Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31812 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 10/10/2019, dep. 05/12/2019), n.31812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 5480/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

S.E., rappresentato e difeso dall’avv. Alfieri Marco,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Cisbani Fabio,

in Roma, via Vigliena, n. 2;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione staccata di Salerno, sezione n. 4, n. 6664/04/18,

pronunciata il 26/06/2018, depositata il 10/07/2018.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 ottobre 2019

dal Consigliere Riccardo Guida;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Sanlorenzo Rita che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l’avv. Neri Fabrizio Ubaldo per l’Avvocatura Generale dello

Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate ricorre, sulla base di due motivi, nei confronti di S.E., che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della CTR della Campania (sezione staccata di Salerno), menzionata in epigrafe, che – in controversia concernente la domanda di rimborso di quanto versato dal contribuente, a titolo di tassazione di IRPEF ordinaria, sui compensi maturati come membro della commissione tributaria, relativi al 2011, ricevuti nel 2012 – ha dichiarato inammissibile il gravame sul rilievo che l’Agenzia appellante si era limitata a riproporre, con integrale trascrizione letterale, le deduzioni contenute nelle memorie difensive depositate in primo grado, senza soffermarsi sulle ragioni della decisione della CTP di Avellino che aveva accolto il ricorso della parte privata.

La CTR ha altresì ritenuto inammissibile l’assunto dell’appellante (sviluppato nella discussione orale) secondo cui l’Amministrazione non sarebbe in grado di definire come fisiologico o meno il ritardo nella corresponsione dei detti emolumenti, quale presupposto dalla stessa individuato per la tassazione ordinaria, posto che l’ente impositore non può ignorare l’epoca dei propri pagamenti e non può addossarne la dimostrazione alla controparte, anche in virtù del principio della vicinanza della prova.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

a. Preliminarmente vanno dichiarate prive di fondamento le eccezioni, sollevate dalla difesa del contribuente, d’improcedibilità del ricorso per cassazione – per violazione dell’art. 369 c.p.c., a causa dell’omesso deposito degli atti menzionati dalla stessa norma – e d’inammissibilità del medesimo ricorso per violazione dei principi d’autosufficienza e di specificità del motivo di gravame (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4).

Sotto il primo profilo (improcedibilità del ricorso), dal fascicolo processuale risulta, infatti, che l’Agenzia ha depositato tutti gli atti indicati dall’art. 369 c.p.c., comma 2.

Quanto all’altro aspetto (inammissibilità del ricorso), nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità dell’art. 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass. 15/01/2019, n. 707).

Nella specie, il ricorso per cassazione indica con sufficiente chiarezza la richiesta di annullamento della sentenza impugnata e le ragioni che ne costituiscono il fondamento, secondo quanto appresso specificato.

1. Con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere dichiarato inammissibile l’appello per mancanza di motivi specifici, trascurando che l’art. 53, cit., fa dipendere l’inammissibilità dell’appello dalla mancanza o dalla assoluta incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, mentre, nel caso di specie, l’atto di gravame conteneva l’indicazione tanto della domanda (riforma della sentenza di primo grado e conferma dell’operato dell’ente impositore) che del motivo dell’impugnazione.

1.1. Il motivo è fondato.

Nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità dell’art. 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Cass. 15/01/2019, n. 707);

Dalla lettura dell’atto di appello dell’erario, riprodotto per autosufficienza nel ricorso per cassazione dell’Agenzia, si evince univocamente l’intento impugnatorio della pronuncia di primo grado, che si regge sull’assunto che il compenso variabile, maturato dal giudice tributario nell’ultimo trimestre (ottobre-dicembre) dell’anno solare, diversamente da quanto stabilito dalla sentenza di primo grado, sìa soggetto a tassazione ordinaria e non a tassazione separata.

Ha errato, quindi, la CTR nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specifici motivi d’impugnazione.

2. Con il secondo motivo, rubricato: “1) Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 1, lett. b), art. 50, comma 1, lett. f), e artt. 51 e 52, nonchè D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere trascurato che, per i compensi variabili dei giudici tributari, relativi al quarto trimestre (ottobre-dicembre) dell’anno solare, cumulandosi essi con i redditi del successivo periodo d’imposta nel quale vengono erogati, non ha pregio l’indagine volta a stabilire se il ritardo nel pagamento sia o meno fisiologico in quanto è normale il loro pagamento nell’anno solare successivo, in base al criterio della tassazione ordinaria.

In secondo luogo, l’Agenzia addebita alla CTR la violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto, nel processo tributario, incombe sulla parte richiedente dare prova degli elementi costitutivi della pretesa, ossia, nella specie, sarebbe stato onere della controparte precisare la data della corresponsione degli emolumenti, per i quali veniva chiesto il rimborso IRPEF, anche ai fini della valutazione del maturare della decadenza D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 38.

2.1. Il motivo è assorbito per effetto dell’accoglimento del primo motivo.

3. Ne consegue che, accolto il primo motivo e assorbito il secondo, la sentenza è cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania (sezione staccata di Salerno), in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania (sezione staccata di Salerno), in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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