Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31798 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 05/12/2019), n.31798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 11/2015 R.G. proposto da:

Officine Brennero s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Corrado Magnani e Maria

Antonelli, con domicilio eletto in Roma, piazza Gondar, n. 22,

presso lo studio di quest’ultima;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

nonchè da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente incidentale –

contro

Officine Brennero s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Corrado Magnani e Maria

Antonelli, con domicilio eletto in Roma, piazza Gondar, n. 22,

presso lo studio di quest’ultima;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria di II grado di

Trento n. 41/01/14 depositata il 19 maggio 2014;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8 ottobre 2019

dal Consigliere Nicastro Giuseppe;

udito l’Avv. Corrado Magnani per la ricorrente e controricorrente

incidentale e l’Avv. dello Stato Marinella di Cave per la

controricorrente e ricorrente incidentale;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale De Renzis Luisa, che ha concluso chiedendo il rigetto sia

del ricorso principale che del ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Trento, Ufficio controlli, notificò alla Officine Brennero s.p.a. (hinc anche: “la società” o “la contribuente”) – società che partecipava a un consolidato nazionale in veste di consolidata – un avviso di accertamento di maggior reddito per l’anno d’imposta 2005, derivante, tra l’altro, dal disconoscimento della deducibilità: a) della spesa (pari a Euro 117.966,77) di cui alla fattura emessa (nel 2005) dalla Iveco s.p.a. per “(r)ecupero costi di garanzia da noi sostenuti a seguito della visita di audit effettuata presso di voi dalla MSX Field Force a novembre” (del 2004), in quanto di competenza non dell’esercizio 2005 ma dell’esercizio 2004; b) della quota di ammortamento (pari a Euro 37.136,56) del costo del terreno sul quale, successivamente all’acquisto, la società aveva fatto costruire gli edifici adibiti a propria sede sociale.

2. L’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria di I grado di Trento (hinc anche: “CTI”) che, in parziale accoglimento del ricorso della contribuente, annullò entrambi i rilievi sopra indicati.

Quanto al primo, la CTI affermò che, poichè il risultato dell’audit era stato oggetto di una lunga discussione e poichè il calcolo effettuato in sede di audit avrebbe comportato un recupero, nei confronti della Officine Brennero s.p.a., di costi di garanzia per l’importo Euro 235.933,52, sul quale era però sorta una contestazione e una conseguente trattativa, solo con la definizione, nel 2005, di tale trattativa e l’indicazione, nella fattura successivamente emessa dalla Iveco s.p.a., dei costi di garanzia a carico della Officine Brennero s.p.a., questi ultimi erano divenuti “determinabil(i) in modo obiettivo”, a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, comma 1.

Quanto al secondo rilievo, la CTI asserì che, fino all’entrata in vigore del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 7, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, nessuna norma vietava l’ammortamento del costo complessivo dei fabbricati strumentali, comprensivo di quello dell’area di sedime.

3. Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Trento, Ufficio controlli, propose appello alla Commissione tributaria di II grado di Trento (hinc anche: “CTII”), che lo accolse con riguardo al primo rilievo e lo respinse con riguardo al secondo.

In particolare, quanto al primo rilievo del disconoscimento della deducibilità nell’esercizio 2005 del costo di cui alla fattura emessa dalla Iveco s.p.a., la CTII reputò che “(c)orrettamente (…) i giudici di primo grado hanno sentenziato che il costo di Euro 117.966,77 si è quantificato solamente nel 2005 a seguito di transazione”, atteso che, “a seguire la tesi dell’Amministrazione, la società avrebbe dovuto indicare nel 2004 il costo eccedente quello reale di Euro 235.933,52”, sicchè “(è) sufficiente questa osservazione, per escludere la tesi dell’Agenzia”.

