Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31788 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 05/12/2019), n.31788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17286-2013 proposto da:

D.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA EMANUELE

GIANTURCO 1, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PAVAROTTI,

rappresentato e difeso dagli avvocati PASQUALE CERBO, VINICIO

SQUILLACIOTI, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI CASERTA, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVV CATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 522/2012 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 14/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato ZARONE per delega dell’Avvocato

CEREO che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 522/07/12, depositata il 14 dicembre 2012, la Commissione tributaria regionale della Campania ha parzialmente accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che, su ricorso di D.P.A., aveva rideterminato in Euro 1.429,00 il valore di tre terreni oggetto di dichiarazione di successione, in morte di D.P.R., rettificata dall’ufficio ai sensi del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34.

A fondamento del decisum il giudice del gravame ha rilevato che:

– veniva in considerazione, – in relazione al certificato di destinazione urbanistica acquisito ex officio iudicis (ordinanza del 21 settembre 2012), – un “terreno sito nel comune di Riardo, riportato al catasto al Foglio (OMISSIS) part. (OMISSIS) a (OMISSIS) di mq. 13.910 nel vigente PRG riportato in Zona D1 – Zona per l’insediamento industriale… che… ricade al di fuori del centro abitato”;

– detto terreno, – avuto riguardo alla sua collocazione in Zona D1, – non poteva “assimilarsi a un terreno agricolo sito al di fuori di un contesto industriale”, così che rimaneva incongruo il valore di Euro 3,836 (al mq.) indicato in dichiarazione di successione;

– il valore in questione andava, pertanto, rideterminato in Euro 139.910,00 (in ragione di Euro 10,00 al mq) tenuto conto di “ubicazione” e “caratteristiche” del terreno oltrechè “della mancanza di infrastrutture”.

2. – Per la cassazione della sentenza ricorre D.P.A., sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria.

L’agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita al solo fine di partecipare alla discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 4, c.p.c., il ricorrente denuncia nullità della gravata sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo, in sintesi, che il giudice del gravame aveva omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate che, – a fronte di pronuncia di prime cure incentrata, in relazione agli spiegati motivi di ricorso, su di una duplice ratio decidendi involgente tanto la motivazione dell’avviso di rettifica e liquidazione (id est la sua genericità) quanto il difetto di adeguato riscontro probatorio circa il maggior valore dei terreni oggetto della dichiarazione di successione, – aveva censurato (solo) quest’ultimo accertamento probatorio.

Col secondo motivo, anch’esso formulato con denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c., il ricorrente deduce che, – in ragione del contenuto del suo decisum, – la gravata sentenza aveva posto a fondamento della decisione “elementi di fatto non ritualmente acquisiti al giudizio come oggetto di contraddittorio” e, nello specifico, “criteri diversi da quelli enunciati nell’atto di accertamento”.

Il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, denuncia “insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio” esponendo che il giudice del gravame, – contrariamente a quanto, per converso, rilevato dal giudice di prime cure (in aderenza allo specifico motivo di ricorso sul punto svolto da esso esponente), – aveva omesso di considerare “l’irrilevanza ai fini della determinazione del valore del terreno sito in Comune di Riardo di atti di compravendita riferiti a beni posti in altri comuni o comunque non paragonabili”.

Col quarto motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge, in relazione al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 2 bis, ed alla L. n. 212 del 2000, art. 7, deducendo, in sintesi, che l’avviso di rettifica e liquidazione, per quanto fondato su compravendite aventi ad oggetto terreni (in tesi) assimilabili, non recava in allegato detti atti di compravendita (che, peraltro, nemmeno risultavano riprodotti nel contenuto motivazionale dell’atto).

2. – Tutti i motivi di ricorso sono destituiti di fondamento e vanno senz’altro disattesi.

3. – In relazione al primo motivo deve considerarsi, innanzitutto, che il giudice di prime cure, – dopo aver affermato che era stata esternata “una motivazione del tutto generica dalla quale è difficile evincere l’iter logico seguito”, in relazione al (pur svolto) rilievo secondo il quale l’avviso di rettifica esponeva “la valutazione dei terreni con il calcolo del prezzo a metro quadrato con il semplice riferimento ad altri atti di compravendita di terreni aventi le stesse caratteristiche (ma riferiti a Comuni diversi)”, – non ha annullato (per difetto di motivazione) l’avviso di rettifica che, invece, è stato esaminato nel merito, – sotto il profilo del riscontro probatorio al giudizio offerto, – e parzialmente confermato (quanto a due dei tre terreni oggetto della dichiarazione di successione).

