazione – sotto il profilo del merito, ossia nell’ambito dello scrutinio circa la fondatezza della domanda attrice, e quindi riguardo all’accertamento della effettiva titolarità del rapporto sub iudice, dal lato passivo. Non è casuale che questa Corte, con consolidato orientamento, abbia affermato che “La decisione con cui il giudice di primo grado estrometta dal processo uno dei convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, malgrado l’improprietà della formula adottata, una statuizione di rigetto della domanda nei suoi confronti, suscettibile di passare in giudicato se non tempestivamente impugnata” (così, Cass. n. 8693/2015; v. anche Cass. n. 7625/2013).

Pertanto, escluso che nella specie si versi in una ipotesi “tipica” di estromissione, non v’è dubbio che la legittimazione passiva dell’Agenzia sussistesse già in relazione alle domande originariamente proposte da Geostudi s.r.l., tra cui la pretesa violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis (questione che comunque qui più non interessa). Altrettanto può dirsi rispetto alla “domanda” di cassazione proposta da Serit Sicilia s.p.a., atteso che l’evocazione dell’Agenzia in questa sede – ferma l’insussistenza del litisconsorzio necessario tra ente impositore ed agente della riscossione (ex multis, Cass. n. 10528/2017) – è del tutto in linea col disposto dell’art. 332 c.p.c. in tema di impugnativa di sentenza resa in cause scindibili, ed ha quindi una evidente valenza di mera litis denuntiatio.

2.2 – Sotto correlato profilo, deve poi evidenziarsi che l’adesione formulata dall’Agenzia in controricorso, rispetto alle doglianze mosse da Serit Sicilia s.p.a., consiste a tutti gli effetti in una impugnazione incidentale (v. Cass. n. 24155/2017).

Al riguardo, va osservato che “Il soccombente ha l’onere di impugnare la sentenza entro i termini di legge, perchè l’art. 334 c.p.c., che consente l’impugnazione incidentale tardiva nei confronti di qualsiasi capo della sentenza impugnata ‘ex adverso, è applicabile solo all’impugnazione incidentale in senso stretto, che è quella proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale o che sia stata chiamata ad integrare il contraddittorio, a norma dell’art. 331 c.p.c., sicchè la parte che propone un ricorso incidentale adesivo a quello principale è tenuta a rispettare il termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, nel testo applicabile ‘ratione temporis”‘ (Cass. n. 21990/2015; nello stesso senso, Cass. n. 10243/2016 e Cass. n. 5438/2018).

Pertanto, rilevato che il presente giudizio è stato avviato con ricorso notificato il 23.6.2008, l’impugnazione deve ritenersi tempestiva rispetto al c.d. termine lungo annuale di cui all’art. 327 c.p.c., comma 1, nel testo previgente alle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009 (v. Cass. n. 19979/2018), giacchè la sentenza è stata pubblicata il 27.10.2011 e l’Agenzia non ha allegato esserle stata notificata dalla società (v. Cass., Sez. Un., n. 9004/2009), nè alcunchè risulta in tal senso dagli atti di causa (sebbene Serit Sicilia s.p.a. abbia prodotto copia conforme della sentenza invece notificatale, ai fini di cui all’art. 326 c.p.c., da Geostudi).

L’impugnazione in discorso è però in ogni caso inammissibile, giacchè è incontroverso che l’Agenzia non ha impugnato a suo tempo la sentenza di primo grado, che la vide senz’altro soccombente e che è stata integralmente confermata in appello; nei suoi confronti s’è quindi formato il giudicato interno, che com’è noto può essere rilevato d’ufficio anche in questa sede di legittimità. 3.1 – Ciò posto, il primo motivo è inammissibile.

Premesso che nella sentenza d’appello non v’è traccia della questione con esso agitata, costituisce preciso onere del ricorrente per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., esporre seppur sinteticamente i fatti processuali rilevanti ai fini del giudizio di legittimità, onde consentire alla Corte di rilevarne la decisività già dalla mera lettura del ricorso.

Detto onere non è stato minimamente assolto dalla società ricorrente, non essendo stato neanche indicato se l’eccezione in discorso fosse stata tempestivamente sollevata già in primo grado.

Ad abundantiam, deve comunque escludersi che il mancato rispetto della procedura di cui al D.P.R. n. 787 del 1980, art. 10, pur richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 20, comma 3, possa comportare l’inammissibilità del ricorso del contribuente. Infatti – a parte il fatto che i Centri di servizio sono stati soppressi nel 2002 – detta procedura ha carattere puramente deflattivo e non è prevista a pena di inammissibilità, qualora l’originale sia stato ritualmente depositato nella segreteria della commissione provinciale, come è incontestato essere avvenuto nella specie (v. Cass. n. 4379/2011).

4.1 – Il secondo motivo è infondato.

Infatti, avuto riguardo alla data di notifica della cartella per cui è processo (22.4.2008), il termine per la proposizione del ricorso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21, scadeva il 21.6.2008, ossia un sabato, sicchè il termine stesso deve intendersi prorogato di diritto al primo giorno successivo non festivo ex art. 155 c.p.c., comma 5, (vigente dal 1.3.2006, ai sensi del D.L. n. 273 del 2005, art. 39-quater, comma 2, conv. in L. n. 51 del 2006), senz’altro applicabile al processo tributario (Cass. n. 11269/2016): il termine in questione, dunque, è stato pienamente rispettato, giacchè il ricorso è stato notificato il lunedì 23.6.2008.

