Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31790 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 05/12/2019), n.31790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10676/2012 R.G. proposto da:

B.P., elettivamente domiciliata in Roma, via Salaria n. 227

presso lo studio dell’avv. Gianluca Fonsi, rappresentata e difesa

dall’avv. Enrico Alfredo Pellegrini, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1145/25/11 della Commissione tributaria

regionale di Bari, sezione staccata di Foggia, depositata in data 5

aprile 2011;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott.ssa De Renzis Luisa che ha concluso chiedendo

dichiararsi la parziale fondatezza del ricorso;

udito l’avv. Roberto Bottacchiari per delega dell’avv. E.A.

Pellegrini per la ricorrente;

udito l’avvocato dello Stato Marinella Di Cave per la

controricorrente;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8 ottobre

2019 dal Consigliere Dott. Fraulini Paolo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per la Puglia in Foggia, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato legittimi gli

avvisi di accertamento n. (OMISSIS) e (OMISSIS), impugnati da B.P. e relativi a maggior reddito rilevante a fini Irpef e Irap a seguito di accertamento analitico-induttivo per agli anni 2002 e 2003.

2. Il giudice di appello ha dichiarato legittimo l’accertamento induttivo derivante dall’applicazione degli studi di settore, siccome il contribuente, che ne aveva l’onere, non aveva dimostrato l’effettività dello scostamento rilevato; ha tuttavia rilevato l’incongruità della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio nella misura del 35%, riducendola d’ufficio al 20%.

3. Per la cassazione della citata sentenza B.P. ricorre con nove motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

4. In data 27 settembre 2019 la ricorrente ha depositato documentazione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

a) Primo motivo: “Nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c.: per omessa pronuncia sul thema della tipicità degli atti di imposta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)” deducendo che l’Agenzia delle Entrate, in spregio al principio di legalità degli atti amministrativi, in relazione all’anno di imposta 2002 avrebbe erroneamente applicato il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 anzichè l’art. 38, laddove per l’anno 2003 avrebbe omesso di dichiarare al contribuente la disposizione specifica sulla base della quale procedeva.

b) Secondo motivo: “Omessa motivazione: la motivazione della sentenza non contiene alcun riferimento o valutazione al thema della tipicità degli atti di imposta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)” per avere la CTR completamente omesso di motivare sulle questioni dedotte nel primo motivo.

c) Terzo motivo: “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 39, 40 e 41, e della L. n. 241 del 1990, art. 1, sotto il profilo della violazione del principio di tipicità dell’atto amministrativo tributario (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” per avere la CTR falsamente applicato i principi di tassatività e tipicità dell’attività impositiva.

d) Quarto motivo: “Omessa motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: la motivazione della sentenza non contiene alcun riferimento o valutazione dei fatti relativi all’accertamento 2002” per avere la CTR motivato solo in relazione agli studi di settore relativi all’anno 2003, laddove per il 2002 l’accertamento era basato su una ripresa analitica dei costi indebitamente dedotti, senza alcun riferimento a percentuali di ricarico.

e) Quinto motivo: “Incongrua e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: in riferimento all’accertamento 2002, il giudice a quo ha errato nella ricostruzione del fatto e del procedimento ed ha omesso la valutazione di prove decisive”.

f) Sesto motivo: “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R 600 del 1973, art. 38 e art. 39, comma 1. In riferimento all’accertamento 2002” per avere gli accertatori omesso di qualificare come mera svista l’erronea dichiarazione dei redditi oggetto di accertamento, laddove il contraddittorio amministrativo aveva ridotto la portata della questione a mero errore formale.

g) Settimo motivo: “Incongrua e/o insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: in riferimento all’accertamento 2003, il giudice a quo ha errato nella ricostruzione del fatto e del procedimento ed ha omesso la valutazione di prove decisive” deducendo l’omesso esame delle prove fornite alla contribuente per vincere la presunzione dello studio di settore.

h) Ottavo motivo: “Violazione e/o falsa applicazione del D.L. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, e del D.P.R 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed in riferimento all’accertamento 2003: il giudice a quo non ha rilevato l’illegittimità dell’atto di imposta basato esclusivamente sullo scostamento tra ricavi dichiarati e ricavi presunti sulla base dello studio di settore” per avere la CTR omesso di rilevare l’insufficienza probatoria dell’accertamento, fondato solo sulla risultanza dello studio di settore.

i) Nono motivo: “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, e art. 42 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): in riferimento all’accertamento 2003: il giudice a quo non ha rilevato l’illegittimità dell’atto di imposta con il quale si accerta un reddito mercè l’applicazione di una percentuale di ricarico” del tutto astratta di fonte statistica.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’infondatezza dell’avversa impugnazione, di cui chiede il rigetto.

3. Il ricorso va respinto.

4. Il primo motivo di ricorso è infondato. La censura assume un vizio di infrapetizione da parte del giudice di appello, ma nel suo sviluppo riferisce le proprie doglianze non già all’attività del giudicante, bensì a quella della parte (Agenzia delle Entrate), che il giudicante non avrebbe rilevato; palese è la circostanza che una censura siffatta non riguarda l’identificazione del perimetro della domanda giudiziale, bensì la legittimità della motivazione sulla domanda, rilevante quindi in relazione ad altri parametri tra quelli previsti dall’art. 360 c.p.c. Peraltro, la ricorrente non precisa se, come, dove e quando la questione oggetto di censura sia stata coltivata nei gradi di merito, in tal modo violando i parametri di completezza del motivo di ricorso ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4. Da ultimo rileva la Corte che, a tutto voler concedere, si tratterebbe di rigetto implicito.