Quanto al secondo rilievo del disconoscimento della deducibilità della quota di ammortamento del costo del terreno, la CTII, premessa l’esistenza di una discussione sul se la “regola di carattere generale” secondo cui “i terreni utilizzati in via autonoma non sono ammortizzabili in quanto beni non deperibili” trovasse un’eccezione “con riguardo al caso del terreno che incorpora l’edificio sovrastante”, rilevò che il principio contabile nazionale OIC 16 (elaborato dall’Organismo italiano di contabilità, OIC), là dove stabilisce che, “(s)e il valore dei fabbricati incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in base a stime, per essere ammortizzato”, “reca la regola generale di separazione tra terreni e fabbricati” e che il principio contabile internazionale IAS 16 (adottato con il regolamento CE 29 settembre 2003, n. 1725/2003), là dove stabilisce che “(i) terreni e gli edifici sono beni separabili e sono contabilizzati separatamente, anche quando vengono acquistati congiuntamente”, “non lascia in nessun caso aperta la strada alla possibilità di ammortizzare il valore di un terreno che costituisce pertinenza del fabbricato che vi insista sopra”. Tanto premesso, la CTII affermò che, “(n)el caso di specie, il terreno in questione venne acquistato prima dell’edificazione della sede della società, per cui non v’è dubbio che non vi fosse la possibilità di ammortizzarlo”. Secondo la stessa CTII, andrebbe letto in tale prospettiva anche il D.L. n. 223 del 2006, art. 36 (comma 7) il quale, “(i)n definitiva, (…) applica modalità di determinazione delle quote di costo indeducibile ogniqualvolta il terreno su cui insiste il fabbricato non sia stato autonomamente acquistato in precedenza”. La CTII concluse perciò che, “(i)n quest’ultimo caso, il terreno non può rientrare tra i beni ammortizzabili e, quindi, la società avrebbe dovuto determinare la quota di costo di immobile non ammortizzabile”.

4. Avverso tale sentenza della CTII – depositata in segreteria il 19 maggio 2014 e non notificata – nella parte in cui ha negato la deducibilità della quota di ammortamento del costo del terreno, ricorre per cassazione la Officine Brennero s.p.a., che affida il proprio ricorso, notificato il 16 dicembre 2014, a un unico motivo.

5. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 23 gennaio 2015. Con lo stesso atto, l’Agenzia delle entrate ha altresì proposto ricorso incidentale, per la parte della sentenza della CTII che ha affermato la deducibilità nell’esercizio 2005 del costo di cui alla fattura emessa dalla Iveco s.p.a., affidato a un unico motivo.

6. La Officine Brennero s.p.a. resiste al ricorso incidentale con controricorso.

7. Il ricorso e il ricorso incidentale sono stati discussi alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2019, nella quale il Procuratore generale ha concluso come indicato in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, la Officine Brennero s.p.a. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, e art. 3, comma 1, per avere la CTII negato, in contrasto con tali disposizioni, che, anteriormente all’applicabilità del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 7 – applicabile solo a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006 (stesso art. 36, comma 8, primo periodo) – fosse possibile dedurre la quota di ammortamento del costo dell’area occupata da un fabbricato strumentale o che ne costituiva pertinenza unitamente al costo di costruzione del fabbricato, tenuto anche conto: a) del carattere “chiaramente innovativ(o)” del predetto art. 36, comma 7; b) che la deduzione de quo è prevista dal principio contabile nazionale OIC 16; c) che, nel caso di specie: comma 1.) “il terreno nè è stato autonomamente utilizzato, nè autonomamente è stato contabilizzato”; comma 2.) non “è stato ammortizzato il terreno, bensì il costo di acquisizione quale parte del costo della costruzione”; d) che, anche nel diritto tributario, le pertinenze seguono il regime dei beni principali, e ciò pure con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa.

