Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3181 del 12/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 3181 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 19658-2007 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A.

(C.F.

00884060526), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 12/02/2014

L. CARO 62, presso l’avvocato CICCOTTI SIMONE, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

2014

ZANOTTI RICCARDO, giusta procura in calce al

77

ricorso;
– ricorrente contro

1

CURATELA DEL FALLIMENTO DI MASSINI ROBERTO;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1151/2006 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 23/05/2006;
udita la relazione della causa svolta nella

Dott. SERGIO DI AMATO;
udito, per la ricorrente,

l’Avvocato CICCOTTI

SIMONE che ha chiesto raccoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

pubblica udienza del 15/01/2014 dal Consigliere

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 23 maggio 2006 la Corte di appello di
Firenze rigettava l’appello proposto dal Monte dei Paschi
di Siena s.p.a. avverso la sentenza in data 28 agosto 2003
con cui il Tribunale di Livorno, accogliendo parzialmente

‘..

la domanda proposta dal fallimento di Roberto Massini,
aveva revocato due rimesse bancarie (una per lire
44.491.878 e l’altra per lire 90.080.856) effettuate dal
fallito nell’anno antecedente al 24 agosto 1995, data nella
quale il debitore era stato ammesso alla procedura di
concordato preventivo che aveva preceduto il fallimento. In
particolare, la Corte di appello osservava che: l) entrambe
le rimesse dovevano ritenersi di natura solutoria. Quanto
alla prima, doveva ritenersi che la stessa fosse affluita
su conto passivo considerato che al momento della chiusura,
verificatasi 17 giorni dopo la rimessa, il saldo era
negativo e considerato altresì che la banca non aveva
trasmesso al curatore gli estratti conto anteriori alla
chiusura né li aveva prodotti in giudizio, in contrasto, da
un lato, con il diritto del curatore di ricevere la
documentazione bancaria relativa all’ultimo decennio, ai
sensi dell’art. 119 del d. lgs. n. 385/1993 e, dall’altro,
con il principio di buona fede. Quanto alla seconda,
«incamerata nel settembre 1994», come ammesso dalla banca,
valevano le stesse considerazioni, con la precisazione che
3

la mancata indicazione da parte del curatore degli estremi
del conto corrente era anch’essa conseguenza della condotta
della banca; 2) la prova della conoscenza dello stato di
insolvenza discendeva dallo stesso recesso attuato dalla
banca pochi giorni dopo avere ricevuto le consistenti

rimesse per cui è causa; certamente, infatti, tale
conoscenza era presente nel momento in cui le stesse erano
state effettuate, considerati i tempi burocratici necessari
per rendere operativa la decisione di interrompere il
rapporto. Inoltre, la stessa banca, con lettera del 27
settembre 1995, aveva dichiarato che l’impresa del Massini
già nel 1993 aveva subito «grosse perdite su cambi per
operazioni con l’estero».
La s.p.a. Monte dei Pasci di Siena propone ricorso per
cassazione, deducendo tre motivi. Il fallimento non ha
svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la banca ricorrente deduce la
violazione degli artt. 67 1. fall., 112, 116, 210 c.p.c. e
1374 e 2697 c.c. nonché il vizio di motivazione, lamentando
che la Corte di appello aveva erroneamente desunto che le
rimesse avessero avuto la funzione di estinguere debiti
liquidi ed esigibili soltanto dal fatto che essa non aveva
collaborato rispetto all’interesse del fallimento al
conseguimento della prova dei fatti costitutivi della
domanda. Soltanto la mancata osservanza di un ordine di
4

esibizione ex art. 210 c.p.c. avrebbe consentito al giudice
di desumere fatti per essa sfavorevoli; nella specie,
invece, il giudice istruttore aveva rigettato la richiesta
di esibizione proposta dal fallimento, che, tuttavia, non
aveva riproposto la richiesta con le conclusioni di primo

