Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 31763 del 07/12/2018

Cassazione civile sez. lav., 07/12/2018, (ud. 11/10/2018, dep. 07/12/2018), n.31763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28952-2017 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’Avvocato CARLO de MARCHIS GOMEZ, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti.

– ricorrente –

contro

ATAC – AZIENDA PER LA MOBILITA’ DI ROMA 3 CAPITALE – spa, in persona

del legale rappresentante pt, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PRENESTINA 45, presso lo studio dell’Avvocato STEFANO BIBBOLINO, che

la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in atti.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4301/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/10/2017 R.G.N.2295/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2018 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato EUGENIO CIPOLLA per delega dell’Avv.to CARLO de

MARCHIS GOMEZ;

udito l’Avvocato STEFANO BIBBOLINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Roma, con l’ordinanza del 16 maggio 2016, ha accolto il ricorso L. n. 92 del 2012, ex art. 47 e ss. presentato da R.E. nei confronti dell’ATAC spa avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento, intimatole con lettera del 22.5.2015, per giustificato motivo oggettivo, in quanto, come era possibile evincere dalle missive della società, era stato evidenziato che: a) nel periodo 1.1.2013 – 12.4.2015 – aveva effettuato n. 157 giorni di assenza, per brevi ma ripetuti periodi di malattia; b) tali assenze erano significativamente superiori rispetto alla media delle assenze del restante personale e risultavano, altresì, nel 74% dei casi adiacenti a periodi di riposo e festività; c) ciò aveva inciso negativamente sull’organizzazione aziendale e sui livelli di produzione della unità organizzativa alla quale la dipendente era assegnata, con effetti diretti e negativi sull’erogazione del servizio in termini di livelli di qualità, efficienza e regolarità.

2. Il medesimo Tribunale, con la sentenza n. 5256 del 2017, ha respinto l’opposizione proposta dalla ATAC spa.

3. La Corte di appello di Roma, sul gravame proposto dalla società, con la pronuncia n. 4301/2017 in riforma della gravata sentenza, ha invece dichiarato la legittimità del suddetto licenziamento.

4. Nel pervenire a tale decisione i giudici dell’impugnazione hanno, in sintesi, sottolineato che: a) l’obiettivo disservizio, che le ripetute e continue assenze del dipendente avevano creato sulla organizzazione aziendale e sulla corretta erogazione da parte dell’ATAC spa del servizio pubblico di trasporto urbano, ben poteva costituire giustificato motivo oggettivo di licenziamento, richiamando al riguardo l’approdo giurisprudenziale di legittimità costituito dalla sentenza n. 18678/2014; b) la società aveva svolto sufficienti allegazioni nonchè provato i disservizi causati dalle reiterate assenza della lavoratrice sull’organizzazione aziendale, c) le suddette reiterate assenze effettuate dalla R., comunicate peraltro all’ultimo momento ed “agganciate” ai giorni di riposo, avevano determinato una prestazione lavorativa non sufficientemente e proficuamente utilizzabile dalla società, incidendo negativamente sulla produzione aziendale e dando luogo ai dimostrati disservizi anche tenendo conto delle difficoltà di trovare un sostituto per la conduzione del mezzo; d) nella fattispecie in esame, sussisteva la violazione dell’art. 2110 c.c. e non poteva ravvisarsi l’ipotesi del licenziamento discriminatorio.

5. La cassazione di tale decisione è domandata da R.E. sulla base di cinque motivi.

6. Resiste con controricorso la società intimata.

7. Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo si eccepisce la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., con riferimento alla esclusione della riconducibilità del recesso alla fattispecie del comporto dell’art. 2110 c.c., comma 2, perchè la Corte di merito aveva completamente omesso di pronunciarsi sulla natura del licenziamento intimato a causa della malattia riconducibile alla fattispecie legale tipica dell’art. 2110 c.c. del recesso della R..