5.1 – Venendo infine al terzo motivo, esso è inammissibile, per non aver colto la ricorrente la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Nel rigettare sul punto l’appello di Serit Siciliar la C.T.R. ha osservato come la notifica della cartella – afferente a-r dti 1997 – sia stata effettuata dopo la scadenza dei termini di cui al D.L. n. 106 del 2005, conv. in L. n. 156 del 2005, giacchè detto termine avrebbe dovuto individuarsi nel 31.12.2003. Ciò in quanto, per le situazioni pendenti alla data della sua entrata in vigore, non può più trovare applicazione il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2-bis, bensì il comma 2, che prevede soltanto la prescrizione breve, quinquennale.

5.2 – Ora, per meglio chiarire (e integrare) i postulati affermati dal giudice d’appello, va osservato che il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-bis, conv. in L. n. 156 del 2005, stabilisce che “Al fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza: a) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2004; b) entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003; c) entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001.”.

Come è noto, l’art. 1, comma 5-bis cit. è stato adottato una volta intervenuta la sentenza della Corte Cost. n. 280/2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dal D.Lgs. n. 193 del 2001, nella parte in cui non prevede un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis. Il successivo D.L. n. 156 del 2005, comma 5-ter, poi, ha abrogato il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, che dapprima disciplinava appunto la decadenza per l’iscrizione a ruolo, riformulando ex novo il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25 e dettando, quindi, una nuova regolamentazione dell’istituto in discorso.

Al riguardo, è stato anche recentemente affermato (Cass. n. 10875/2019) che il legislatore ha affidato al comma 5-bis la regola transitoria, e al comma 5-ter la rideterminazione, in via generale e astratta, della disciplina della decadenza “a regime”, precisandosi anche che quest’ultima non può che trovare applicazione per le sole dichiarazioni presentate in epoca successiva alla entrata in vigore della detta riformulazione dell’art. 25 cit..

Tuttavia, lo stesso comma 5-ter contiene una ulteriore norma transitoria, laddove si è sostituito il disposto del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2. In proposito, è stato infatti affermato che “In tema di riscossione delle imposte sui redditi, il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, convertito con modificazioni nella L. n. 156 del 2005 – dando seguito alla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, nella parte in cui non prevedeva un termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alle imposte liquidate D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis – ha fissato, al comma 5-bis, i termini di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni, ed ha stabilito all’art. 5-ter, sostituendo il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2, che, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni, la cartella di pagamento debba essere notificata, a pena di decadenza, per le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. La norma, di carattere transitorio, trova applicazione non solo alle situazioni tributarie, anteriori alla sua entrata in vigore, pendenti presso l’ente impositore, ma anche a quelle che (come nel caso di specie) siano ancora sub iudice” (Cass. n. 29845/2017).

Infine, va evidenziato anche che il disposto del D.Lgs. n. 546 del 1999, art. 36, comma 2-bis, deve ritenersi implicitamente abrogato, per effetto dell’abrogazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, che lo richiamava (Cass. n. 26104/2005).

Ciò posto, può dunque affermarsi che, sia ai sensi dell’art. 1, comma 5-bis, lett. c), che dell’art. 36, comma 2, lett. b), già citati, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001, la notifica delle cartelle di pagamento deve effettuarsi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

Pertanto, rilevato che nella specie è specificamente applicabile l’art. 36, comma 2 cit. (poichè si tratta di iscrizione a ruolo derivante da controllo delle dichiarazioni), la C.T.R. ha individuato il termine finale di notifica, nella specie, nel 31.12.2003, e ciò correttamente, sebbene si tratti di decadenza e non di prescrizione (come invece erroneamente affermato).

5.3 – Così chiariti i termini della decisione impugnata, è del tutto evidente che l’odierna ricorrente non ne ha colto il nucleo logico-giuridico su cui essa si regge.

Infatti, Serit Sicilia non si confronta per nulla con la motivazione della C.T.R., arrivando ad affermare che la decisione d’appello sarebbe fondata sulla “pretesa violazione delle norme contenute nella predetta norma (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 – n. d.e.) che prevede che la notificazione deve essere effettuata entro cinque anni dalla presentazione della dichiarazione”.

In realtà, in nessun passaggio della motivazione della sentenza in esame è possibile riscontrare, neanche per implicito, alcun riferimento a detta problematica, atteso che la questione scrutinata dai giudici d’appello attiene non già alla tempestività dell’accertamento, bensì alla tempestività della notifica della cartella, che è cosa ovviamente diversa. Pertanto, i riferimenti operati dalla ricorrente al combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, oltre a non tener conto dei descritti mutamenti normativi in subiecta materia, sono del tutto avulsi dal contesto.

Ancor più lo è la censura concernente la pretesa mancata valutazione degli effetti sospensivi della legge finanziaria del 2007 (L. n. 296 del 2006): l’art. 1, comma 1011, della legge citata attiene, infatti, alla individuazione di soggetti beneficiari interessati alla proroga dello stato di emergenza nella provincia di Catania. Ebbene, nell’elenco dei comuni interessati, indicato in detta ordinanza (e, prima ancora, nel pur invocato D.M. n. 14.11.2002), non è inserito quello della città di Catania, nella quale indiscutibilmente Geostudi s.r.l. ha la sede legale. E’ quindi evidente che in alcun modo la questione possa interessare la presente controversia.

6.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato. Nulla va disposto sulle spese di lite, stante la mancata costituzione della società contribuente, nonchè la natura di mera litis denuntiatio della evocazione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate da parte della società ricorrente.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e dichiara inammissibile il controricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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