Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31799 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/12/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 07/12/2018), n.31799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14126-2017 proposto da:

SIELTE SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEGLI OTTAVI, 9, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMILIANO SCARINGELLA, rappresentata e difesa

dall’avvocato NICOLA LANDI;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1900/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

dell’1/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Napoli rigettava l’opposizione proposta da Sielte S.p.a. avverso il decreto ingiuntivo con cui P.G. chiedeva il pagamento della somma di Euro 19.565,90 a titolo di indebita trattenuta per ritenute fiscali sulle somme riconosciute con sentenze del Tribunale di Napoli n. 19598/2005 e 34566/2009;

2. la Corte d’ appello di Napoli rigettava l’appello proposto dalla società, sulla base del principio secondo cui l’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo e non al netto delle ritenute fiscali e di quelle previdenziali gravanti sul lavoratore;

3. Sielte S.p.a. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a due motivi, ed ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

4. P.G. non ha opposto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 64 e 23. La Corte territoriale avrebbe violato i richiamati articoli, i quali prevedono che sia obbligo dei sostituti d’imposta, e dunque della società ricorrente, effettuare la ritenuta quando erogano i redditi previsti, tra cui quello di lavoro dipendente, anche se corrisposti a seguito di provvedimento giudiziale.

2. Con il secondo motivo di ricorso viene denunciato – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – l’omesso esame di un fatto decisivo per le parti che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’avvenuto pagamento all’Erario da parte della Società delle ritenute fiscali oggetto di causa.

3. Il primo motivo non è fondato, essendosi attenuto il giudice di merito al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “l’accertamento e la liquidazione del credito spettante al lavoratore per differenze retributive devono essere effettuati al lordo sia delle ritenute fiscali, sia di quella parte delle ritenute previdenziali gravanti sul lavoratore, atteso che la determinazione delle prime attiene non al rapporto civilistico tra datore e lavoratore, ma a quello tributario tra contribuente ed erario, e devono essere pagate dal lavoratore soltanto dopo che il lavoratore abbia effettivamente percepito il pagamento delle differenze retributive dovutegli” (Cass. n. 21010 del 13/09/2013, Cass. n. 18044 del 14/09/2015).

4. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto la ricorrente, nell’assumere che il giudice di merito avrebbe omesso di valutare l’avvenuto versamento all’Erario delle ritenute, non lo documenta, ma si limita a richiamare i propri atti ove la circostanza veniva riferita. Richiama poi pg. 1 della sentenza, dove parimenti in ordine al versamento delle ritenute la Corte di merito si limita a riferire il contenuto delle allegazioni difensive della società. Nè riporta e localizza gli atti processuali ove tale circostanza risulterebbe incontestata. Risultano in tal modo violate le prescrizioni desumibili dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, (nel testo che risulta a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 40 del 2006, operante ratione temporis), nell’interpretazione che ne ha in più occasioni ribadito questa Corte, secondo la quale qualora il ricorrente per cassazione si dolga dell’omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice del merito, per rispettare il principio di specificità dei motivi del ricorso – da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” – ha l’onere di indicare nel ricorso medesimo il contenuto rilevante del documento stesso, fornendo al contempo alla Corte elementi sicuri per consentirne l’individuazione e il reperimento negli atti processuali: ciò allo scopo di porre il Giudice di legittimità in condizione di verificare la sussistenza del vizio denunciato, senza compiere generali verifiche degli atti (v. Cass. S.U. 3 novembre 2011 n. 22726, Cass. n. 17168 del 2012, Cass. n. 1391 del 2014, Cass. n. 3224 del 2014).

5. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

6. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

7. Sussistono invece i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, considerato che l’insorgenza di detto obbligo non è collegata alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. da ultimo ex multis Cass. ord. 16/02/2017 n. 4159).

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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