Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31773 del 05/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/12/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 05/12/2019), n.31773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6786-2014 proposto da:

UNIONE ITALIANA VINI SCARL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA DEL FANTE 2,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PALMERI, che la rappresenta

difende unitamente all’avvocato ANGELO CUVA, giusta procura in

calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE, in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOLHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2013 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 30/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. MARCELLO MARIA FRACANZANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

TOMMASO BASILE che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALMERI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che si riporta e

chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di verifica presso la società ed invio di questionario, l’Agenzia contestava alla contribuente la deduzione dei costi di due fatture: la n. (OMISSIS) del 22 novembre 2005, con imponibile pari ad Euro 30.000,00, oltre Iva, e la n. (OMISSIS) del 22 dicembre 2005 con imponibile pari ad Euro 70.000,00, oltre ad Iva, entrambe emesse dalla European Quality System srl, controllata della stessa ricorrente, per prestazioni rese nell’ambito di un accordo quadro definito “Contratto Intercompany di concessione di servizi di consulenza organizzativa ed informatica”.

Più in particolare, era ritenuta troppo generica la descrizione della prestazione, siccome riportata in fattura: “Prestazione di servizi previsti dall’accordo quadro tra Eiqs – Uiv del 1 gennaio 2005”, nè sufficienti spiegazioni forniva l’accordo quadro, le cui voci di prestazione erano ritenute altrettanto generiche sulla consulenza gestionale ed informatica.

2. Ritenuti indeducibili i costi, seguiva ripresa a tassazione per Euro 100.000,00 a fini Ires ed Irap, Euro 20.000,00 a fini Iva, con sanzioni irrogate per Euro 49.500,00.

I gradi di merito erano sfavorevoli alla società contribuente; segnatamente, la CTR osservava come – anche esaminando la documentazione non prodotta in sede amministrativa, ma proposta dalla contribuente nel corso del giudizio – non si potesse arrivare ad una valutazione positiva circa la deducibilità dei costi, per genericità della fattura non superabile nemmeno facendo riferimento al contratto quadro ed all’ulteriore documentazione, tutta peraltro di provenienza della EiQS.

Ricorre con unico motivo la soc. contribuente, replica con controricorso l’Avvocatura generale.

In prossimità dell’Udienza la parte privata ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico, articolato, motivo di ricorso, si prospetta il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21. In altri termini, si censura la sentenza perchè richiede alla fattura un contenuto minimo ulteriore a quello indicato dalla norma di riferimento. Il motivo, così come posto, è inammissibile perchè sub specie n. 3 propone un vizio di insufficiente motivazione sub 5. Anche riqualificando la censura, il motivo è inammissibile perchè richiede una valutazione nel merito, un nuovo scrutinio sui documenti in atti ed un diverso apprezzamento ai fini della deducibilità dei costi. In ogni caso, il motivo è comunque infondato, perchè la CTR ha motivato congruamente tenendo conto della descrizione della prestazione, del contratto di riferimento, della data di emissione e di prestazione, superando il livello in cui può intervenire il giudice di legittimità. Peraltro, occorre rilevare che il ricorso è fuori fuoco, poichè in sentenza non si discute della regolarità della fattura ai fini della sua validità, ma della sua congruità (descrittiva e quantitativa) ai fini della deducibilità del costo. Detto in altri termini, non si dubita che la fattura sia stata emessa e sia regolare, si contesta che il costo ivi genericamente descritto sia inerente e, quindi, deducibile per l’impresa che lo ha sostenuto. Infatti, trattasi di un giudizio di collegamento, fra descrizione ed ammontare del costo con la gestione imprenditoriale dell’attività della contribuente, per cui quello che è sufficiente ai fini dell’esistenza o della regolarità della fattura, può non essere sufficiente ai fini della giustificazione della richiesta deduzione, il cui onere probatorio -trattandosi di esenzione o riduzione dell’imponibile- grava sul contribuente.

2. Sul profilo dell’inerenza e dei requisiti necessari per la deducibilità, questa corte è già intervenuta ritenendo che l’affermazione per cui i costi per “consulenza, studio e assistenza” sono legittimi per il solo fatto che essi sono stati pattuiti nel contratto stipulato tra le due società infragruppo, attribuisce erroneamente all’autonomia negoziale delle parti la capacità di derogare alle norme imperative previste in ambito fiscale, violando in particolare il disposto del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, secondo cui: tutti i componenti (positivi o negativi) del reddito di impresa devono essere certi e di ammontare determinabile obiettivamente (comma 1); inoltre i componenti negativi (costi) devono possedere l’ulteriore requisito della inerenza (comma 5), ossia devono avere un nesso di effettiva funzionalità rispetto alla produzione dei ricavi (così Cass. V n. 23698/18; in termini altresì Cass. n. 23027/15; n. 12168/09).

Il motivo è quindi infondato e va disatteso.

In definitiva il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna alla rifusione delle spese del grado di giudizio a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro settemiladuecento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2019

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