Di vero, come più volte statuito da questa Corte, la formazione del giudicato (interno) per mancata impugnazione di un determinato capo della sentenza investita dall’impugnazione, può verificarsi soltanto con riferimento ai capi della stessa sentenza completamente autonomi, in quanto concernenti questioni affatto indipendenti da quelle investite dai motivi di gravame, perchè fondate su autonomi presupposti di fatto e di diritto, tali da consentire che ciascun capo conservi efficacia precettiva anche se gli altri vengono meno, mentre, invece, non può verificarsi sulle affermazioni contenute nella sentenza che costituiscano mera premessa logica della statuizione adottata, ove quest’ultima sia oggetto del gravame (cfr. Cass., 11 marzo 1988, n. 2399 cui adde, ex plurimis, Cass., 24 maggio 2017, n. 13047; Cass., 23 settembre 2016, n. 18713; Cass., 23 marzo 2012, n. 4732; Cass., 29 aprile 2006, n. 10043; Cass., 18 ottobre 2005, n. 20143; Cass., 28 giugno 2001, n. 8859; Cass., 15 settembre 1999, n. 9823; Cass., 9 novembre 1992, n. 12062).

4. – Il giudice del gravame ha statuito, nei sopra ricordati termini, dietro acquisizione di un (nuovo) certificato di destinazione urbanistica laddove, con l’avviso di rettifica, – e per come deduce (e riporta) lo stesso ricorrente, – l’amministrazione aveva fatto riferimento (inequivoco) ad un “certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Riardo”, ed alle specifiche connotazioni del terreno (pur indicate e) desunte da detto certificato.

Il decisum, – fondato sul nuovo documento acquisito e, nel merito, sulle caratteristiche del terreno in questione, qual desunte dalla destinazione urbanistica e connotate da “ubicazione”, “caratteristiche” del terreno e dalla “mancanza di infrastrutture”, non si poneva, pertanto, al di fuori dei fatti costitutivi della ripresa tributaria che (per causa petendi e petitum) si incentrava (esattamente) sulla destinazione urbanistica dell’immobile, sulla sua estensione e, a caduta, sul maggior valore accertato (laddove gli atti indicati a titolo parametrico di quel valore venale assumevano il rilievo di un mero riscontro incentrato sulla sussistenza di elementi identitari).

L’indagine sul rapporto tributario si è, così, mantenuta nei limiti dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa tributaria dell’amministrazione qual esplicitata dagli elementi del fatto costitutivo dedotto nell’avviso di rettifica (v., ex plurimis, Cass., 27 giugno 2019, n. 17231; Cass., 2 luglio 2014, n. 15026, in motivazione; Cass., 28 giugno 2012, n. 10806; Cass., 29 ottobre 2008, n. 25909).

5. – Come reso esplicito dallo stesso ricorrente, mentre gli atti di trasferimento indicati (nell’avviso di rettifica) a titolo comparativo esponevano un valore venale dei beni di Euro 27,00, e di Euro 25,00, al mq., – atti, questi, sulla cui base l’amministrazione determinava il maggior valore accertato in Euro 23,00 al mq., – la gravata sentenza, in relazione alle sopra ricordate connotazioni dell’immobile, – ha ritenuto di dover rideterminare detto valore in ragione di Euro 10,00 al mq.

E’, dunque, del tutto evidente che lo stesso Giudice del gravame ha ritenuto di non poter assimilare il terreno in contestazione a quelli oggetto degli atti di trasferimento assunti dall’amministrazione a titolo di parametro (del valore venale oggetto di ripresa fiscale) e che, pertanto, destituita di fondamento (già in fatto) è la censura involgente l’omesso esame dei dedotti fatti decisivi (involgenti l’irrilevanza dei terreni indicati dall’amministrazione a titolo parametrico).

6. – In relazione al quarto motivo va, innanzitutto, rilevato che degli atti utilizzati (in via comparativa) dall’amministrazione (a riscontro dell’accertamento di un maggior valore venale dei beni oggetto della dichiarazione di successione) l’avviso di rettifica ha indicato gli estremi di registrazione nonchè i dati essenziali (con riferimento all’ubicazione, agli estremi catastali, al valore per mq.).

In un siffatto contesto, l’omessa allegazione di detti atti comparativi non poteva inficiare la motivazione che, nel suo più ampio contenuto, riproduceva (anche) gli elementi essenziali degli atti di compravendita (v., Cass., 26 maggio 2017, n. 13342 e, con riferimento all’imposta di registro, Cass., 22 settembre 2017, n. 22148; Cass., 8 novembre 2013, n. 25153).

Si è, poi, condivisibilmente rilevato che “In tema di rettifica del valore degli immobili dichiarati ai fini dell’imposta di successione e di donazione, l’onere dell’allegazione di documenti non conosciuti nè ricevuti dal contribuente riguarda solo gli atti costituenti presupposto del provvedimento impositivo e relativi al contribuente stesso, non anche quelli afferenti contribuenti diversi, menzionati al solo fine della comparazione dei valori. Infatti il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 3, a differenza dello stesso art. 34, comma 2 non richiede l’allegazione del documento, nè diverse conclusioni devono desumersi dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, perchè ciò che si richiede all’Amministrazione finanziaria è di porre il contribuente nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, così da approntare la difesa senza un inesigibile aggravio.” (Cass., 26 maggio 2017, n. 13342)

7. – Alcuna statuizione va assunta in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 dicembre 2019

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