Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3179 del 07/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 07/02/2017, (ud. 10/11/2016, dep.07/02/2017),  n. 3179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28832-2013 proposto da:

D.F.V., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA BERGAMO 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GITTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONINO UCCELLATORE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1172/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 04/12/2012 R.G.N. 585/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2016 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;

udito l’Avvocato D’INNOCENZO PAOLO per delega verbale Avvocato

UCCELLATORE ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.F.V., già dipendente di Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., con ricorso al Tribunale di Catania, deducendo di essere stato posto in quiescenza per esodo volontario ed incentivato e che quattro giudizi pendenti con il datore di lavoro erano stati definiti a seguito di verbale di conciliazione sindacale del 28 gennaio 2002, chiedeva dichiararsi la nullità di tale verbale e del precedente verbale di risoluzione del rapporto del 29 dicembre 2001.

Lamentava di aver subito la posizione predominante ed arbitraria della società; di non essere stato assistito dal rappresentante sindacale in sede di conciliazione e di aver sottoscritto il verbale di risoluzione del rapporto l’ultimo giorno utile per l’adesione all’esodo, senza alcuna preventiva conoscenza del suo contenuto.

Il Tribunale rigettava il ricorso e tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Catania, con sentenza depositata il 4 dicembre 2012.

Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso il lavoratore sulla base di cinque motivi. La società è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 111 Cost., deduce che la Corte di merito ha reso una motivazione apparente, trascurando i motivi di appello e introducendo argomentazioni non prospettate dalle parti. Tale motivazione è infatti priva della indicazione degli elementi che giustificano il convincimento del giudice e ne rendono possibile il controllo di legittimità.

2. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 112 c.p.c., censura la sentenza impugnata “per mancata segnalazione da parte del Giudice di argomentazioni nuove della motivazione, non rappresentate dalle parti, omettendo su di esse il principio del contraddittorio”.

Aggiunge che “le citate argomentazioni non risultano affatto riscontrabili nella documentazione prodotta dalle parti…..ma erroneamente rilevate d’ufficio dal giudice del gravame senza informare le stesse parti”, onde la sentenza impugnata è affetta da nullità.

3. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli artt. 276, 420 e 437 c.p.c., deduce che la sentenza impugnata è nulla per violazione del principio di immodificabilità del collegio giudicante.

Ed infatti il collegio giudicante, nelle quattro udienze tenutesi in sede di appello, era composto da magistrati diversi, nonostante fosse iniziata la discussione orale.

4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., artt. 410 e 411 c.p.c., “per avere la Corte d’appello erroneamente qualificato l’accordo del 28.01.2002 come conciliazione sindacale, sebbene privo dei relativi presupposti giuridici” e nonostante la eccepita mancanza di un rappresentante sindacale di fiducia e della relativa assistenza sindacale.

In particolare, esso ricorrente non era iscritto ad alcun sindacato nè, tanto meno, al sindacato UGL a cui apparteneva il rappresentante sindacale risultante presente in sede di stipula del verbale di conciliazione.

5. Con il quinto motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c., deduce che l’accordo del 28 gennaio 2002 era stato preceduto dal verbale di risoluzione del rapporto del 29 dicembre 2001, costituente antecedente logico e giuridico rispetto al primo.

Tale verbale era stato impugnato da esso ricorrente parzialmente, perchè, fatto salvo il diritto dello stesso al pensionamento, alcune clausole non solo erano contrarie alla sua volontà, ma risultavano essere unilaterali, coercitive ed illegittime.

Era stato quindi chiesto, in sede di appello, che venisse dichiarata la nullità del verbale di risoluzione suddetto nelle parti impugnate nonchè la nullità, per derivazione, del verbale di conciliazione del 28 gennaio 2002. Sulla prima di tali richieste, aggiunge il ricorrente, avente carattere preliminare, la Corte di merito non ha adottato alcuna pronuncia.

6. Il terzo motivo, che sotto il profilo logico-giuridico ha carattere prioritario rispetto agli altri, è infondato.

Questa Corte ha più volte affermato che il principio della immutabilità del collegio, inteso ad assicurare che i giudici che pronunciano la sentenza siano gli stessi che hanno assistito alla discussione della causa, trova applicazione solo dal momento in cui inizia la discussione vera e propria, non rilevando invece una diversa composizione del collegio che abbia assistito a precedenti udienze di trattazione (Cass. n. 6857/12; Cass. n. 14781/10; Cass. n. 18156/06; Cass. n. 8588/2000; Cass. n. 6797/99).

Nella specie, dai verbali di udienza prodotti, si evince che nella prima udienza la causa venne rinviata non essendo pervenuto il fascicolo di primo grado; nella seconda fu rinviata a seguito di deposito, ad opera di una delle parti, di istanza di anticipazione di udienza notificata alla controparte; nella terza venne rinviata per il deposito, da parte dell’appellante, del contratto collettivo; nella quarta udienza, in cui vi era un collegio diverso dai precedenti, la causa venne posta in decisione su richiesta delle parti e decisa.