Il motivo non è fondato perchè, anche nel regime anteriore all’applicabilità del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 7, il costo dei terreni, pur se occupati da un fabbricato strumentale o costituendone una pertinenza, così da svolgere una funzione strumentale all’esercizio dell’attività di impresa, non è, in linea di principio – e salvo eccezioni, nella specie non ricorrenti ammortizzabile, in quanto i terreni sono di regola naturalmente privi della caratteristica della deperibilità e consumabilità (e, quindi, di una limitata “vita utile”) che costituisce la ragione stessa dell’ammortamento dei beni materiali quale “processo tecnico contabile attraverso il quale si ripartisce nei vari esercizi l’onere del deperimento e del consumo relativo all’utilizzazione di beni strumentali (e che quindi) può effettuarsi con beni suscettibili di deperimento e consumo dopo un certo numero di anni” (Cass., 30/07/2013, n. 16690; nello stesso senso, Cass., Sez. U, 26/04/2017, n. 10225, secondo cui “l’ammortamento consiste nella ripartizione per competenza (…) del costo di acquisizione di beni con riferimento alla loro “vita utile”, (…) in rapporto al deperimento fisico o economico o tecnologico (e perciò giuridico) di essi, “in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione””).

Tale conclusione – ora anticipata – trova fondamento sia nella disciplina fiscale sia nella disciplina civilistica dell’ammortamento.

Quanto alla prima, il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, comma 2, dopo avere stabilito, al primo periodo, che la deduzione delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali è ammessa in misura non superiore a quella che risulta dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, al secondo periodo precisa che tali coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di “deperimento e consumo” nei vari settori produttivi.

Che i terreni, in quanto di regola naturalmente privi della caratteristica della deperibilità e consumabilità, non siano beni ammortizzabili trova, del resto, indiretta ma chiara conferma nel fatto che, nella tabella allegata al decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988 – con il quale sono stati stabiliti i menzionati coefficienti di ammortamento – una voce “terreni” non è contemplata per nessun settore di attività; con la sola eccezione di alcune industrie del settore “dei trasporti e delle comunicazioni” (Gruppo XVIII) – e con specifico riguardo ai terreni adibiti a piste e moli, a linee e servizi ferroviari e ad autostrade – rispetto alle quali, operando esse in regime di concessione, l’ammortamento ha la peculiare funzione di consentire la deduzione del costo di terreni la cui proprietà, al termine della concessione, sarà gratuitamente devoluta all’ente concedente.

Quanto alla disciplina civilistica, l’art. 2426 c.c., comma 1, n. 2), stabilisce che il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, “la cui utilizzazione è limitata nel tempo”, deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio “in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”.

Nello stesso senso sono orientati sia i principi contabili nazionali elaborati dall’OIC sia i principi contabili internazionali adottati con il regolamento (CE) n. 1725/2003 (principi che, entrambi, in difetto come nella specie – di diverse specifiche disposizioni, “valgono anche per l’ordinamento fiscale” (Cass., Sez. U, n. 10225 del 2017)

Con riguardo ai secondi, il principio IAS 16 stabilisce specificamente che “(i) terreni e gli edifici sono beni separabili e sono contabilizzati separatamente, anche quando vengono acquistati congiuntamente. Con qualche eccezione, come cave e siti utilizzati per discariche, i terreni hanno una vita utile illimitata e quindi non vengono ammortizzati” (punto 58; corsivo aggiunto).

Per quanto concerne i principi contabili nazionali, il principio OIC 16 (nella versione, rilevante ratione temporis, del 13 luglio 2005), prescrive che “tutti i cespiti vanno assoggettati ad ammortamento salvo (…) quei cespiti la cui utilità non si esaurisce, come i terreni” e che, “nel caso in cui il valore dei fabbricati incorpori anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore dei terreni va scorporato ai fini dell’ammortamento sulla base di stime”.

