Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3181 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. I, 11/02/2010, (ud. 09/11/2009, dep. 11/02/2010), n.3181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Factorit s.p.a. in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in Roma, via della Consulta 50, presso l’avv. Mancini

Antonio, che con gli avv. Daniela Acerbi e Stefano Beretta la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti in persona del

Ministro, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e

difende ex lege;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3026/03

dell’11.11.2003;

Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

9.11.2009 dal Relatore Cons. Dott. Piccininni Carlo;

Udito l’avv. Mancini per Factorit;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento dell’undicesimo

motivo ed il rigetto degli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione dell’8.1.2001 il Ministero dei Lavori Pubblici proponeva opposizione avverso il decreto con il quale il Presidente del Tribunale di Milano gli aveva ingiunto il pagamento di L. 1.005.400.000, in relazione ad un credito vantato dalla G.R.M. Costruzioni s.r.l. per lavori di ristrutturazione del centro clinico di (OMISSIS), credito ceduto alla Factorit con atto del 26.1.1998, poi notificato al debitore ceduto il 6.3.1998.

Il tribunale, ritenuta tardiva la produzione di documenti da parte del Ministero, poiche’ effettuata in sede di comparsa conclusionale, rigettava l’opposizione.

La decisione, impugnata dal Ministero soccombente, veniva riformata dalla Corte di Appello che, revocando il decreto ingiuntivo, rigettava l’originaria domanda della Factorit rilevando in particolare: l’ammissibilita’ della produzione documentale, per quanto tardiva, trattandosi “di prove indispensabili ai fini della decisione della causa ai sensi dell’art. 345 c.p.c.”; che il divieto di nuove prove in appello non riguarderebbe i documenti precostituiti, come gia’ affermato da questa Corte di legittimita’ in precedenti decisioni; che nella specie uno dei documenti in esame era rappresentato da copia dell’interrogazione presso la Tesoreria dello Stato, da qualificare come estratto da archivio informatico della Pubblica Amministrazione, e quindi come atto amministrativo emesso attraverso riproduzione a stampa di un documento elettronico, in quanto tale riconducibile nell’ambito delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 1712 c.c.; che a detto documento doveva attribuirsi piena prova dei fatti rappresentati, non essendo stata sollevata alcuna eccezione in ordine alla sua conformita’ all’originale; che dal relativo contenuto emergeva non solo l’emissione del mandato di pagamento, ma anche la sua esecuzione,- che non rilevava in senso contrario il contenuto della lettera inviata dal Ministero dei Lavori Pubblici alla Factorit in data 23.3.1998, da cui sarebbe emersa la mancata effettuazione del pagamento, poiche’ si sarebbe trattato di indicazione provvisoria e non definitiva; che, con riferimento alla domanda ex art. 2043 c.c. l’istante non aveva dato prova del pregiudizio asseritamente subito. Avverso la decisione la Factorit proponeva ricorso per Cassazione affidato a undici motivi, poi ulteriormente illustrati da memoria, cui resisteva il Ministero con controricorso.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 9.11.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i motivi di impugnazione la Factorit ha rispettivamente denunciato:

1) violazione degli artt. 2714, 2715, 2699 c.c, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., della L. n. 513 del 1997, del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 20 poiche’, trattandosi di fotocopia cui era stata apposta una firma, erroneamente il documento in questione era stato considerato come atto pubblico. Ne’ d’altra parte avrebbe potuto essere correttamente evocata la disciplina vigente in tema di documento informatico, mancando la “spedizione in forma autentica” che costituisce il presupposto per l’applicazione della detta normativa.

2) violazione del D.L. n. 39 del 1993, art. 3, della L. n. 367 del 1994, art. 6, del D.P.R. n. 513 del 1997, art. 18, del D.P.R. n. 445 del 2000, art. 9, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, per il fatto che il documento informatico, per essere ritenuto tale, deve contenere l’indicazione della fonte e del responsabile dell’immissione, riproduzione, trasmissione o emanazione, mentre nel caso in esame mancherebbero sia l’indicazione dell’ente di riferimento che il responsabile della formazione e conservazione del documento.

3) violazione degli artt. 2712, 2719 c.c., degli artt. 113, 115, 116 c.p.c., del D.P.R. n. 513 del 1997, D.P.R. n. 445 del 2000, D.L. n. 10 del 2002 e vizio di motivazione, in quanto il regime probatorio richiamato dall’art. 2712 c.c. varrebbe solo per il documento informatico munito dei requisiti di legge indicati sub 2), e non sarebbe pertanto applicabile nella specie, in cui non sono riscontrabili i detti requisiti.

4) violazione dell’art. 12 preleggi, degli artt. 1264 e 2704 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione, in ragione dell’affermata antecedenza del pagamento rispetto alla notificazione dell’atto di cessione del credito. Il giudizio sul punto sarebbe infatti errato, poiche’ basato su dichiarazione in tal senso del Ministero priva di data certa, oltre che su vaglia cambiario, anch’esso privo di data certa.