Non risulta quindi che prima di tale ultima udienza fosse iniziata la discussione vera e propria della causa, onde non sussiste la dedotta nullità.

7. Parimenti infondato è il primo motivo.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte si è in presenza di una motivazione apparente allorchè la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè le relative argomentazioni sono obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice. Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella perplessa e incomprensibile: in entrambi i casi – purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 16599/16; Cass. sez. un. n. 8053/14; e ancora, ex plurimis, Cass. n. 4891 del 2000; Cass. n. 1756/06; Cass. n. 24985/06; Cass. n. 11880/07; Cass. n. 161/09; Cass. n. 871/09; Cass. n. 20112/09).

Nella specie la Corte di merito ha osservato che nel verbale di conciliazione in sede sindacale erano stati richiamati gli accordi nazionali e quelli attuativi che avevano previsto la risoluzione anticipata del rapporto di lavoro; che il predetto verbale era il risultato di una lunga trattativa intercorsa tra la società e le organizzazioni sindacali, del cui esito era stata data ampia ed esauriente informazione ai lavoratori interessati, i quali avevano ritenuto, in larga parte, di accedere all’esodo incentivato; che il verbale in questione fu stipulato dopo circa un mese dalla stipula di altro verbale, di identico contenuto, onde il lavoratore aveva avuto un congruo termine per valutare la convenienza dell’accordo e delle clausole in esso contenute; che, con riguardo all’assistenza del rappresentante sindacale, il lavoratore non aveva fornito la prova che fossero state violate clausole della contrattazione collettiva.

Tali considerazioni danno conto del percorso logico-giuridico seguito dal decidente per risolvere la controversia e sono idonee a sorreggere la decisione, rendendo possibile individuare l’effettiva ratio decidendi.

8. Infondato è altresì il secondo motivo.

La motivazione della sentenza impugnata è fondata su una serie di argomentazioni correlate alle censure proposte dal ricorrente nei motivi di gravame. In particolare la Corte di merito, dopo avere esposto i motivi posti a sostegno dell’appello, li ha ritenuti infondati, esponendone motivatamente le ragioni.

Deve quindi escludersi che la sentenza impugnata abbia posto a fondamento della decisione questioni rilevate d’ufficio, inserendosi la motivazione della sentenza in un ampio contesto volto a confutare le ragioni del gravame, attraverso un percorso argomentativo privo di vizi logici e giuridici.

9. Infondati sono, infine, il quarto e il quinto motivo, che in ragione della loro connessione vanno trattati congiuntamente.

Il ricorrente ripropone a questa Corte le medesime censure già svolte in sede di appello, alle quali il giudice del gravame ha dato adeguata risposta attraverso le argomentazioni sopra riportate, relative al primo motivo del ricorso (v. par. n. 7).

La stessa Corte ha aggiunto che non risultava al vero la circostanza, dedotta dal ricorrente, che la trattativa si sarebbe concretizzata in modo improvviso e unilaterale da parte della società; che l’accordo raggiunto era dunque pienamente legittimo ed integrava un negozio di rinuncia e transazione, in cambio dei vantaggi economici e della corresponsione delle rilevanti somme indicate nel verbale stesso; che la determinazione delle modalità di composizione dell’organo conciliativo previsto dall’art. 411 c.p.c., comma 3, era devoluta, secondo Cass. n. 12858/03, alla contrattazione collettiva, non potendo trovare applicazione la disciplina prevista dall’art. 410 c.p.c. per le conciliazioni espletate dinanzi alle commissioni provinciali costituite presso l’Ufficio provinciale del lavoro, onde, solo nel caso in cui la disciplina collettiva avesse previsto come indispensabile l’appartenenza del rappresentante sindacale non solo alla organizzazione cui aderisce il lavoratore, ma anche l’inserimento del primo nella organizzazione locale dello stesso sindacato, era annullabile l’accordo raggiunto con l’assistenza di un sindacalista appartenente ad una diversa organizzazione sindacale.

A fronte di tali affermazioni il ricorrente, anzichè contestare, spiegandone le ragioni, il percorso argomentativo della sentenza impugnata, si limita, come già detto, a riproporre le medesime censure svolte in sede di appello e comunque ad affermare che la Corte di merito, nel pervenire a tale decisione, aveva violato l’art. 2113 c.c., artt. 410 e 411 c.p.c. (quarto motivo) nonchè il disposto dell’art. 212 c.p.c. (quinto motivo).

Ma, al contrario, deve rilevarsi che nel ragionamento della Corte non sono ravvisabili siffatte violazioni, avendo la sentenza impugnata dato conto, sotto il profilo logico-giuridico, della decisione adottata, escludendo altresì qualsiasi forma di coercizione nonchè ogni profilo di illegittimità delle clausole oggetto del verbale di conciliazione sindacale.

10. Il ricorso in conclusione deve essere respinto, senza che il ricorrente sia tenuto al pagamento delle spese del presente giudizio, essendo la società rimasta intimata.

Il ricorrente è invece tenuto al pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13).

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2017

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