5. Il secondo motivo, infatti, riferisce la medesima doglianza al vizio di motivazione. Tuttavia, anche tale censura è infondata, laddove la CTR ha chiaramente esposto le ragioni della reiezione dell’impugnazione della contribuente, da un lato affermando che l’accertamento per l’anno 2002 si fondava sull’incongruenza tra i dati dichiarati dalla contribuente in relazione alle rimanenze 2002 rispetto a quelle 2001 e che per l’accertamento per l’anno 2003 si fondava sull’applicazione dello studio di settore. In tale contesto la doglianza non spiega in che misura il generale principio di tipicità dell’attività amministrativa incida sulla questione, ben potendo l’Ufficio procedere ad applicare contemporaneamente i parametri analitici e induttivi, senza per questo violare alcun principio di tipicità. Inoltre, va rilevato che senza l’adduzione di uno specifico pregiudizio, la scelta del metodo accertativo resta discrezionale (Cass. n. 8333/12; id. 2872/17).

6. Il terzo motivo è infondato, giacchè quanto esposto a commento del secondo motivo dimostra la corretta applicazione della normativa invocata.

7. Il quarto motivo è infondato. Nella parte riassuntiva del processo la CTR mostra di aver ben presente che per l’anno 2002 la questione devoluta alla propria cognizione riguardava l’accertamento analitico-induttivo derivante dall’incongruenza tra i dati dichiarati dalla contribuente e le rimanenze accertate in fase di accertamento tributario; di talchè, allorquando nella parte motiva il giudice di appello motiva sull’antieconomicità della dichiarazione 2002, appare evidente che non può che essersi riferito alla questione devoluta alla sua cognizione dall’appello erariale; ciò che esclude il denunciato travisamento della domanda e la relativa omissione di motivazione per l’anno di imposta 2002.

8. Il quinto motivo è inammissibile. La censura, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, si limita ad affermare di avere prodotto in atti prove decisive afferenti all’accertamento 2002, ma omette di trascrivere o indicare come dove e quando le relative allegazioni siano state introdotte nella fase di merito, posto che di tali questioni la sentenza di appello non fa menzione alcuna; in tale contesto questa Corte non è posta in grado di valutare l’eventuale error in procedendo, laddove per la parte in cui la censura riguarda il vizio di motivazione, valgono le medesime ragioni già esposte a proposito della reiezione del quarto motivo di ricorso.

9. Il sesto motivo è inammissibile sia perchè introduce la questione della normalizzazione dell’errore della dichiarazione, senza tuttavia allegare quando e dove la questione sia stata precedentemente introdotta nel processo – posto che la CTR non ne fa menzione alcuna – sia perchè omette di confrontarsi con la motivazione resa dalla CTR, che fa riferito all’incongruenza tra dichiarato e analiticamente accertato sulla base delle rimanenze di magazzino.

10. Il settimo motivo è inammissibile laddove la motivazione della CTR ha valutato le difese della contribuente non specifiche (pag. 3) e non plausibili (pag. 4). Nulla conduce a ritenere dunque che le allegazioni difensive della contribuente siano state ignorate; semplicemente il giudice del merito non le ha considerate idonee a vincere la presunzione dello studio di settore; la censura sul punto pretende in maniera del tutto inammissibile una nuova valutazione da parte di questa Corte del materiale probatorio. Va, inoltre, rilevato che il materiale probatorio asseritamente pretermesso è di consistenza ignota, sicchè non appare possibile stimarne la rilevanza alla luce delle doglianze sollevate.

11. L’ottavo motivo è infondato, giacchè – come evidenziato a proposito del settimo motivo – la motivazione della CTR si fonda sulla sufficienza dello studio di settore non contrastato validamente da prova contraria del contribuente, in ciò correttamente applicando la normativa in tema di accertamento analitico-induttivo (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22868 del 29/09/2017; id, Sentenza n. 14288 del 13/07/2016).

12. Il nono motivo è infondato. Invero la denunciata falsa applicazione di legge non sussiste, avendo questa Corte affermato il condivisibile principio, che va ribadito, secondo cui in tema di accertamento analitico induttivo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), le percentuali di ricarico, accertate con riferimento ad un determinato anno fiscale, costituiscono validi elementi indiziari, da utilizzare secondo i criteri di razionalità e prudenza, per ricostruire i dati corrispondenti relativi ad anni precedenti o successivi, atteso che, in base all’esperienza, non si tratta di una variabile occasionale, per cui incombe sul contribuente, anche in virtù del principio di vicinanza della prova, l’onere di dimostrare i mutamenti del mercato o della propria attività che possano giustificare in altri periodi l’applicazione di percentuali diverse (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27330 del 29/12/2016).

13. Irrilevante, ai fini di un eventuale giudicato esterno, è il deposito della sentenza n. 157/27/13, trattandosi di declaratoria di inammissibilità del ricorso per revocazione della sentenza impugnata in questa sede che, non contenendo alcun accertamento di merito, non assume alcun rilievo ai fini che ne occupa.

14. La soccombenza regola le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna B.P. a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese della presente fase di legittimità che liquida in Euro 7.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 dicembre 2019

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