grado né aveva proposto al riguardo un motivo di appello,
restando anzi contumace nel giudizio di secondo grado.
Inconferente era anche il richiamo al principio di buona
fede che non può tradursi in una inversione dell’onere
probatorio. In ogni caso, comunque, mai il curatore aveva
esercitato il suo diritto •ce ottenere la documentazione
bancaria relativa ai rapporti intrattenuti dal fallito.
Il motivo è fondato. Il diritto del cliente della banca
(e per esso del curatore in caso di fallimento: sul punto
v. ampiamente Cass. 13 luglio 2007, n. 15669) di ottenere
la documentazione relativa ai rapporti intrattenuti,
diritto riconosciuto dall’art. 119 del d. lgs. n. 385/1993,
non si traduce nell’obbligo della banca di depositare tale
documentazione in un eventuale giudizio, se la controparte
non ne ha chiesto l’esibizione ai sensi dell’art. 210
c.p.c. In questa sede non si discute di un supposto
inadempimento della banca all’obbligo di fornire al
curatore la documentazione richiesta, ma viene in rilievo
soltanto l’onere della prova che, nel caso di revocatoria
fallimentare, avente ad oggetto rimesse bancarie, grava sul
fallimento anche per quanto concerne la natura solutoria
5

delle stesse. Eventuali carenze della prova offerta dal
curatore non possono essere superate con uno spostamento
dell’onere della prova, affermando che la condizione di
scopertura del conto può ritenersi provata per la mancata
prova contraria offerta dalla banca in una situazione che

presenta elementi presuntivi nel senso della scopertura,
ancorchè non dotati del requisito di certezza. In contrario
non può assumere rilievo il criterio di vicinanza della
prova, applicabile quando solo una delle parti ha
l’effettiva possibilità di offrirla. Infatti, il fallimento
anche nel giudizio, qualora avesse infruttosamente
esercitato prima il suo diritto, avrebbe avuto la
possibilità, come già accennato, di chiedere l’esibizione
della documentazione. Né può assumere rilievo il principio
di buona fede dal quale non può trarsi un obbligo di
collaborazione con l’avversario per compensare eventuali
carenze della prova a suo carico. Vale, invece, il
principio di disponibilità delle prove, sancito dall’art.
116 c.p.c., che consente alla parte di produrre soltanto i
documenti a sé favorevoli e, addirittura, di ritirare, dopo
averli depositati, documenti dai quali l’altra parte possa
trarre argomenti di prova in suo favore (e plurimis Cass.
26 aprile 2010, n. 9917).
In conclusione, la banca convenuta in giudizio con
azione revocatoria fallimentare aventi ad oggetto le
rimesse sul conto corrente operate dal fallito non ha
6

l’onere, né in base al disposto dell’art. 119 del d. lgs.
n. 385/1993, né in base al principio di buona fede, di
produrre la documentazione bancaria allo scopo di
dimostrare quale fosse la situazione del conto al momento
delle rimesse, fermo restando l’obbligo di provvedere alla

relativa esibizione ove questa sia ordinata dal giudice.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione
dell’art. 67 1. fall., lamentando che la Corte di appello
aveva ritenuto la natura solutoria delle rimesse senza
neppure considerare se i conti corrents‘d in questione
fossero scoperti oppure semplicemente passivi, secondo la
nota giurisprudenza in materia.
Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt.
67 1. fall., 112 e 116 c.p.c. e 1374, 2697 c.c., lamentando
che la sussistenza del requisito della conoscenza dello
stato di insolvenza era stata desunta non dalle prove
fornite dalla curatela, ma dal fatto che essa non aveva
spiegato le diverse ragioni che l’avevano indotta a
chiudere il rapporto.
Il secondo ed il terzo motivo restano assorbiti
dall’accoglimento del primo motivo.
Poiché l’istanza di esibizione sarebbe preclusa in sede
di rinvio e, in tale situazione, ai fini della decisione
non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa
Corte può decidere nel merito e rigettare la domanda del
fallimento.
7

Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e
si liquidano come in dispositivo.
P . Q . M.
accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbiti il
secondo ed il terzo; cassa la sentenza impugnata in

rigetta la domanda del fallimento di Roberto Massini, che
condanna al rimborso delle spese dell’intero giudizio,
liquidate, quanto al primo grado in 3.800,00=, di cui
2.600,00 per onorari e 800,00 per diritti, oltre accessori
di legge; quanto al giudizio di secondo grado in C
4.200,00=, di cui 2.800,00 per onorari e 600,00 per
diritti, oltre accessori di legge; quanto al giudizio di
cassazione in C 4.200,00=, di cui 200,00 per esborsi oltre

IVA e CP.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15
gennaio 2014.

relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA