Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31801 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/12/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 07/12/2018), n.31801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17972/2017 R.G. proposto da:

F.E., F.F., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE REGINA MARGHERITA 278, presso Io studio dell’avvocato STEFANO

GIOVE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO

TODESCHINI;

– ricorrenti –

contro

G.N., da considerarsi, in difetto di elezione di

domicilio in Roma, per legge domiciliata ivi presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO COCCHIA;

– controricorrente –

Contro

FO.ES., da considerarsi, in difetto di elezione di domicilio

in Roma, per legge domiciliata ivi presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati GABRIELLA PEZZOTTA, ALESSANDRO

POZZANI;

– controricorrente –

contro

F.C.;

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VERONA, depositata il

29/06/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

con ricorso per regolamento di competenza spedito per la notifica il 19/06/2017 F. ed F.E. impugnano l’ordinanza di sospensione – per ritenuta pregiudizialità di separato processo pendente dinanzi allo stesso tribunale col n. 8630/16 r.g. (ma, rectius, v.g.) – pronunziata il 29/06/2017 dal g.i. del Tribunale di Verona nella causa – iscr. al n. 9421/16 r.g. – da loro intentata con ricorso ex art. 702bis c.p.c. nei confronti di G.N. e delle di lei figlie, Es. e F.C.;

il giudizio sospeso è stato intentato dagli odierni ricorrenti, nella qualità di acquirenti da F.M., per il rilascio di un immobile (in (OMISSIS), (OMISSIS), in forza di rogito (OMISSIS)), già destinato a casa coniugale del venditore e di G.N. (oltre che delle figlie), in forza di provvedimento conseguito in sede di separazione negli anni 2008/2010, però non riprodotto nella sentenza di divorzio pronunciata nel 2013;

è stata, su eccezione della G., ritenuta la pregiudizialità dell’altro giudizio, avente ad oggetto modifiche delle condizioni di divorzio e segnatamente l’assegnazione della residenza coniugale nel rispetto delle esigenze delle figlie, poichè dalla statuizione in quella sede circa l’eventuale titolo abitativo in capo alle convenute si è ritenuta dipendere la decisione del giudizio di rilascio del medesimo immobile;

i ricorrenti hanno lamentato: in primo luogo, che fosse stata disposta la sospensione in attesa della decisione di una causa già sospesa; in secondo luogo, che non coincidevano i soggetti delle due cause; in terzo luogo, l’assenza di pregiudizialità per impossibilità di effetti della causa ritenuta pregiudicante sul giudizio ritenuto pregiudicato;

hanno prodotto scritti difensivi:

– G.N., chiedendo l’annullamento dell’ordinanza in quanto resa nel corso di un procedimento sommario di cognizione inammissibile per la materia trattata (per la complessità delle ragioni e l’impossibilità di una contemporanea trattazione del giudizio sommario e di quello per la modifica delle condizioni di divorzio), ovvero in quanto resa senza il necessario intervento del P.M. (riguardando, negata l’automatica caducazione automatica del titolo di assegnazione della casa familiare, la causa anche gli interessi di figli minori o maggiorenni non autosufficienti); ma non mancando di chiedere il rigetto del ricorso, condividendo la valutazione di pregiudizialità del giudizio in sede divorzile;

– Fo.Es., anch’ella chiedendo annullarsi l’ordinanza, in quanto resa con rito sommario in causa devoluta alla cognizione del tribunale in composizione collegiale;

il P.G., con sua requisitoria del 19/06/2018, ha escluso la pregiudizialità rispetto ad un giudizio di rilascio di immobile della domanda con cui l’occupante ha chiesto, invocando modifica delle condizioni di divorzio pronunciato nei suoi rapporti con l’ex marito venditore del bene, assegnarsi a suo favore lo stesso immobile, occupato appunto da lei e dalle sue figlie (una maggiorenne, ma non economicamente indipendente, l’altra minorenne): e, sul punto, ha ampiamente argomentato, sia in base alla diversità dei soggetti delle due cause, sia per l’inopponibilità agli acquirenti pure di un eventuale ripristino dell’assegnazione della casa coniugale alla sua attuale occupante (richiamando, rispettivamente, Cass. 17235/14 e Cass. 1744/18);

con memoria pervenuta soltanto addì 11/09/2018 la G. deposita, non ottemperando all’art. 372 c.p.c., decreto del Tribunale di Verona nella causa ritenuta pregiudicante dalla qui gravata ordinanza.

Diritto

CONSIDERATO

che:

va, in via preliminare, rilevata la tardività della memoria, pervenuta solo addì 11/09/2018 e quindi in violazione del termine previsto dall’art. 380-bis c.p.c. sopra richiamato: questo garantisce uno spazio minimo non ulteriormente comprimibile per l’espletamento delle attività di preparazione da parte del Collegio decidente e di ogni ulteriore ancora eventualmente possibile attività della controparte; pertanto, deve dichiararsi inammissibile, tanto che nulla di quanto in essa riportato può essere nemmeno preso in considerazione, una memoria che pervenga oltre quel limite e renda quindi impossibile il pieno ed ordinato espletamento di quell’attività; ed infine bene essendo dichiarata l’inammissibilità anche ove la spedizione fosse avvenuta a mezzo posta, tale modalità essendo ammessa – ex art. 134 disp. att. c.p.c.esclusivamente per ricorso e controricorso (Cass. ord. 10/10/2016, n. 20314; Cass. 19/04/2016, n. 7704; Cass. 31/03/2016, n. 6230; Cass., ord. 20/10/2014, n. 22201; Cass. ord. 04/01/2011, n. 182; Cass. 04/08/2006, n. 17726; anche dopo la novella del 2016, per la memoria ex art. 380-bis c.p.c.: Cass. ord. 10/08/2017, n. 19988);

ciò posto, il provvedimento di sospensione è effettivamente illegittimo e deve quindi disporsi che il processo prosegua;

infatti ed in via dirimente, nel giudizio sommario – in disparte i dubbi sull’utile esperibilità con regolamento di competenza della doglianza della correttezza della sua instaurazione in ragione della complessità dell’istruzione a compiersi o di altre ragioni di rito –

non può mai disporsi la sospensione, ai sensi degli artt. 295 o 337 c.p.c.: infatti, “qualora nel corso di un procedimento introdotto con il rito sommario di cognizione, di cui all’art. 702-bis c.p.c., insorga una questione di pregiudizialità rispetto ad altra controversia, che imponga un provvedimento di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (o venga invocata l’autorità di una sentenza resa in altro giudizio e tuttora impugnata, ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2), si determina la necessità di un’istruzione non sommaria e, quindi, il giudice deve, a norma dell’art. 702-ter c.p.c., comma 3, disporre il passaggio al rito della cognizione piena; sicchè, nell’ambito del rito sommario, è illegittima l’adozione di un provvedimento di sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c.(o dell’art. 337 c.p.c., comma 2), (tra le altre: Cass. ord. 30/01/2017, n. 2272; Cass. ord. 11/04/2016, n. 7092; Cass. ord. 27/10/2015, n. 21914; Cass. ord. 06/05/2015, n. 9138; Cass. ord. 24/10/2014, n. 22605; Cass. ord. 02/01/2012, n. 3);

ancora, neppure sarebbe mai legittima una sospensione nel caso in cui tra due procedimenti pendenti dinanzi al medesimo ufficio o a sezioni diverse di quest’ultimo esista un rapporto di identità o di connessione: in tali casi il giudice del giudizio reputato pregiudicato non può adottare un provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., ma deve rimettere gli atti al capo dell’ufficio, secondo le previsioni degli artt. 273 o 274 c.p.c., a meno che il diverso stato in cui si trovano i due procedimenti non ne precluda la riunione (Cass. ord. 17/05/2017, n. 12441; Cass. ord. 24/09/2014, n. 20149; Cass. ord. 26/07/2012, n. 13330); neppure ostando ad una eventuale riunione la soggezione delle cause a due riti diversi, potendo, se non altro in tesi, bene predicarsi l’applicabilità dell’art. 40 c.p.c., comma 3;

infine, è evidente la fondatezza quanto meno della doglianza sull’inconfigurabilità di pregiudizialità, per l’insufficienza della solo parziale coincidenza delle personae dei due giudizi, mentre ogni questione sull’opponibilità o meno dell’assegnazione della casa coniugale – sia quella originaria, la cui caducazione automatica le convenute nel giudizio oggi sospeso contestano, sia quella eventualmente ripristinata, va correttamente esperita appunto e proprio esclusivamente nel giudizio di rilascio contro l’occupante;

pertanto, la gravata ordinanza va cassata e deve disporsi senz’altro indugio che il processo prosegua, con liquidazione delle spese del presente regolamento in ragione della soccombenza e tenuto conto che sia i ricorrenti che le intimate hanno tra loro comunanza di interessi in causa, con conseguente solidarietà della relativa condanna sia dal lato attivo che da quello passivo;

infine, l’accoglimento del ricorso esclude la sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

P.Q.M.

dispone che il processo prosegua; condanna Fo.Es. e G.N., tra loro in solido, al pagamento delle spese del presente regolamento in favore di F. ed F.E., tra loro in solido, liquidandole in Euro 2.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli altri accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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