Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31783 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. VI, 07/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 07/12/2018), n.31783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6276-2017 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ADALBERTO 6,

presso lo studio dell’avvocato GENNARO ORLANDO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARLA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 1638/15 del TRIBUNALE di NAPOLI,

depositato i1 22/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con decreto del 22 novembre 2016 il Tribunale di Napoli omologava l’accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. eseguito su ricorso di M.G., accertando l’esistenza del requisito sanitario dell’indennità di accompagnamento nonchè lo stato di handicap grave (ai sensi della L. 104 del 1992, art. 3, comma 3) dall’1 febbraio 2015; compensava le spese, tenuto conto della diversa decorrenza indicata dal c.t.u. rispetto alla data della domanda amministrativa e considerato che si configurava una soccombenza reciproca anche nell’ipotesi di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta;

che avverso il decreto ha proposto ricorso M.G. articolato in quattro motivi; l’INPS ha depositato procura liti;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti-unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per essere assente una soccombenza reciproca.

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., per essere assente la soccombenza in relazione al riconoscimento dello status di handicap grave (ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 3, commi 1 e 3), per il quale non vi era differimento di decorrenza, in quanto i benefici previsti dalla L. n. 104 del 1992 decorrevano soltanto dalla data del decreto di omologa;

– con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, -violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. per la mancanza di “giusti motivi” di compensazione e la illogicità della motivazione adottata, poichè la domanda era stata sostanzialmente accolta;

– con il quarto motivo- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, -violazione dell’art. 91 c.p.c., per essere stato violato il principio secondo cui il governo delle spese segue la soccombenza;

che ritiene il collegio si debba rigettare il ricorso;

che i quattro motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, sono infondati.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte la nozione di soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende – anche in relazione al principio di causalità – non soltanto l’ipotesi dì una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti ma anche l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo (ex plurímis: Cass. n. 21684 del 2013, n. 22381 del 2009).

Come già evidenziato in altri precedenti arresti (Cass. sez. 5, 22 dicembre 2016 nr. 26565), a quest’ultima situazione è riconducibile la fattispecie in cui il requisito sanitario sia stato riconosciuto con decorrenza successiva (sia pure di pochi mesi) rispetto alla domanda della parte privata.

In ragione di tale circostanza risulta del tutto destituito di fondamento l’assunto della odierna parte ricorrente circa la assenza di soccombenza reciproca ed il sostanziale accoglimento della domanda, essendo integrata quella situazione di soccombenza reciproca idonea a giustificare la compensazione – parziale o totale – delle spese di lite.

In merito alla censurabilità, in sede di legittimità, della statuizione con la quale, in ipotesi di soccombenza reciproca, il giudice abbia ritenuto di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato, in tema di regolamento delle spese processuali e con riferimento alla loro compensazione, che poichè il sindacato della S.C. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi. (ex aliis, Cass. n. 15217 del 2013, n. 17457 del 2006).

E’ stato in particolare precisato che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. n. 2149 del 2014).

Nella fattispecie di causa il giudice del merito ha dunque operato la compensazione delle spese in presenza del presupposto di legge; peraltro anche per l’handicap il riconoscimento del requisito sanitario da epoca successiva alla domanda amministrativa configura una parziale soccombenza, in quanto il decreto di omologa non ha efficacia costitutiva dei benefici connessi all’handicap, come si assume in ricorso, ma meramente accertativi della relativa condizione;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., in conformità alla proposta del relatore;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese, per la sostanziale assenza di attività difensiva dell’INPS;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. l, comma 17, (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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