5) violazione degli artt. 183, 345 e 112 c.p.c. e vizio di motivazione, in relazione all’interpretazione data alla lettera del 24.3.1998 inviata ad essa ricorrente dal Ministero, rispetto alla quale l’eccezione sollevata dall’appellante (il documento sarebbe frutto di una svista o di ignoranza del funzionario estensore) sarebbe stata tardiva (in comparsa conclusionale) e quindi da non considerare.

6) violazione degli artt. 116 e 112 c.p.c., degli artt. 2732, 2733, 2735 e 2697 c.c. e vizio di motivazione nell’interpretazione del documento in data 24.3.98, nella parte in cui era stato precisato “da notizie assunte per le vie brevi e’ risultato che tale fattura ancora non e’ stata messa in pagamento per indisponibilita’ di cassa”, per tre concorrenti motivi, vale a dire:

a) per il contrasto con il valore confessorio della dichiarazione;

b) per l’illogicita’ della deduzione, in quanto incentrata sulla caratteristiche del mezzo di comunicazione utilizzato (via telefonica);

c) per l’arbitraria rilevazione di ufficio, non essendo stata formulata alcuna riserva o richiesta probatoria al riguardo.

7) violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., degli artt. 2697 e 2704 c.c. e vizio di motivazione nella valutazione dei documenti posti a base della decisione. In particolare, per quanto concerne il documento relativo all’interrogazione dei mandati, era stato omesso di considerare che nell’indicazione delle forme di pagamento era stato registrato “contante presso la tesoreria”, circostanza che renderebbe incongruente l’affermazione secondo cui il pagamento sarebbe stato effettuato tramite assegno; che il preteso pagamento della Tesoreria sarebbe relativo all’esercizio provvisorio del 1994, mentre risulterebbe documentato che il contratto sulla cui base era stata operata la fatturazione era del 1996; che non vi era esatta coincidenza fra il credito e l’importo dell’assegno.

8) vizio di motivazione per mancato esame dell’eccezione relativa all’assenza di documentazione o ricevuta attinente all’emissione del titolo che si assume consegnato.

9) violazione degli artt. 112, 329, 342, 184 bis c.p.c. e vizio di motivazione sulla tardiva produzione documentale, rispetto alla quale il tribunale aveva escluso l’utilizzabilita’ con decisione non impugnata, sicche’ la relativa statuizione sarebbe divenuta irrevocabile.

10) violazione degli artt. 112, 113, 184 e 345 c.p.c., dell’art. 111 Cost. e vizio di motivazione, sulla base del rilievo che il Ministero aveva prodotto documenti senza chiederne preventivamente l’ammissione e la Corte territoriale ne aveva stabilito la rilevanza dopo averne esaminato il merito. Per di piu’ lo stesso giudice non aveva tenuto conto della circostanza che due di questi documenti recavano una data successiva all’inizio del giudizio, e cio’ avrebbe imposto una differente valutazione dovendo essere oggetto, il loro contenuto, di testimonianze rese all’interno del processo.

11) violazione degli artt. 1201, 1203, 2043, 2056, 1223, 1224, 1225 e 1226 c.c. degli artt. 116, 115 e 113 c.p.c. e vizio di motivazione, con riferimento all’affermata mancanza di prova in ordine all’impossibilita’ di recuperare le somme anticipate alla GRM, prova che per un verso sarebbe stato impossibile fornire, trattandosi di fatto negativo, e per altro verso sarebbe stata superflua, essendo sottoposto il debitore GRM a procedura concorsuale. Al contrario da una corretta lettura degli atti processuali sarebbero incontestabilmente emerse le circostanze di fatto idonee a legittimare la domanda risarcitoria formulata.

Osserva il Collegio che devono essere prioritariamente esaminate le censure prospettate con il nono ed il decimo motivo di impugnazione, attesa la loro pregiudizialita’ sul piano logico, censure che risultano fondate.

Ed infatti dalla sentenza impugnata si evince che con l’atto di appello sono stati prodotti una copia dell’interrogazione presso la Tesoreria di Stato e una copia del vaglia cambiario emesso dalla Banca d’Italia il (OMISSIS), asseritamente comprovanti l’avvenuto pagamento del credito azionato dalla Factorit in data antecedente alla cessione, produzione ritenuta ammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c. sotto il duplice aspetto della sua indispensabilita’ ai fini della decisione e della inapplicabilita’ del divieto della proposizione di nuovi mezzi di prova in appello per quanto concerne i documenti (p. 7). Risulta inoltre, dalla stessa sentenza, che la detta documentazione era gia’ stata prodotta in primo grado con il deposito della comparsa conclusionale (circostanza d’altro canto pacificamente ammessa dal controricorrente, p. 6 del controricorso), e che di essa il giudice di primo grado non aveva tenuto conto, ritenendo inammissibile la produzione, in quanto tardiva (p. 2).

