Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31798 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/12/2018, (ud. 12/09/2018, dep. 07/12/2018), n.31798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12759-2017 proposto da:

FINANZIARIA EDITORIALE FINEDIT SRL, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA APPIA NUOVA,

103, presso lo studio dell’avvocato GABRIELLA ARCURI, rappresentata

e difesa dall’avvocato TERESA MARIA FAILLACE;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSETTA PROFITI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 194/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

del 24/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/09/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA

GHINOY.

Fatto

RILEVATO

che:

1.il Tribunale di Catanzaro, in parziale accoglimento del ricorso proposto da C.A. avverso Finedit Finanziaria Editoriale S.r.l., dichiarava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato tra le parti a decorrere dal 04.07.2007, per illegittima apposizione del termine al contratto, e condannava la Società a riammettere il lavoratore in servizio ed a corrispondergli un’indennità commisurata a 2,5 mensilità dall’ultima retribuzione di fatto, in concreto determinata nell’importo di Euro 3.439,12;

2. Finedit Finanziaria Editoriale S.r.l. proponeva appello, deducendo l’avvenuta risoluzione per mutuo consenso tacito del rapporto di lavoro, in ragione dell’inerzia del lavoratore, protrattatasi per circa nove mesi dopo la scadenza del termine contrattuale, oltre che dell’esistenza di un altro rapporto di lavoro che il ricorrente aveva intrapreso già nell’anno 2008;

3. la Corte d’ Appello di Catanzaro, dichiarata inammissibile la produzione documentale finalizzata a dimostrare l’instaurazione a far data dal 2008 da parte del Calia di altro rapporto di lavoro, rigettava il gravame, ritenendo che lo scioglimento del contratto di lavoro per mutuo consenso ai sensi dell’art. 1372 c.c. non potesse essere desunto dalla sola circostanza del tempo trascorso fra la data dello spirare del termine finale contestato in giudizio e quella di esercizio della relativa azione, nè risultavano altre circostanze in tal senso significative;

4. Finedit Finanziaria Editoriale S.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato ad un unico motivo;

5. Andrea C. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso viene denunciata – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1372 c.c. e dell’art. 12 preleggi. Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere che il rapporto di lavoro non potesse essere considerato risolto per mutuo consenso in base alla sola circostanza del notevole lasso di tempo intercorso tra la scadenza del contratto e il deposito del ricorso. Sostiene che il dato temporale assume nei rapporti di lavoro una rilevanza differente rispetto a quella che gli viene attribuita dalla disciplina ordinaria dei contratti, sicchè nel caso il tempo intercorso era idoneo a far ritenere il venir meno della volontà di proseguire il contratto a termine.

2. Secondo il costante insegnamento di questa Corte di legittimità (cfr. Cass. n. 3536 del 2015, Cass. ord. n. 6932/2011, Cass. n.17150/2008), nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato sul presupposto dell’illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, per la configurabilità di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo; la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è quindi di per sè insufficiente a ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso (cfr., da ultimo, Cass. n. 2305/2010, Cass. n. 5887/2011), mentre grava sul datore di lavoro che eccepisca tale risoluzione l’onere di provare le circostanze dalle quali possa ricavarsi la volontà chiara e certa delle parti di porre definitivamente fine al rapporto di lavoro (Cass. n. 2279/2010, n. 16303/2010, 15624/2007).

3. Questa Corte ha poi ancora di recente ribadito che “l’accertamento della sussistenza di una concorde volontà delle parti diretta allo scioglimento del vincolo contrattuale costituisce apprezzamento di merito che, se immune da vizi logici, giuridici e adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità, secondo le rigorose regole sui motivi che possono essere fatti valere al fine di incrinare la ricostruzione di ogni vicenda storica antecedente al contenzioso giudiziale, previste dall’art. 360 c.p.c., n. 5, tempo per tempo vigente ” (Cass. n. 29781 del 12/12/2017).

4. Non risulta quindi adeguatamente censurato nè censurabile la valutazione della Corte di merito che, valutando la situazione concreta quale emersa dalle prove ritualmente acquisite, ha ritenuto non configurabile nel caso una risoluzione tacita per volontà concludente.

5. il Collegio, condividendo la proposta del relatore, notificata ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, alle parti che non hanno formulato memorie, ritiene pertanto che il ricorso risulti inammissibile ex art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1, e debba in tal senso essere deciso con ordinanza in camera di consiglio.

6. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza, con distrazione ex art. 93 c.p.c. in virtù della dichiarata anticipazione.

7. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore avv. Rosetta Profiti.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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