Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31775 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16864-2014 proposto da:

CILCA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata ROMA VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso lo

studio dell’avvocato MAURO FALZETTI, rappresentata difesa

dall’avvocato LEONARDO RICCI, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 417/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società contribuente opera nel settore della lavorazione e trasformazione di carni fresche e congelate ed era destinataria di pvc notificatole il 22 dicembre 2008, ove si riscontrava andamento in perdita negli anni 2000-2006 (salvo un modesto utile nel 2001, di circa Euro 11.000,00), a fronte di ricavi costanti negli anni, così come i costi di produzione, con valori di magazzino tendenzialmente crescenti. Non di meno, i compensi ai soci impiegati nell’azienda erano inferiori a quelli dei dipendenti. Nessun provvedimento gestionale risultava assunto per far fronte ad una conduzione in perdita. All’opposto, veniva aumentato il capitale, con sottoscrizione per ciascuno dei quattro soci di Euro 100.000,00, cui seguiva a stretto giro anche il relativo integrale versamento, ritenuto incompatibile con la disponibilità economiche dei soci, per come rappresentate al Fisco.

Seguiva quindi la richiesta di documentazione contabile, segnatamente le distinte di magazzino, che non venivano mai prodotte, sostenendo la società di non esserne tenuta.

La contabilità parzialmente regolare veniva ritenuta totalmente inattendibile e seguiva accertamento analitico induttivo per l’anno di imposta 2005, con ripresa a tassazione basata sull’indice di ricarico medio, prudenzialmente assunto in base alla percentuale del settore, ridotta per il cliente più consistente, stimando una sua maggior forza contrattuale ed una capacità di ottenere condizioni più favorevoli della media di mercato.

Il ricorso di parte contribuente alla CTP dava esito favorevole ritenendo insussistenti le condizioni per procedere all’accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. d), nonchè sull’unico criterio del ricarico medio del settore per determinare la ripresa a tassazione. Appellava l’Ufficio ed interponeva appello incidentale la contribuente per i capi di domanda rimasti assorbiti o respinti. La CTR confermava integralmente l’operato dell’Ufficio, accogliendo l’appello principale e rigettando l’incidentale.

Ricorre dunque per cassazione la società contribuente, proponendo tre motivi di gravame, cui replica con tempestivo controricorso l’Avvocatura dello Stato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di prospetta la censura di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione artt. 148 e 149 c.p.c., nonchè D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56. In sostanza si protesta l’inesistenza della relata nella notifica a mezzo posta dell’Accertamento, perchè stesa da soggetto in difetto di attribuzione dei relativi poteri.

L’orientamento della Corte è fermo nel ritenere che l’Agenzia sia autorizzata a notificare direttamente a mezzo posta, senza bisogno di intervento di ufficiale giudiziario. Dal che consegue non c’è relata alcuna da compilare.

Peraltro, la notifica ha raggiunto lo scopo e consentito alla contribuente di svolgere tempestiva difesa, donde il motivo risulta infondato e dev’essere disatteso.

Costituisce, infatti, principio consolidato – cui si intende dare continuità in questa sede – quello per cui la notificazione dell’avviso di accertamento può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso la notifica si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica. (cfr. Cass. 24.08.2010 n. 21071). In tale sistema è proprio l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella (cfr. anche Cass., 6395/2014). Ai fini del perfezionamento della notifica opera, dunque, il D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, secondo cui è sufficiente che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senza altro adempimento da parte dell’ufficiale postale, se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente.

Escluso, dunque, che si possa discorrere di inesistenza della notificazione, ove anche si volesse ipotizzare la sussistenza di un vizio comportante la nullità della medesima, essa deve considerarsi comunque sanata ex art. 156 c.p.c., a seguito della tempestiva impugnazione dell’avviso di accertamento dinanzi alla CTP. Questa Corte, infatti, ha anche affermato che, nell’ipotesi di nullità della notifica dell’atto impositivo tale nullità “è sanata, a norma dell’art. 156 c.p.c., comma 2, per effetto del raggiungimento del suo scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’atto invalidamente notificato” (Cass. n. 1238/2014). In particolare ha chiarito – estendendo gli effetti sananti non solo agli atti processuali, ma anche a quelli amministrativi come quello impugnato – che “la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, sicchè il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo” (Cass. n. 654/2014), che è quello di consentire al contribuente la piena conoscenza dell’atto impositivo per consentire l’esercizio del diritto di difesa, situazione che ha trovato realizzazione avendo la società contribuente tempestivamente impugnato l’atto.

“Per cui la natura sostanziale e non processuale dell’avviso di accertamento tributario non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicchè il rinvio disposto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, (dettato in materia di notifica della cartella di pagamento), al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, (dettato in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a propria volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile (con espressa esclusione di quelle di cui al comma 1, lett. “r”, tra cui non è ricompreso l’art. 156 c.p.c.), comporta, quale logica conseguenza, l’applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie dettato per la notifica dell’avviso di accertamento.” (Cass. 24.08.2018 n. 21071, n. 8321/2013 e 6613/2013, che hanno dato continuità al principio già affermato da Cass. n. 2272/2011 e da Cass., S.U. n. 19854/2004).

Da ultimo, merita ricordare come la Corte costituzionale, nuovamente investita sul punto, abbia dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di incostituzionalità prospettate circa la predetta disciplina di notifica, di cui alla L. n. 890 del 1982, (cfr. Corte Cost., ord. n. 104/2019).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

Con il secondo motivo, si prospetta l’eccezione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 15 e 39, nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 10. In sostanza, si contestano i presupposti per l’accertamento induttivo, perchè svolto in assenza degli indizi gravi precisi e concordanti richiesti dalla norma: la contabilità era regolare e la dettagliata indicazione delle rimanenze affrancava dalla redazione e tenuta delle distinte inventariali. Sennonchè la reiterata conduzione in perdita, il ripianamento delle perdite e l’integrazione del capitale sociale con versamenti soci incompatibili per quantità con i redditi dichiarati consentono – già da soli – di procedere in via induttiva disattendendo le scritture contabili.

Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte secondo la giurisprudenza di questa Corte l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare, ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3, sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni. Gli elementi assunti a fonte di presunzione, peraltro, non devono essere necessariamente plurimi, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su di un elemento unico, purchè preciso e grave, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cfr. Cass. V, n. 26036/2015n. 25217/2018n. 27552/2018).

Peraltro, le distinte inventariali non possono considerarsi opzionali e meramente integrative, ma fanno parte dell’inventario che è scrittura contabile per eccellenza e, in questo senso, dev’essere ricordato come ogni anno d’imposta goda di proprio autonomia, sicchè la regolarità dell’anno precedente non si riflette su quelli successivi.

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

Con il terzo motivo, si prospetta il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 39 citato, dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., perchè il contestato accertamento si fonda sull’indimostrata applicabilità della percentuale di ricarico media del settore. Essa è però unico elemento oggettivo quando le scritture contabili siano inattendibili. Inoltre, è pacifico in atti che il ricarico per il cliente maggiore è stato ritagliato sui suoi quantitativi, riducendo quindi la media del settore, con un criterio prudenziale più favorevole al contribuente.

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

In definitiva, il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite del giudizio di legittimità che liquida in Euro cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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