Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31781 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4397-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COSMO HOTEL SPA in persona del legale rappresentante pro tempore e

Amm.re Unico, elettivamente domiciliato in ROMA VIA APPIA NUOVA 96,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO ROLFO, che lo rappresenta

difende unitamente all’avvocato MAURIZIO LOVISETTI giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 227/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 21/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato ROLFO che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate eseguiva una verifica nei confronti della società Cosmo Hotel spa, conclusa con processo verbale di constatazione del 24.4.2008. Seguiva la notificazione di tre avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2003, 2004 e 2005, con i quali l’Agenzia delle Entrate contestava i maggiori redditi derivanti da ammortamenti indeducibili e costi non inerenti, determinando le conseguenti maggiori imposte Irpeg, Ires, Irap ed Iva. In particolare l’Agenzia delle Entrate rilevava che il contratto di leasing stipulato con Intesa Leasing spa aveva ad oggetto un terreno con soprastante fabbricato adibito ad albergo, con la conseguenza che il canone di leasing ammortizzabile andava depurato del costo del terreno, per sua natura non ammortizzabile; pertanto divideva l’importo relativo al prezzo del terreno per il periodo di durata del contratto di leasing, riducendo proporzionalmente (nella misura di Euro 312.500) la quota del canone di leasing insuscettibile di ammortamento poichè riferibile all’acquisto del terreno.

Contro gli avvisi di accertamento Cosmo Hotel spa proponeva distinti ricorsi alla Commissione tributaria provinciale di Milano che, previa riunione, li accoglieva parzialmente con sentenza n. 231 del 2009.

L’Ufficio proponeva appello e la società si costituiva proponendo appello incidentale. La Commissione tributaria regionale accoglieva parzialmente l’appello dell’Ufficio, dichiarando però deducibili i costi di ammortamento. Secondo il giudice di appello, soltanto a seguito della entrata in vigore del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 7, era stato affermato il principio che “ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione”, principio esteso ai fabbricati strumentali ricevuti in locazione finanziaria (comma 7 bis); con riferimento ai periodi antecedenti all’anno di imposta 2006 la normativa previgente consentiva, secondo il giudice di merito, il ricorso alla procedura di ammortamento in riferimento all’intero canone di locazione senza distinzione tra quota riferibile al fabbricato e quota riferibile al terreno.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con unico motivo, per: “Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 102, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, nella parte in cui ha la C.T.R. ha ritenuto deducibili i costi di ammortamento riferiti al terreno sui cui insiste il fabbricato della società..

La società resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato. Il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 102, commi 1 e 2, in conformità al principio di competenza per cui i costi devono essere imputati agli esercizi in cui si manifestano i relativi ricavi, disciplina la procedura contabile di ammortamento dei costi riferibili a beni strumentali di durata pluriennale, prevedendo che essi debbano essere dedotti in forma ripartita nei diversi esercizi in cui manifestano la loro utilità, secondo i coefficienti di ammortamento stabiliti da apposito decreto ministeriale. Il procedimento di ammortamento, ossia di deduzione frazionata del costo, presuppone logicamente che il bene materiale strumentale che estende la propria durata lungo più esercizi, sia comunque un bene soggetto a consumo ed esaurimento nel tempo della propria utilità; pertanto l’ammortamento non può in linea generale riguardare il costo di beni quali il terreno che, per sua natura, ha una ha una durata d’ uso illimitata. In tal senso l’art. 2426 c.c., punto 2, prevede che la procedura di ammortamento si applica alle immobilizzazioni materiali la cui durata “è limitata nel tempo”, quindi con esclusione dei terreni su cui insistono i fabbricati, la cui utilizzazione non patisce limitazioni temporali, secondo un principio valevole anche in ambito fiscale (Sez. 5 n. 9068 del 2015). A conferma, il D.M. 31 dicembre 1988, che in attuazione del TUIR, art. 102, comma 2, determina i coefficienti di ammortamento applicabili alle varie categorie di beni, non prevede un coefficiente di ammortamento applicabile in via generale ai terreni, salvo le specifiche eccezioni nominativamente previste (terreni adibiti a piste e moli e terreni adibiti a a linee e servizi ferroviari (Gruppo XVIII specie 1, 2, 3 e specie 4 e 5), e salvo che il terreno costituisca esso stesso un bene soggetto ad esaurimento inserito nel ciclo produttivo (terreni adibiti ad attività estrattive o a discariche. In tal senso dispone anche il principio contabile nazionale OIC 16 punto 58) secondo cui “tutti i cespiti sono ammortizzabili, tranne i cespiti la cui utilità non si esaurisce, come i terreni e le opere d’arte”; ancora più specificamente il punto 60) prevede che “Se il valore dei fabbricati incorpora anche quello dei terreni sui quali insistono, il valore del fabbricato va scorporato, anche in base a stime, per determinarne il corretto ammortamento. I terreni non sono oggetto di ammortamento salvo nei casi in cui essi abbiano una utilità destinata ad esaurirsi nel tempo come nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche”.

Le novità in materia di ammortamento introdotte del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, commi 7, 7 bis, e 8, convertito nella L. n. 248 del 2006, non hanno riguardato la nozione di bene ammortizzabile, rimasta invariata, che già escludeva i terreni suscettibili di una utilizzazione temporalmente illimitata; le citate disposizioni, dopo aver ribadito il principio (immanente) secondo cui il costo deducibile del fabbricato strumentale è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzioni, hanno previsto un sistema forfettario di determinazione del costo delle predette aree non ammesso all’ammortamento (comma 7, secondo e terzo periodo), ed hanno previsto che tali disposizioni trovino applicazione anche nell’ipotesi in cui il fabbricato strumentale sia stato acquisito mediante contratto di leasing anzichè mediante contratto di compravendita (comma 7 bis).

Non contrasta con l’affermazione della regola generale di non ammortizzabilità dei terreni la pronuncia di Sez.U n. 10225 del 26/04/2017, la cui efficacia deve essere circoscritta alla particolare fattispecie esaminata di un terreno costituente area di sedime di distribuzione di carburante, individuato quale “caso eccezionale in cui sia ipotizzabile un deperimento (fisico ed economico) del terreno nel corso del suo utilizzo pluriennale al servizio dell’impresa, tale da escludere la normale durata illimitata della vita utile del bene”, e ciò in quanto “i terreni su cui insistono gli impianti di distribuzione di carburante subiscono, a causa del loro specifico utilizzo, una peculiare ed inquinante mineralizzazione da idrocarburi” (parte motiva pagg. 11 e 12).

La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia che, nel giudizio di rinvio, si atterrà al principio di diritto sopra indicato. Alla stessa è demandata la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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