Alla luce delle citate discipline fiscale e civilistica dell’ammortamento, trova dunque conferma che, anche nel regime anteriore all’applicabilità del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 7, i terreni, pur se occupati da un fabbricato strumentale o costituendone una pertinenza – circostanza, quest’ultima, di cui le Sezioni Unite di questa Corte hanno escluso ogni rilevanza ai fini che qui interessano (Cass., Sez. U, n. 10225 del 2017) – non sono (salvo eccezioni, nella specie non ricorrenti) ammortizzabili (nel senso dell’eccezionale possibilità di ammortizzare il costo dei terreni su cui insistono impianti di distribuzione di carburante, Cass., Sez. U, n. 10225 del 2017).

Tale conclusione non è smentita dal disposto di detto comma 7, la cui portata innovativa non sta, contrariamente a quanto reputa la ricorrente, nell’introduzione del principio secondo cui il costo dei terreni, pur se occupati da un fabbricato strumentale o costituendone una pertinenza, non è ammortizzabile – principio che, come si è visto, era già presente nell’ordinamento e la cui esistenza lo stesso comma 7 si è limitato, perciò, a confermare – ma nella previsione di un criterio forfetario di calcolo della parte di costo indeducibile da attribuire agli stessi terreni, quando essi non siano stati autonomamente acquistati precedentemente alla costruzione del fabbricato.

Si deve infatti rammentare che il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 7, dopo avere confermato, al primo periodo, il principio secondo cui, ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili, “il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza”, al secondo periodo stabilisce che “(I)l costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso”.

Ferma, perciò, la necessità dello scorporo del costo delle aree dal costo complessivo dei fabbricati strumentali, la portata innovativa della disposizione consiste dunque – come si è anticipato – nella previsione di un criterio forfetario di calcolo della parte di costo indeducibile da attribuire alle stesse aree (occupate dai fabbricati strumentali o che ne costituiscono pertinenza), quando esse non siano state autonomamente acquistate precedentemente alla costruzione del fabbricato (nel quale caso l’importo ammortizzabile è pari al costo effettivamente sostenuto per tale costruzione).

Che tale sia l’effettiva portata del citato comma 7 trova, del resto, decisiva conferma nell’intenzione del legislatore quale espressa, in modo esplicito e inequivoco, nella relazione al disegno di legge di conversione del D.L. n. 223 del 2006 (quindicesima legislatura, A.S. n. 471), dove si afferma che “(i)l comma 7 ribadisce il principio della non ammortizzabilità dei terreni e delle aree occupate dai fabbricati strumentali, in aderenza con le indicazioni fornite al riguardo da principi contabili nazionali ed internazionali, secondo i quali le imprese devono indicare separatamente (scorporare) in bilancio il valore del fabbricato da quello del terreno e non potranno ammortizzarlo. Per agevolare lo scorporo del costo del terreno da quello del fabbricato è stata introdotta una misura percentuale di riduzione che determina in modo forfetario il costo del terreno” (corsivo aggiunto).

Nel caso di specie, essendo pacifico che le aree erano state autonomamente acquistate prima della costruzione del fabbricato, la ricorrente non doveva fare applicazione del “nuovo” criterio forfetario di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 7, secondo periodo. Ciò non toglie tuttavia che, in base al principio, già presente nell’ordinamento anteriormente all’applicabilità di tale comma, che esclude l’ammortamento del costo delle dette aree, essa fosse tenuta a scorporare quest’ultimo costo dal costo di costruzione del fabbricato strumentale e a non includerlo tra i costi ammortizzabili.

Nessun error in judicando ha dunque commesso la CTII nel negare la possibilità di ammortizzare tale costo.

2. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 1, per avere la CTII affermato, in contrasto con tale disposizione, che la spesa di cui alla fattura emessa (nel 2005) dalla Iveco s.p.a. per “(r)ecupero costi di garanzia da noi sostenuti a seguito della visita di audit effettuata presso di voi dalla MSX Field Force a novembre” (del 2004) doveva essere imputata all’esercizio 2005 perchè in tale anno era intervenuta la transazione che, sola, avrebbe potuto quantificarne il reale ammontare, rendendolo, così, obiettivamente determinabile.