Cio’ premesso in punto di fatto, occorre rilevare, ai fini della determinazione del corretto ambito di applicazione dell’art. 345 c.p.c., che il legislatore, nel disciplinare con la L. n. 353 del 1990 le modalita’ di produzione dei documenti e della proposizione dei mezzi di prova nel processo di primo grado, ha distinto le due distinte fasi delle deduzioni e della trattazione, stabilendo una rigida preclusione per le eventuali ulteriori richieste all’esito dell’emissione dell’ordinanza ammissiva delle prove.

In sintonia con la detta impostazione, dunque, il legislatore con la medesima L. n. 353 sopra citata ha privilegiato la configurazione del giudizio di secondo grado come revisione di quello precedente, aggiungendo al preesistente divieto di domande nuove anche quello di nuove eccezioni e di nuovi mezzi istruttori (art. 345 c.p.c., comma 3).

In linea di principio, dunque, i nuovi mezzi di prova in appello (e fra questi anche i documenti, come poi stabilito normativamente con la L. 18 giugno 2009, n. 69, art 46) non possono trovare ingresso in sede di gravame, salvo che le parti non dimostrino di non aver potuto proporli prima per causa loro non imputabile (ipotesi non verificatasi nella specie, non essendo stato dedotto nulla al riguardo) ovvero che il giudice non li ritenga indispensabili per la decisione (in tal senso la statuizione della Corte di appello). La questione relativa alla definizione del concetto di indispensabilita’ della prova nel giudizio di appello, sulla quale sono state offerte diverse interpretazioni in sede dottrinaria, e’ stata per vero gia’ affrontata da questa Corte, che in particolare ha ritenuto tali quelle “suscettibili di una influenza causale piu’ incisiva rispetto a quella che le prove, definite come rilevanti.., hanno sulla decisione finale della controversia; prove che, proprio perche’ indispensabili, sono capaci, in altri termini, di determinare un positivo accertamento dei fatti di causa, decisivo talvolta anche per giungere ad un completo rovesciamento della decisione cui e’ pervenuto il giudice di primo grado (C. 05/8203, nello stesso senso C. 06/9120).

Tuttavia la detta questione non rileva nella fattispecie oggetto di giudizio, atteso che l’ammissione di nuovi documenti (e di prova in generale) nel giudizio di appello presuppone che comunque si tratti di documentazione nuova, nel senso cioe’ che la relativa ammissione non sia stata chiesta in precedenza e che non si sia verificata decadenza rilevabile di ufficio (C. 06/2011, C. 04/5539, C. 03/18740).

Al contrario nel caso in esame la produzione documentale in questione non puo’ essere giudicata nuova atteso che, come detto, la stessa fu effettuata in occasione del deposito della comparsa conclusionale e debitamente considerata dal tribunale, che per l’appunto emise al riguardo declaratoria di inammissibilita’ “in quanto tardiva” (p. 2 sentenza impugnata).

Il giudizio di ammissione della documentazione oggetto di contestazione risulta dunque erroneamente formulato, e non gia’ per effetto dell’invocato giudicato, che non e’ nel concreto configurabile avendo l’appellante sollecitato l’esercizio di un ulteriore potere astrattamente attribuito al giudice in una diversa fase del processo (vale a dire in sede di gravame), ma poiche’ tale potere e’ nel concreto correttamente esercitabile quando si tratti di documentazione la cui ammissione non era stata in precedenza richiesta (C. 06/24606, C. 05/8203), ipotesi non verificatasi nella specie.

Ne’ puo’ dirsi che tale conclusione (che peraltro risulta del tutto in linea con i principi del giusto processo e della regolarita’ del contraddittorio) comprima esageratamente e irragionevolmente i diritti di difesa della parte, considerato che il potenziale correttivo rispetto ad intervenute decadenze processuali e’ individuabile nell’istituto della rimessione in termini (art. 184 bis c.p.c.), di cui ben si sarebbe potuto avvalere la parte interessata.

Il Ministero dunque, anziche’ ricorrere ad una inammissibile produzione documentale, avrebbe potuto richiedere di essere rimesso nei termini a tal fine, ottenendo cosi’ la rituale produzione dei documenti, ove accolta l’istanza, ed impugnando diversamente l’indebito diniego, ove in tal senso disposto dal giudice del merito.

Conclusivamente devono essere accolti il nono ed il decimo motivo di impugnazione, restando assorbiti gli altri, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvio alla Corte di Appello di Milano in diversa composizione, per una nuova delibazione della controversia, che escluda dal relativo esame la documentazione originariamente prodotta dal Ministero delle Infrastrutture con il deposito della comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado, dichiarata inammissibile dal Tribunale di Milano.

La Corte territoriale provvedera’ infine anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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