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2110 c.c., comma 2 e della L. n. 604 del 1966, art. 3 e dell’art. 1 dell’Accordo Nazionale del 15.11.2005 (ANAV) allegato al CCNL Autoferrotramvieri del febbraio 2013 relativo al periodo di comporto, anche in relazione alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, commi 4 e 7 con riferimento alla errata omessa riconducibilità del recesso alla fattispecie del comporto per avere i giudici dell’impugnazione, pur in assenza di una concreta motivazione, erroneamente qualificato e ricondotto il licenziamento intimato alla R., fondato sulle sue assenze per malattia, nell’ambito dello “scarso rendimento” applicando la disciplina del licenziamento per motivi oggettivi e attenendosi esclusivamente al dato formale della qualificazione del recesso per giustificato motivo oggettivo attribuita all’ATAC spa e, pertanto, incorrendo in un’errata sussunzione della fattispecie concreta in quella disciplinata dalla L. n. 604 del 1966, art. 3.

4. Con il terzo motivo si sostiene la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c.e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè l’omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della natura disciplinare del licenziamento e sulla domanda di accertamento dell’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto per avere la sentenza impugnata del tutto omesso di esaminare e valutare le specifiche censure mosse dalla ricorrente in ordine alla dedotta natura ontologicamente disciplinare del licenziamento di cui si discute, oggetto di specifico motivo nel reclamo incidentale condizionato della R., oltrechè già nei precedenti gradi di merito.

5. Con il quarto motivo si censura la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2119 c.c., anche in relazione alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4 nonchè in relazione al R.D. n. 148 del 1931, art. 27, lett. d) per avere la Corte di appello disatteso la violazione dell’art. 2119 c.c., dedotta dalla R., al fine di esaminare la manifesta illegittimità dell’atto risolutivo del rapporto di lavoro per insussistenza di un fatto antigiuridico contestato con riferimento al recesso.

6. Con il quinto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione della L. n. 108 del 1990, art. 3, della L. n. 604 del 1966, art. 4, della L. n. 300 del 1970, art. 15, della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 1 e dell’art. 115 c.p.c., con l’assenza di motivazione ex art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè l’omessa disamina di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, perchè la gravata pronuncia, ritenendo prevalente il giustificato motivo oggettivo posto a base del licenziamento dato dal disservizio causato all’organizzazione aziendale, non aveva esaminato un fatto dirimente, oggetto di discussione tra le parti, consistente nella natura discriminatoria del licenziamento comminato alla R., atteso che le assenze per malattia erano eziologicamente derivanti dalla “dismenorrea”, malattia tipicamente femminile avente la caratteristica di apparire per alcuni giorni e ad intervalli del ciclo femminile che può non avere un ciclo regolare.

7. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di nullità e/o improcedibilità e/o inammissibilità del ricorso, formulata dall’ATAC spa, per la diversità, relativamente a due motivi (4 e 5) di impugnazione, tra quello notificato via PEC al procuratore costituito della società e quello successivamente notificato via posta alla stessa azienda.

8. Invero è opportuno precisare che: a) nel caso in esame la notificazione del secondo ricorso è avvenuto quando il primo non era stato ancora dichiarato inammissibile o improcedibile (cfr. al riguardo Cass. n. 5053/2009; Cass. n. 26319/2006); b) comunque la notificazione del secondo ricorso era tempestiva rispetto alla pubblicazione della sentenza impugnata (cfr. Cass. n. 14214/2018; Cass. n. 18604/2014); c) la costituzione della controricorrente e la mancata doglianza sulla specificazione di elementi in virtù dei quali vi sarebbe stata una lesione del diritto di difesa sanano ogni eventuale vizio di notificazione (cfr. Cass. n. 1543/2004; Cass. n. 16630/2007); d) il secondo ricorso (inviato a mezzo posta in data 1.12.2017 e ricevuto il 6.12.2017) è conforme alla copia cartacea depositata tempestivamente in cancelleria, rispetto al primo inviato tramite pec l’1.12.2017.

9. Alla stregua di quanto sopra, pertanto, alcuna nullità può essere pronunciata in relazione alla sollevata eccezione sia perchè il ricorso notificato con spedizione postale, (da intendersi successivo a quello trasmesso in via telematica) è tempestivo sia perchè non è stata rappresentata, attraverso la costituzione in giudizio della controparte (che ha sanato ogni vizio di notifica), alcuna lesione del diritto di difesa.

