Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31787 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 05/12/2019), n.31787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13705-2013 proposto da:

A.F., A.A., A.M., S.M.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA ULPIANO 29, presso lo studio

dell’avvocato FELICE ASTORINO, rappresentati e difesi d 1Lavvocato

SIMONA ARCURI, giusta procura in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI COSENZA, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 47/2012 della COMM.TRIB.REG. di CATANZARO,

depositata il 01/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso per l’inammissibilità e in

subordine per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato ARCURI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per controricorrente l’Avvocato GUIZZI che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 47/03/12, depositata in data 1 marzo 2012, la Commissione tributaria regionale della Calabria ha rigettato l’appello proposto da A.A., A.F. e S.M., in proprio e quale genitore esercente la potestà sul minore A.M., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva rigettato il ricorso dei contribuenti avverso avviso di accertamento relativo alla denuncia di successione in morte di L.V.A..

Premesso che l’appello risultava articolato su tre motivi, il giudice del gravame ha rilevato che:

– a fronte della denunciata “genericità della motivazione”, emergeva, per converso, che l’avviso di accertamento esponeva “un valore fondato su elementi esaurientemente evidenziati nella motivazione”, così come motivatamente rilevato dal giudice di prime cure;

– destituita di fondamento rimaneva (anche) la richiesta applicazione di benefici fiscali che, in quanto previsti sulla base di un regime fiscale entrato in vigore a decorrere dal 1 ottobre 1986, non avevano effetto retroattivo (rispetto ad una successione apertasi nell’anno 1983);

– nemmeno poteva essere accolta la dedotta violazione del contraddittorio processuale in quanto la ricorrente A.A. aveva puntualmente ricevuto l’avviso di trattazione (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31).

2. – A.A., A.F., A.M. e S.M. ricorrono per la cassazione della sentenza sulla base di un motivo misto; resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I ricorrenti denunciano (testualmente) ” 1) violazione o falsa applicazione di norme di diritto 2) Nullità della sentenza o del procedimento e 3) omessa o insufficiente motivazione”, deducendo che l’asse ereditario era stato “sopravvalutato dall’Ufficio senza che questo fornisse alcuna indicazione o parametro o criterio utile a comprendere i dati e le motivazioni della nuova valutazione… “, dati, questi, che non erano stati forniti nemmeno in corso di causa.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Occorre premettere che, secondo un consolidato principio di diritto della Corte, la genericità o l’indeterminatezza dei motivi del ricorso per cassazione non possono essere sanate da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 378 c.p.c., la cui funzione è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente inammissibili (v. Cass., 7 marzo 2018, n. 5355; Cass., 25 febbraio 2015, n. 3780; Cass., 15 aprile 2011, n. 8749; Cass., 29 marzo 2006, n. 7237).

2.1 – Rileva, quindi, la Corte che i ricorrenti non individuano le norme di diritto (in tesi) erroneamente applicate, le violazioni del procedimento suscettibili di dar luogo a nullità della gravata sentenza e, da ultimo, gli stessi dati probatori che dovrebbero ascriversi al denunciato difetto di motivazione.

I motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza, per vero, non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie controversa; il ricorrente ha, difatti, l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione condizionante il devolutum della sentenza impugnata (v., ex plurimis, Cass., 14 maggio 2018, n. 11603; Cass., 22 settembre 2014, n. 19959; Cass., 3 luglio 2008, n. 18202; Cass., 14 novembre 2003, n. 17183).

2.2 – Rileva, ancora, la Corte che il ricorso difetta (del tutto) anche della (almeno sintetica) esposizione dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) che costituisce requisito di ammissibilità del ricorso stesso.

Il requisito in discorso, in quanto complementare alla esposizione dei motivi di ricorso (Cass., 24 aprile 2018, n. 10072; Cass., 11 marzo 2011, n. 5836; Cass., 22 settembre 2003, n. 14001), deve, difatti, consentire al giudice di legittimità di avere una chiara e completa cognizione dei fatti (anche processuali) che hanno originato la controversia, e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata.

E, nella fattispecie, i ricorrenti non individuano nemmeno le loro originarie domande nè danno conto, se non del tutto genericamente, degli stessi proposti motivi di appello, così finendo per articolare (anche) una censura di insufficiente motivazione quando, dall’esame della gravata sentenza, alcun motivo risulta esser stato proposto in relazione al valore accertato dell’asse ereditario.

3. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti nei cui riguardi ricorrono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in solido, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 500,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 5 dicembre 2019

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