Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3181 del 09/02/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 3181 Anno 2018
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VENEGONI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso 4037-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

LAPENTA VINCENZA;
– intimata –

Nonché da:
LAPENTA VINCENZA, domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dell’Avvocato ROBERTO VALLESI
(avviso postale ex art. 135);

Data pubblicazione: 09/02/2018

- controricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 164/2009 della COMM.TRIB.REG.
_as fogA/14
dffikEltITZE, depositata il 15/12/2009;

consiglio del 23/11/2017 dal Consigliere Dott. ANDREA
VENEGONI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in
persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa
RITA SANLORENZO che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso principale e il rigetto del ricorso
incidentale.

udita la relazione della causa svolta nella camera di

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RITENUTO CHE
L’Agenzia delle Entrate, a seguito della definitività dell’avviso di accertamento, relativo
ad imposte dirette per l’anno 1991, nei confronti della società Betonstrade sas,
provvedeva ad attribuire ai soci il maggior reddito da partecipazione, notificando
l’accertamento sia al socio Ciravegna Antonino, che alla di lui moglie Lapenta Vincenza
in quanto codichiarante nella dichiarazione dei redditi per l’annualità in questione;

favorevole nei primi due gradi di giudizio, mentre la Corte di Cassazione, con sentenza
n. 4749 del 2006, annullava con rinvio la sentenza della CTR, ma il giudizio non veniva
riassunto;
l’ufficio procedeva allora all’iscrizione a ruolo degli importi ed emetteva cartella di
pagamento anche nei confronti della coobbligata Lapenta Vincenza, la quale impugnava
l’atto disconoscendo la propria firma sulla dichiarazione dei redditi relativa all’anno in
questione, eccepiva la nullità della cartella e chiedeva la disapplicazione delle sanzioni
nei suoi confronti, in quanto solo il marito era responsabile della violazione.
La CTP respingeva il ricorso della contribuente, mentre la CTR, pur riconoscendo la
legittimità della cartella, disapplicava le sanzioni.
Contro tale pronuncia ricorre in cassazione l’ufficio sulla base di due motivi.
La contribuente si costituisce con controricorso e formula due motivi di ricorso
incidentale
La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte in
data 26.10.2017.

CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 17 legge
13.4.1977 n. 114, nella versione ratione temporis applicabile, in relazione all’art. 360
comma 1 n. 3 c.p.c, atteso che la norma sancisce la responsabilità solidale del coniuge
anche per le sanzioni.
Con il secondo motivo l’ufficio deduce contraddittorietà della motivazione in ordine a
fatto controverso e decisivo per il giudizio in relaizone all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.,
Proc. 4037/11 — est. dott. Andrea Venegoni

l’avviso di accertamento veniva impugnato dal solo Ciravegna Antonino, con esito

2

laddove la CTR ha, da un lato, riconosciuto la attribuibilità della dichiarazione alla
contribuente e dall’altro ha escluso le sanzioni nei suoi confronti sulla base di un
elemento estraneo alla fattispecie, quale la partecipazione alla violazione.
Il primo motivo è fondato.
L’art 17 legge 13.4.1977, n. 114, nella formulazione originaria, vigente in relazione al

comma 1:
È in facoltà dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati, presentare su
unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi, compresi quelli di cui
alla lettera c) dell’art. 4 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, nel testo aggiunto con
la presente legge. In tale ipotesi la dichiarazione va presentata all’ufficio delle imposte
o all’ufficio del comune nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del marito. Se
soltanto la moglie è residente nel territorio dello Stato la dichiarazione dei redditi dei
coniugi deve essere presentata all’ufficio del domicilio fiscale della moglie. (tale comma
fu poi abrogato nel 1998)
comma 2:
Ai fini della liquidazione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche risultante dalla
dichiarazione presentata a norma del comma precedente, le imposte nette determinate
separatamente per ciascuno dei coniugi si sommano e le ritenute e i crediti di imposta
si applicano sul loro ammontare complessivo. Nell’ipotesi prevista nel primo comma, la
notifica della cartella dei pagamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche iscritta
nei ruoli è eseguita nei confronti del marito. Gli accertamenti in rettifica sono
effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma del comma precedente.
I coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta,
soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito.
Le parole evidenziate in grassetto ai fini della presente decisione evidenziano alcuni
concetti fondamentali in tema di dichiarazione congiunta dei coniugi, quale quella
verificatasi nella specie.
a) la stessa era una facoltà concessa ai coniugi; non era obbligatoria, ma frutto di una
loro scelta volontaria e consapevole

Proc. 4037/11 — est. dott. Andrea Venegoni

periodo di imposta di cui si discute affermava:

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b) la stessa comportava, come conseguenza, che gli accertamenti in rettifica fossero
compiuti a nome di entrambi i coniugi ed entrambi fossero solidalmente responsabili
non solo per il pagamento dell’imposta, ma anche per gli accessori, incluse le sanzioni.
Tali concetti sono, in effetti, stati espressi in maniera costante dalla giurisprudenza di
questa Corte. Si veda, al riguardo, ancora di recente, Sez V, n 13733 del 2016, in un
caso relativo all’anno 1996 in cui i coniugi avevano presentato dichiarazione congiunta

La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare il principio in virtù del
quale, ai sensi dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, la dichiarazione dei redditi
congiunta, consentita a coniugi non separati, costituisce una facoltà che, una volta
esercitata per libera scelta degli interessati, produce tutte le conseguenze, vantaggiose
ed eventualmente svantaggiose, che derivano dalla legge e che ne connotano il
peculiare regime, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio; ne consegue
che la responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta ed accessori,
iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dall’ultimo comma
del citato art. 17, non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione
congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale.
Sez. V, n. 9209 del 2011, poi, ha ancora precisato che
La responsabilità solidale dei coniugi che abbiano presentato dichiarazione congiunta
dei redditi “per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi
iscritti a ruolo a nome del marito”, prevista dall’art. 17, ultimo comma, della legge 13
aprile 1977, n. 114, vale anche per gli accertamenti dipendenti da comportamenti non
riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi, in quanto conseguenti ad atti di
accertamento in rettifica condotti esclusivamente nei confronti di uno solo di essi.

e poi si erano separati, secondo la quale:

Applicando questi principi al caso di specie, quindi, la CTR ha errato laddove ha
disapplicato le sanzioni affermando che l’accertamento del maggior reddito da
partecipazione nella società riguardava il marito, e la moglie non aveva avuto alcun
ruolo nelle violazioni, non esercitando alcun ruolo nella società stessa.
La responsabilità della contribuente per le sanzioni non dipende, infatti, dal suo
contributo alla commissione dell’illecito, ma dal fatto che, per sua scelta volontaria, ha
esercitato l’opzione per la dichiarazione congiunta con il marito.

Proc. 4037/11 — est. dott. Andrea Venegoni

)(`,/

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La contribuente eccepisce che la norma di cui all’art. 17 legge 114 del 1977 deve
intendersi abrogata, anche in riferimento all’anno di imposta in discussione, dalla
sopravvenuta disciplina di cui al d Ivo 472 del 1997, ed, in particolare, dall’art. 2 comma
2 che prevede il principio della responsabilità personale dell’autore dell’illecito.
L’eccezione non coglie nel segno perchè, si ribadisce, la dichiarazione congiunta era una
opzione liberamente esercitabile dai coniugi, dalla quale derivavano conseguenze di

allo stesso tempo, era legittimata ad impugnare l’accertamento; in sostanza, quindi,
con la dichiarazione congiunta i due coniugi assumevano la responsabilità personale per
essa. La responsabilità per la sanzione a carico della moglie, quindi, non era per fatto
altrui, ma per fatto proprio, per avere la moglie consapevolmente e volontariamente
aderito ad un regime dichiarativo che comportava, tra l’altro, anche la responsabilità
solidale per le sanzioni (in tali termini, si veda Sez. V, n. 13525 del 2008).
Il primo motivo, pertanto, deve essere accolto, con cassazione della sentenza
impugnata e rinvio alla CTR della Toscana per nuovo esame; l’accoglimento comporta
l’assorbimento del secondo motivo.

In via incidentale la contribuente deduce in primo luogo violazione o falsa applicazione
dell’art 214 e 216 c.p.c., nonchè 2698 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. perché la
CTR ha errato laddove ha posto a carico della contribuente l’onere di provare la non
paternità della sottoscrizione sulla dichiarazione.
In particolare, la contribuente sostiene di avere assolto al proprio onere probatorio
depositando, nel ricorso introduttivo, la propria sottoscrizione con cui conferiva mandato
al difensore; sarebbe bastato alla CTR confrontare tale sottoscrizione con quella della
dichiarazione congiunta in atti per coglierne la differenza, anche senza bisogno di
disporre perizia. La CTR avrebbe quindi erroneamente richiesto una inversione
dell’onere probatorio affermando che la asserita falsificazione della scrittura non era
stata provata.
Il motivo è infondato.
Premesso che non vi è dubbio che l’onere della prova sulla falsificazione della
sottoscrizione gravasse su chi invocava tale circostanza, e quindi sulla contribuente, va
osservato che, in realtà, la CTR non ha richiesto alcuna inversione dell’onere della prova.
Proc. 4037/11 — est. dott. Andrea Venegoni

legge ben precise: anche la moglie poteva essere soggetta alla rettifica, ma la stessa,

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Ha soltanto concluso nel senso che le risultanze istruttorie non avevano permesso di
ritenere che la asserita falsificazione della sottoscrizione fosse avvenuta contro il volere
della contribuente. Ha, quindi, compiuto una valutazione di merito sulla solidità degli
elementi probatori che, in quanto valutazione di fatto, non può essere sindacata in
questa sede.
Con il secondo motivo di ricorso incidentale la contribuente deduce violazione o falsa

360 n. 3 c.p.c., per mancanza del potere di procedere con l’iscrizione a ruolo, in un caso
perchè la estinzione del giudizio per mancata riassunzione ha determinato il venire
meno dell’accertamento, dato che l’ultima sentenza di merito era favorevole alla
contribuente, oppure, in alternativa, laddove si ritenga che abbia fatto rivivere
l’accertamento originario, per decadenza del potere di iscrizione a ruolo per il decorso
del termine, atteso che la definitività dell’accertamento risalirebbe al decorso del
termine dopo la notifica.
Il motivo è infondato.
Esso è formulato sulla base di una doppia opzione: nella prima, il contribuente deduce
la intervenuta decadenza per la riscossione perchè l’estinzione del giudizio per mancata
riassunzione avrebbe fatto rivivere l’ultima sentenza di merito, a lei favorevole,
travolgendo quindi l’avviso di accertamento.
Tale conclusione è da considerarsi errata.
Dalla formulazione dell’art. 63 del dpr 546 del 1992 secondo il quale la mancata
riassunzione determina l’estinzione dell’intero processo, si deve, infatti, dedurre che
vengano travolte anche le sentenze di merito, e si determina, invece, la definitività
dell’avviso di accertamento originariamente impugnato (Sez. VI – 5, n. 9521 del 2017
e Sez. V n. 23502 del 2016).
Sulla seconda opzione, che dà per ammessa la reviviscenza dell’accertamento, questa
Corte (Sez. V, n. 23502 del 2016, che illustra le ragioni della deroga al principio di cui
all’art. 2945, comma 3, c.c.) ha avuto modo di affermare che
nel giudizio tributario, l’omessa riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio
determina l’estinzione del processo, ai sensi dell’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 546 del
1992, e la definitività dell’avviso di accertamento impugnato, sicché il termine di
prescrizione della pretesa tributaria, necessariamente incorporata nell’ atto impositivo,
Proc. 4037/11 — est. dott. Andrea Venegoni

applicazione dell’art. 63 d. Ivo 546 del 1992 e 17 dpr 602 del 1973 in relazione all’art.

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decorre dalla data di scadenza del termine utile per la non attuata riassunzione,
momento dal quale l’Amministrazione finanziaria può attivare la procedura di
riscossione. (così Cass. 556/16; nello stesso senso: Cass. 19476/16 e Cass. 15480/16).
Non è, quindi, condivisibile l’opinione per cui, ammettendo la sopravvivenza dell’avviso
di accertamento a causa della mancata riassunzione, la sua definitività – dalla quale
valutare la tempestività della riscossione – decorrerebbe dalla data di emissione e

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione,
anche per la decisione sulle spese.
Rigetta i motivi di ricorso incidentale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 novembre 2017

notifica; essa decorre, invece, dalla data di scadenza del termine per la riassunzione.

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