10. Ciò premesso, il primo motivo, riguardante la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla esclusione della riconducibilità del licenziamento alla fattispecie del comporto di cui all’art. 2110 c.c., comma 2, è infondato: infatti, il vizio di omessa pronuncia di cui all’art. 132 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c.. E’ ravvisabile allorquando o manchi del tutto la motivazione oppure quando la stessa sia radicalmente inidonea ad esprimere la ratio decidendi (cfr. ex aliis Cass. n. 6683/2009; Cass. n. 9745/2017).

11. Nella fattispecie in esame, invece, la Corte territoriale ha precisato le ragioni per le quali ha individuato la natura del licenziamento in quello per giustificato motivo oggettivo per l’obiettivo disservizio che le ripetute e continue assenze della dipendente avevano creato nella organizzazione aziendale e sulla corretta erogazione da parte di ATAC spa del servizio pubblico di trasporto urbano, per cui, sotto il profilo strettamente formale, alcun vizio di motivazione è ravvisabile.

12. Il secondo motivo è invece fondato.

13. La non utilità della prestazione per il tempo della malattia è evento previsto e disciplinato dal legislatore con conseguenze che possono portare alla risoluzione del rapporto di lavoro solo dopo il superamento del periodo di comporto disciplinato dall’art. 2110 c.c. e dalla contrattazione collettiva.

14. In tal senso, mentre lo scarso rendimento è caratterizzato da inadempimento, pur se inconsapevole, del lavoratore, non altrettanto può dirsi per le assenze dovute a malattia e la tutela della salute è valore preminente che ne giustifica la specialità (cfr. Cass. n. 15523/2018).

15. Solo il superamento del periodo di comporto, in un’ottica di contemperare gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l’occupazione), è condizione sufficiente a legittimare il recesso e, pertanto, non è necessaria, nel caso, la prova del giustificato motivo oggettivo, nè della impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa, nè quella della correlativa impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse (cfr. Cass. 31.1.2012 n. 1404; Cass. 28.1.2010 n. 1861).

16. La contraria opinione (che sembra condivisa in un passaggio della motivazione della pronuncia di questa Corte n. 18678/2014), secondo cui sarebbe legittimo il licenziamento intimato per scarso rendimento dovuto essenzialmente all’elevato numero di assenze ma non tali da esaurire il periodo di comporto, si pone in contrasto con la consolidata e costante giurisprudenza di legittimità, cui va data continuità, che a partire da Cass. Sez. Un. n. 2072/1980, ha sempre statuito che, anche in ipotesi di reiterate assenze del dipendente per malattia, il datore di lavoro non può licenziarlo per giustificato motivo, ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, ma può esercitare il recesso solo dopo che si sia esaurito il periodo all’uopo fissato dalla contrattazione collettiva, ovvero, in difetto, determinato secondo equità (tra le altre Cass. n. 16582/2015; Cass. 31.1.2012 n. 1404).

17. Tale orientamento ha ricevuto un altro autorevole avallo dalla recente sentenza di Cass. Sez. Un. 22.5.2018 n. 12568che ha statuito che il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110 c.c., comma 2, individuando anche la tutela applicabile.

18. L’argomentazione dei giudici di seconde cure per i quali “l’obiettivo disservizio che le ripetute e continue assenze del dipendente creano sull’organizzazione aziendale e sulla corretta erogazione da parte di ATAC spa del servizio pubblico di trasporto urbano (il quale richiede la previa predisposizione di turnazioni del personale addetto alla conduzione di mezzi) ben può costituire giustificato motivo di licenziamento”, si pone, pertanto, in contrasto sia con la corretta applicazione dell’art. 2110 c.c. che della L. n. 604 del 1966, art. 3 rispetto ai quali non assumono rilievo le contestazioni fondate su una presunta eccessiva onerosità delle condizioni del rapporto contrattuale in relazione alla esistenza di un numero elevato di assenze discontinue per malattia.

19. La gravata sentenza, quindi, che non si è attenuta ai sopra richiamati principi deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, restando assorbita la trattazione degli altri, ed il giudice del rinvio, che si individua nella Corte di appello di Roma in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame della fattispecie osservando gli orientamenti citati e provvederà anche alla determinazione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, rigettato il primo e assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2018

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