2.1. La Officine Brennero s.p.a. ha eccepito l’inammissibilità del motivo perchè, con esso, l’Agenzia delle entrate, nel ribadire le argomentazioni in fatto formulate nel giudizio di appello, avrebbe censurato l’apprezzamento della fattispecie concreta compiuto dal giudice del merito, il che è possibile, in sede di legittimità, solo sotto il profilo del vizio motivazionale e non del prospettato vizio di violazione di legge.

L’eccezione non è fondata.

Con il motivo in esame, la ricorrente incidentale, pur effettivamente ribadendo le argomentazioni in fatto formulate nel giudizio di appello, essenzialmente censura non tanto la ricostruzione della fattispecie concreta – che, peraltro, la CTII apprezza esclusivamente con riguardo alla transazione intervenuta tra le parti nel 2005 – quanto, piuttosto, l’erronea ricostruzione della fattispecie astratta del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 1, operata dalla sentenza impugnata, là dove questa esclude che, in base a tale norma di diritto, una spesa possa essere obiettivamente determinabile anche prima che le parti abbiano raggiunto un accordo transattivo su di essa. Tale censura pone dunque un problema di interpretazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 1, correttamente prospettato dalla ricorrente incidentale sotto il profilo del vizio di violazione di legge.

2.2. Nel merito, il motivo è fondato.

Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 1, stabilisce, al primo periodo, che “(i) ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme della presente Sezione non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza”. Il secondo periodo dello stesso comma dispone poi che “tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”.

In proposito, questa Corte ha più volte ribadito il principio, che questo Collegio condivide, secondo cui, “(i)n tema di imposte sui redditi d’impresa, dalla complessiva prescrizione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (ora art. 109) del si desume che anche per le spese e gli altri componenti negativi dei quali “non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare” il legislatore considera come “esercizio di competenza” quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare” (Cass., 25/01/2006, n. 1431, Rv. 590230-01; 14/05/2007, n. 10988, Rv. 599479; 24/10/2012, n. 18237, Rv. 624228).

Con riguardo, in particolare, alla disposizione, che viene qui specificamente in rilievo, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109), comma 1, secondo periodo, questa Corte ha altresì precisato che l’obiettiva determinabilità del costo, rilevante ai fini della sua imputazione temporale, “non è collegata (…) all’accordo delle parti, rectius alla manifestazione della loro volontà, sul costo” stesso – il che, del resto, comporterebbe di demandare inammissibilmente alle parti la scelta dell’esercizio cui imputare la relativa componente negativa – e che ciò “comporta che il mancato accordo delle parti su(l costo) non significa necessariamente che questo non sia, prima dell’accordo, – obiettivamente determinabile” (Cass., n. 10988 del 2007; in senso analogo, Cass., n. 18237 del 2012). La mancanza dell’accordo delle parti sul costo è, dunque, una “circostanza di per sè (…) irrilevante” (Cass., n. 10988 del 2007) al fine di stabilire l’obiettiva determinabilità dello stesso.

L’affermazione della CTII secondo cui solo la transazione avrebbe potuto rendere la spesa di cui alla fattura emessa dalla Iveco s.p.a. obiettivamente determinabile si pone dunque in aperto contrasto con i principi ora esposti.

La sentenza impugnata, sul punto, va perciò cassata. Gli stessi principi, come esposti, con la correlativa cassazione della sentenza, impongono il rinvio della causa alla CTII, in diversa composizione, perchè, in base ai fatti di causa, provveda ad accertare se la suddetta spesa fosse eventualmente obiettivamente determinabile già nell’esercizio 2004.

3. Da quanto precede discende, in conclusione, il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale. La sentenza impugnata va, perciò, cassata in relazione all’accolto ricorso incidentale, con rinvio della causa alla Commissione tributaria di II grado di Trento, in diversa composizione, per il riesame, nonchè per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente Officine Brennero s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto ricorso incidentale; rinvia la causa alla Commissione tributaria di II grado di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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